Duomo di Milano

Milano (MI)

Indirizzo: Piazza Duomo - Milano (MI)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: Pianta a croce a cinque navate.Si riportano di seguito alcuni numeri per far comprendere la grandiosità dell'edificio e dell'impresa che è durata 5 secoli: la larghezza delle 5 navate è di 57,673 m., la lunghezza dalla porta principale al coro è di 148,110 m., larghezza delle braccia di transetto 77 m., altezza dal suolo della Madonnina 107,698 m., altezza della Madonnina 4,166 m.

Epoca di costruzione: sec. XIV - sec. XIX

Autori: Simone da Orsenigo, architetto della Fabbrica; De Grassi, Giovannino, ingegnere capo; Solari, Guiniforte, ingegnere capo; Amadeo, Giovanni Antonio, ingegnere capo; Dolcebuono, Gian Giacomo, sopraelevazione; Solari, Cristoforo, architetto della Fabbrica; Seregni, Vincenzo, architetto della Fabbrica; Tibaldi, Pellegrino, architetto della Fabbrica; Bassi, Martino, architetto della Fabbrica; Trezzi, Aurelio, architetto della Fabbrica; Bertini, Giovanni Battista, progetto: vetrate abside

Descrizione

Periodo gotico, le origini

Tradizionalmente si assume che i lavori di ricostruzione dell'antica fabbrica di S. Maria Maggiore siano stati avviati nel 1386. Così dice la tradizione (una tardiva lapidina ritrovata nel camposanto), così testimonia la bolla dell'arcivescovo Antonio da Saluzzo del 12 ottobre 1386, così infine conferma il cosiddetto "foglio L" dell'archivio della Veneranda fabbrica, che registra le entrate e le uscite dal 23 maggio 1386 al 31 dicembre 1388. Tutto concorda quindi per fissare proprio in quell'anno la partenza di un'impresa tra le più colossali per gigantismo di scala e drenaggio di risorse del tardo medioevo, destinata a protrarsi per oltre quattro secoli, e senz'altro ancora di più, se non fosse intervenuto con un atto di imperio Napoleone a imporne la conclusione (ma la discussione sulla facciata si protrasse per tutto l'Ottocento).
La storia della costruzione è particolarmente intricata e ardua, continuamente intrecciata alle questioni tecnico-strutturali poste dall'edificio, che gareggiava con i grandi cantieri dell'Europa centrale, e condizionata dal mantenimento al suo interno della vecchia cattedrale. Il primo nome di architetto che si incontra è quello del tutto sfuggente di un certo Annechino (Hansschen) de Alemania, che conferma come si fosse da subito guardato a nord, al mondo e ai cantieri d'oltralpe. È infatti probabile che le maestranze locali si fossero dichiarate in difficoltà a risolvere i problemi che via via si prospettavano (nel 1391 sarà non a caso inviata una delegazione a Colonia).
Di questa fase aurorale è superstite il blocco absidale (il corpo delle cinque navate crebbe lentamente soprattutto tra XVIe XVII secolo) con gli spazi aggiunti delle due grandi sagrestie. La pianta è a croce latina e, nonostante la lunga vicenda edilizia, per nulla dissimile da quella tracciata all'inizio del Cinquecento da Cesare Cesariano. Il corpo longitudinale (lungo 148,10 m) è articolato in cinque navate, a ciascuna delle quali corrisponde una porta di facciata. Superato il transetto, la navata maggiore prosegue con quattro valichi ed è chiusa da un semiottagono con grandioso ambulacro. La copertura è retta da cinquantadue pilastri isolati (del diametro di m 3,42) a fasci di nervature che si diramano a formare una fitta trama. Culminano con alti capitelli a nicchie, di varia foggia, ospitanti statue di santi (particolarità che distingue la fabbrica milanese da quelle di oltralpe). Alle estremità del transetto si aprivano porte ora sostituite da corpi absidali con altari: a nord quello della Madonna dell'Albero (fronteggiato dal celebre "candelabro Trivulzio", XII-XIII sec.), a sud quello di San Giovanni Buono. Il materiale da costruzione è in prevalenza il marmo di Candoglia, appositamente cavato. L'alto zoccolo basamentale esterno è invece in serizzo. Su questo si impostano i possenti contrafforti, intervallati dalle amplissime zone finestrate occupate da vetrate. Le più antiche sono le tre absidali, che costituiscono anche l'espressione più felice della prima fase del duomo per la sciolta eleganza dell'ornato e dell'intreccio marmoreo. In quella mediana è un grande rosone che reca al centro la "raza", insegna araldica di Gian Galeazzo Visconti.

