Chiesa di S. Maria del Tiglio

Gravedona (CO)

Indirizzo: Piazza XI Febbraio (Nel centro abitato, isolato) - Gravedona (CO)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: La chiesa, con asse est-ovest, sorge accanto alla parrocchiale di S. Vincenzo e in prossimità della riva del lago. E' a pianta centrale, quadrangolare con tre absidi poste sui lati est, nord e sud. Vi si accede dal portale principale ubicato nel centro della torre campanaria che si innesta sulla facciata; un secondo accesso è sul lato sud; sullo stesso prospetto è visibile un terzo piccolo accesso murato. Le strutture murarie sono a vista, realizzate con blocchi di pietra locale ben squadrati e posati a fasce biscrome bianche; la parte alta della muratura di controfacciata presenta tessitura più irregolare in elementi lapidei sbozzati

Epoca di costruzione: sec. XI

Autori: Maestro Pietro Paolo da Menaggio, abside, decorazione

Descrizione

Edificata ai margini del centro abitato, nei pressi del lago e della foce del fiume Liro, la chiesa di Santa Maria del Tiglio è un edificio particolarmente affascinante sia per la suggestiva posizione in cui sorge sia per l'atipicità della struttura architettonica.
La fase romanica è oggi riconoscibile solo in alcuni tratti della muratura esterna, a causa di un importante rifacimento nel XVII secolo.
Come in facciata anche lungo la linea di gronda dei fianchi corre una fascia di archetti sormontata da una cornice a denti di sega. Qui la muratura a fasce, in cui si aprono due monofore per lato, è scandita da lesene sottili che incorniciano le absidi. Queste ultime, durante i restauri novecenteschi, sono state coperte con beole di Moltrasio sopra le quali si intravvede ancora il profilo di un tetto posticcio costruito per proteggerle dalle intemperie.
Al centro di ogni abside è un oculo dalla profonda strombatura. Sul lato meridionale si apre un portale strombato che, unitamente a un'altra apertura più piccola oggi murata. La porzione orientale della chiesa, con l'abside al centro, è particolarmente elegante e raffinata. L'andamento a capanna del tetto è sottolineato dalla fascia di archetti, sotto ai quali si trova una grande monofora, con ghiera.
La pianta è costituita da un corpo quadrato triabsidato. L'abside orientale è più profonda delle altre due ed è triconca in quanto il catino centrale è affiancato da due absidi laterali più basse. L'andamento curvilineo della muratura è accentuato dalla presenza di altre tre nicchie scavate nell'abside centrale che sono sostenute da colonnine in marmo con capitelli di tipo corinzieggiante. All'esterno, come si è visto, questa particolare forma non si nota, in quanto esse sono scavate in spessore di muro. Ognuna di queste concavità è illuminata da una monofora strombata. Al centro dell'abside maggiore è un altare, la cui mensa, recuperata negli scavi degli anni Cinquanta, costituiva forse quella del battistero originario.
I capitelli delle colonne presentano tipologie differenti.
La muratura interna è molto semplice, con conci di piccole dimensioni e con impiego limitato delle fasce bicrome già utilizzate per l'esterno. Durante gli scavi novecenteschi, in occasione del ritrovamento del battistero, fu creato un gradino corrispondente al perimetro dell'edificio battesimale paleocristiano. Ora il fonte battesimale seicentesco, in marmo d'Arzo, è collocato presso l'abside settentrionale.
Nella rientranza che la affianca a sinistra è stato collocato, dopo il restauro degli anni 1997-2000, un grande Crocifisso ligneo, già nel San Vincenzo, come testimoniano le visite pastorali, particolarmente prezioso per la raffinatezzadel modellato e la delicatezza dell'espressione. Stilisticamente presenta affinità con opere di scuola tedesca. Tutti questi elementi suggeriscono una datazione entro la metà del XII secolo.
Nello spessore di muro del lato occidentale sono inserite le scale d'accesso al loggiato percorribile e al campanile. Si tratta di una galleria che si sviluppa lungo tutto il perimetro dell'edificio all'altezza delle absidi.
Non è del tutto chiara la destinazione di questa porzione d'edificio. La difficoltà d'accesso, unita alla scarsa fruibilità per l'assenza di protezioni o balaustre, fa considerare remota l'ipotesi che venisse impiegato come matroneo. Probabilmente è da considerare come una soluzione volta ad alleggerire il peso della struttura,
Effettivamente il sommarsi delle due funzioni (chiesa e battistero) in un unico edificio, con la plebana di San Vincenzo così vicina, pare anomalo ma, forse, studi più approfonditi dell'aspetto liturgico potrebbero dare risposte adeguate e suggerire che anche qui a Gravedona, come per i complessi episcopali cittadini, si sia di fronte a un esempio di chiesa doppia, in cui cioè una era riservata alle messe solenni e l'altra agli uffici minori, oppure la divisione si basava sull'accesso riservato ai diversi ordini del clero.

Notizie storiche

L'area su cui sorge la chiesa ha assolto presumibilmente una funzione sacrale fin dall'antichità, come testimonia il ritrovamento di tre are romane, di una sepoltura e di frammenti scultorei di età romana. La prima ara si trova tutt'oggi a destra dell'ingresso di Santa Maria del Tiglio, la seconda è inglobata nella muratura della zona absidale e la terza, in seguito ad alterne vicende, è stata portata a Cremona.
In seguito a una importante campagna nel 1953, è stato possibile gettare qualche luce sulle sue fasi edilizie più antiche. Asportato infatti il pavimento seicentesco, a una profondità di circa 60 centimetri, se ne rinvennero i resti di un altro in cocciopesto con lacerti di mosaico policromo. La pianta di tale struttura si presentava quadrata, con un'abside per lato e ripeteva, anche se con dimensioni minori, quella dell'edificio attuale. I muri che la delimitavano erano rivestiti da un intonaco particolarmente impermeabile che doveva servire sia come barriera per le esondazioni del lago, sia per le eventuali fuoriuscite che potevano provenire da una vasca battesimale a immersione, posta a filo nel mezzo del pavimento. Quest'ultima aveva forma ottagonale, con i lati leggermente irregolari, e vi si accedeva tramite tre gradini posti sul lato ovest. Il fondo era rivestito da un unico lastrone in pietra e aveva le pareti decorate. Di tale vasca venne rinvenuto anche il tubo di scolo in piombo. La presenza dei resti musivi ha permesso di avanzare ipotesi sulla datazione della struttura, riconosciuta come l'originario battistero dedicato a San Giovanni. L'impiego così ampio dell'opus tessellatum fa propendere, infatti, con una certa sicurezza per la fine del V secolo.
In seguito ai restauri del 1977 è stato possibile verificare che il piano di calpestio della cripta e quello del battistero di San Giovanni (inglobato nell'attuale Santa Maria del Tiglio) sono pressoché identici, e che c'è una corrispondenza nella misura delle loro absidi.
Per la chiesa romanica è avvalorata l'ipotesi di datazione all'XI secolo. Queste dovevano dunque essere le origini della chiesa matrice della plebis Grabadona, secondo quanto indicato in un documento del 931, alla quale si affiancava, secondo la tradizione, il battistero. Non ci sono riscontri precisi su come fosse l'alzato.
Nell'attuale facciata, una protome in marmo. La protome risale all'età tardoromana e deriva quasi certamente da una stele funeraria, le lastre scolpite sono state reimpiegate dopo averne variato la sequenza originaria. Oltre ai resti murari sopra ricordati, la prima testimonianza scritta che attesta l'esistenza del battistero è contenuta negli Annali Fuldensi nei quali è narrato un miracolo avvenuto nell'823.
Definita ecclesia Sancti Iohannis Baptistae, era absidato (fatto dimostrato dagli scavi del 1953).
Il cambiamento non fu repentino, almeno nei documenti ufficiali, in quanto la si nomina ancora con la vecchia intitolazione. La documentazione per i secoli successivi è molto carente e quindi non si sa quando e perché la vecchia struttura battesimale abbia lasciato il posto all'odierno edificio romanico che ne ricalca - in dimensioni maggiori - la pianta. Nelle visite pastorali del XVI secolo si ritrova citata la chiesa, per lo più con la dedicazione attuale, a cui talvolta si accompagna la precedente, in entrambi i casi sempre corredate dal titolo di ecclesia baptismalis. Le relazioni sollecitano la risistemazione della vasca, non più a immersione, ma sopraelevata. L'intervento venne eseguito alla fine del XVI secolo o ai primi anni di quello successivo, con la costruzione di una base ottagonale in muratura su cui fu collocato il fonte battesimale in marmo, successivamente fornito di ciborio in legno. Gli altari sono del periodo barocco.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: chiesa: battistero