Periodo rinascimentale

Previsto fin dall'origine e peculiare della tradizione architettonica lombarda dall'età romanica in poi, il tiburio che copre l'incrocio fra navate e transetto ha rappresentato, per le immense proporzioni, una sfida progettuale e tecnica di vasta portata, che coinvolse in un lungo, serrato dibattito i migliori ingegni dell'architettura italiana del Quattrocento. Sui robusti piloni angolari di sostegno, rinforzati fin dal 1390 in previsione della copertura, sono impostati quattro arconi ogivali molto rialzati; secondo consuetudine, quattro pennacchi angolari trasformano il quadrato di base nell'ottagono su cui poggia la cupola, a otto spicchi su otto lunette, nascosta all'esterno dal poliedro ottagonale che sostiene la guglia maggiore. Per la costruzione furono proposti, fra incertezze e critiche, numerosi progetti; negli anni Cinquanta del Quattrocento Francesco Sforza, determinato a risolvere la questione, ne affidò l'incarico a Guiniforte Solari, il cui contributo divise fortemente la critica; un nuovo concorso, bandito nel 1487, ebbe come giudice Luca Fancelli e vide la partecipazione di Leonardo, Bramante e Francesco di Giorgio Martini. Al modello leonardesco, ritirato per ignote ragioni nel 1490, si riferiscono disegni del Codice Atlantico e Trivulziano, che propongono una cupola a due calotte di cui quella interna, a otto spicchi, è impostata su un ottagono formato da quattro archi ogivi, mentre quella esterna a quattro spicchi poggia sul quadrato formato dai piloni angolari di sostegno. Nel giugno del 1490 Ludovico il Moro fece disporre tutti i modelli presentati nel Castello Sforzesco per valutarli: la scelta cadde sul modello di Giovanni Antonio Amadeo e Gian Giacomo Dolcebuono, cui vennero affiancati, in qualità di revisori, Francesco di Giorgio e Fancelli. La costruzione della cupola occupò un decennio; seguì quella del più antico gugliotto, ancora intessuto di nostalgie tardogotiche, che porta il nome dell'Amadeo, mentre per la guglia maggiore e gli altri tre gugliotti si dovette attendere più di due secoli.
Non meno rilevante della vicenda costruttiva è il significato simbolico attribuito al tiburio, vero centro del programma teologico del Duomo: in un documento del 1400 la guglia maggiore è paragonata a Cristo e i gugliotti ai quattro evangelisti; il tiburio appare poi anche come 'laudario' di Maria, cui la cattedrale è dedicata, e come centro di una simbologia cosmologica che si sviluppa attraverso le sessanta statue interne dei precursori di Cristo, cui si lega idealmente la storia della salvezza narrata nel finestrone centrale dell'abside.
Nel cantiere scultoreo la presenza fondamentale del secondo Quattrocento è quella di Giovanni Antonio Amadeo, in grado di influenzare, seppure in diversa misura, tutta la produzione plastica del tempo con la nervosa intensità di alcuni esiti come il San Paolo eremita del 1470 circa o le sessanta statue dei quattro arconi del tiburio, provenienti da diverse collocazioni. Ai modi protorinascimentali dell'Amadeo corrispondono i pannelli di Cristoforo de Mottis per la vetrata di san Giovanni Evangelista, commissionata dal paratico dei notai nel 1478.
Gli importanti antelli superstiti delle vetrate con Storie del Nuovo Testamento, di sant'Eligio e di san Giovanni Damasceno testimoniano invece dell'avvenuto allineamento del cantiere alla vicenda pittorica ormai pienamente rinascimentale che interessa la Lombardia dell'ottavo e nono decennio del Quattrocento.
La morte dell'Amadeo nel 1522, quella di Zenale nel 1526, la peste e le guerre che preparavano l'avvento di un nuovo dominatore straniero su Milano si tradussero, come è ovvio, per il cantiere del Duomo, in un periodo di forte rallentamento - se non addirittura di sostanziale sospensione - dei lavori di costruzione e decorazione.

Il Cinquecento

Per lunghi anni nel cantiere della fabbrica del Duomo si discusse soprattutto del problema della porta da collocare all'estremità del transetto settentrionale, la porta detta 'verso Compedo', che i deputati volevano particolarmente monumentale, ricca di decorazioni fastose e conforme, soprattutto, allo stile gotico, per non tradire l'intenzione dei primi fondatori della cattedrale (Scotti, 1977). Nel 1537 si decise per una porta ad apertura unica (Rephisti, 2004): i lavori però, a quanto sappiamo, iniziarono solo nel 1545; e proseguirono per tutto il tempo della direzione di Vincenzo Seregni, che fu a capo della Fabbrica del Duomo tra il 1547 e il 1567. Ma il cantiere, in gravi difficoltà finanziarie, era praticamente fermo.
La svolta vera, per il cantiere del Duomo, giunse nel 1567: il 7 luglio di quell'anno, infatti, Pellegrino Tibaldi ricevette la nomina ad architetto responsabile della Fabbrica del Duomo. Il regista dell'intera operazione era, in realtà, Carlo Borromeo: l'arcivescovo di Milano aveva elaborato, in accordo con i principi stabiliti durante il Concilio di Trento, un progetto di riforma radicale, liturgica e architettonica, per il Duomo (Scotti, 1972); per realizzarlo, però, aveva bisogno di avere al suo fianco una persona di assoluta fiducia.
Carlo Borromeo era arrivato a Milano nel settembre 1565: e da subito aveva cominciato a pensare a una riforma radicale, per la cattedrale cittadina; troppa confusione, troppa incuria regnavano nell'edificio, a suo giudizio; e poi, tutte quelle cappelle private, quei monumenti sepolcrali fastosi e mondani, fatti apposta per distrarre i fedeli dalla preghiera e dalla meditazione (Scotti, 1972). L'attenzione dell'arcivescovo si appunta, soprattutto, sull'altar maggiore, come del resto aveva indicato il Concilio di Trento, raccomandando di curarne particolarmente il decoro e la visibilità (Scotti, 1972): la posizione dell'altar maggiore, per prima cosa, era troppo periferica; era necessario spostarlo in avanti, nella parte centrale del presbiterio; dietro l'altare avrebbero trovato posto gli stalli del coro, riservati d'ora in avanti ai soli ecclesiastici, secondo le nuove disposizioni emanate dal cardinale; e bisognava, poi, rialzare il piano del presbiterio, per favorire la visibilità dell'altar maggiore che, in questo modo, tornava a essere il fulcro spirituale e visivo dell'intero edificio, come nelle chiese paleocristiane (Scotti, 1972).
Il progetto pensato da Pellegrino Tibaldi è la perfetta traduzione dei desideri dell'arcivescovo: l'architetto disegnò, infatti, nel corso del 1569 (Buratti Mazzotta, 1990), un ampio coro sotterraneo, il cosiddetto 'scurolo', che aveva la doppia funzione di coro invernale per i canonici e di cripta per le reliquie; la struttura sontuosa, a due cerchi concentrici separati da una fila di otto colonne in marmo rosso mischio d'Arzo e coperta da una volta a ombrello a nervature diagonali, con delicati ornamenti a stucco, prese il posto del piccolo ambiente che, nel 1557, Vincenzo Seregni aveva cominciato a costruire sotto l'altar maggiore (Scotti, 1972). La volta dello scurolo segnava il nuovo limite d'appoggio per il piano del presbiterio che, per necessità, dovette essere sensibilmente alzato rispetto alla navata (Scotti, 1972).
Pellegrino Tibaldi, per desiderio di Carlo Borromeo, fin dal 1568 aveva cominciato a studiare un progetto per la struttura destinata a racchiudere il tabernacolo:solo attorno al 1580, infatti, fu realizzato il piccolo tempio circolare, scandito tutto intorno dalle colonne di ordine corinzio che reggono il fregio a girali e la cupola, una idea che Pellegrino deriva, forse, dall'esempio antico del tempio di Vesta a Tivoli (Rocchi, 1990); all'interno del tempietto, quattro angeli in bronzo, inginocchiati, reggono il dono di Pio IV.
Pellegrino Tibaldi, chiamato alla corte di Spagna, lasciò Milano nel 1586: lo sostituì, alla guida del cantiere del Duomo, l'antico rivale, Martino Bassi.