Condizione giuridica: proprietà ente religioso cattolico

Riferimenti bibliografici

Diocesi di Como, La Diocesi di Como. Dati e notizie per il 2005, Lipomo 2005

Pescarmona, D./ Rossi, M./ Rovetta, A., Alto Lario Occidentale, Como 1992

Mella, E., Ateneo Religioso, Battistero di Santa Maria del Tiglio in Gravedona, Torino 1872

Magni, M., Rivista Archeologica dell'Antica Provincia e Diocesi di Como, Santa Maria del Tiglio in Gravedona, Como 1952

Magni, M., Architettura romanica comasca, Milano 1960

Zastrow, O., Castelli Basiliche e Ville, Como - Lecco 1991

Fecchio, L., Notizie storico-religiose di Gravedona, Como 1893

Zecchinelli, M., Le tre Pievi: Gravedona Dongo Sorico, Menaggio 1995

Albonico Comalini, P./ Conca Muschialli, G., Gravedona. Paese d'arte, Gravedona 2006

Rossi, M./ Rovetta , A., Pittura in Alto Lario tra Quattro e Cinquecento, Milano 1988

AA. VV., Pittura in Alto Lario e in Valtellina dall'Alto Medioevo al Settecento, Cinisello Balsamo 1995

Della Torre, S., La Provincia di Como, L'architettura, Lipomo 2002

Belloni, L. M., Il San Vincenzo di Gravedona, Como 1980

Guida Italia, Lombardia Guida d'Italia del Touring Club Italiano, L'Alto Lago: da Menaggio a Colico, Milano 2005

AA. VV., L'area Sacra di Gravedona, Foggia - Roma 2005

Zecchinelli, M., L'Alto Lario, Como 1966

Guarisco, G., Romanico. Uno stile per il restauro. L'attività di tutela a Como. 1860-1915, I restauri di una chiesa <>: S. Maria del Tiglio a Gravedona (1857-1911), Milano 1992

Cani, F., Storie. Supplemento al settimanale "Il caffè dei Laghi", Antico, antichissimo, anzi cinquecentesco, Como 1996

Cani, F., Storie. Supplemento al settimanale "Il caffè dei Laghi", Gravedona, Campanile di S. Maria del Tiglio, Como 1996

Bianchi, A./ Cantore, P./ De Vita, L., Santa Maria del Tiglio a Gravedona: analisi stratigrafica, 2001

Zecchinelli, M., Il romanico. Atti del Seminario di Studi, Isal, Milano, 1975, Le origini della "romanica" Santa Maria del Tiglio di Gravedona, Milano 1975

Della Torre, S., Archeologia dell'Architettura, Santa Maria del Tiglio: la "archeologia sperimentale" nella tradizione del restauro architettonico, 1997

Barelli, V., Rivista Archeologica dell'Antica Provincia e Diocesi di Como, S. Maria del Tiglio in Gravedona, 1873

Rovi, A., La Provincia di Como, Il percorso delle arti figurative in Provincia di Como dal V al XVIII secolo, Lipomo 2002

Zastrow, O., L'arte romanica del comasco, Lecco 1972

Chierici, S., Italia Romanica. La Lombardia, Milano 1978

Rovi, A., Arte Sacra in territorio lariano, Como 2002

Treves, V., Architettura comacina, Torino 1888

Credits

Compilazione: Catalano, Michela (2007); Leoni, Marco (2007)

Aggiornamento: Galli, Maria (2009); Ribaudo, Robert (2013)

Descrizione e notizie storiche: Rurali, Elisabetta

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).