Decorazione e artigianato nel periodo barocco

Spicca fra tutte le iniziative, l'imponente impresa collettiva dei quadroni con Storie della vita del beato Carlo, varata ufficialmente nel 1602, iniziativa strettamente connessa con l'avvio del processo di canonizzazione di Carlo Borromeo, sostenuto sinergicamente dalle autorità religiose e civili milanesi, e appoggiato dalla monarchia spagnola, oltre che dal cardinale Federico; La loro vocazione scopertamente teatrale, sottolineata dalla veloce stesura pittorica "a guazzo" e dalle enormi dimensioni (misurano ciascuno m 6 x 4,75), affonda le sue radici nell'arte dei Sacri Monti e soprattutto nella lezione di Gaudenzio Ferrari, senza tuttavia trascurare sollecitazioni più moderne della pittura controriformata toscana e romana.
Anche l'esecuzione a ricamo, affidata a Pompeo Berluscone (per i fregi) e a Ludovica Antonia Pellegrina (per le parti figurate), è un esempio di assoluta eccellenza del primato europeo conquistato dalle botteghe artigiane milanesi sullo scorcio del Cinquecento e nei primi decenni del Seicento nel settore delle arti suntuarie, dalle stoffe ai ricami, alle armi ageminate, alle oreficerie, alle lavorazioni delle gemme, dei cristalli, dei cammei e delle pietre dure. Presentato per la prima volta in Duomo il 4 novembre del 1610, è il secondo ciclo carliano, dedicato non più alla Vita, ma ai Miracoli del santo. Eseguito interamente entro il 1610, si compone di ventiquattro dipinti a tempera, di dimensioni inferiori ai quadroni della Vita, ma sempre considerevoli. Vi presero parte, con sei dipinti ciascuno, il Cerano, Giulio Cesare Procaccini e il Duchino, affiancati da maestri minori, il fiorentino Alessandro Vaiani, il fiammingo Giorgio Noyers, e Carlo Buzzi, quest'ultimo già coinvolto nel ciclo precedente.
Il 4 novembre del 1610 la Scuola o Università degli Orefici di Milano, presieduta da Eliseo Magoria, faceva dono alla Fabbrica del Duomo della statua argentea di San Carlo (oggi presso il Museo del Duomo), con l'impegno di esporla sulla tomba negli anniversari della canonizzazione e nelle principali feste religiose. La monumentale scultura, alta oltre due metri, arricchita da perle, pietre preziose, cristalli, era stata eseguita su modello dello scultore Giovan Andrea Biffi, da un gruppo di argentieri coordinato dal Magoria.
Tradizionalmente assegnata al disegno del Cerano, sulla base della testimonianza settecentesca dell'erudito novarese Lazzaro Agostino Cotta, è la cassa in cristallo e lamina d'argento che nello scurolo del Duomo custodisce il corpo di san Carlo. In occasione della ricognizione del corpo effettuata da Federico Borromeo il 7 marzo 1606, secondo il suo biografo Rivola (1656), Federico trovò "l'arca molto maltrattata per la mala disposizione del sito", e diede ordini per una sistemazione maggiormente decorosa. La realizzazione dell'arca è circondata da un'aura quasi leggendaria, essendo stata resa possibile dal ritrovamento, dai contemporanei giudicato miracoloso, di "una quantità di cristalli e di grandezza e di bellezza stupendi" da parte di un pastore fra le montagne del Vallese, in terra svizzera.
Preziosamente rifinita con fregi e statuette in oro e in argento, opera dell'orafo Pietro Antonio da Como su modelli del Biffi, l'arca è un sarcofago dodecagonale con copertura tronco-conica, formato da ventiquattro specchiature in cristallo di rocca legate in argento: come la statua del santo, testimonia il livello di eccellenza dell'artigianato orafo e suntuario milanese fra Cinque e Seicento, che si era conquistato prestigio europeo attraverso la convocazione di diversi suoi esponenti alla corte rudolfina di Praga. La data 1638 incisa sull'urna indica il completamento dei lavori, affidato dall'arcivescovo Cesare Monti, successore di Federico Borromeo, all'argentiere Giovan Ambrogio Scagni.
Continiuano inoltre le attività sulle vetrate delle navate laterali, con restauri e nuove produzioni, iniziate a metà del XVI dal de' Mochis e dagli Arcimboldi.

Notizie storiche

Periodo gotico, le origini

Fu nel 1386, che Gian Galeazzo volle innalzare un tempio alla Vergine Maria a ringraziamento dell'impresa di aver eliminato il temibile zio Bernabò, ponendo egli stesso la prima pietra. Un'altra leggendaria versione lo vuole frutto della sua paura per il demonio, apparsogli in sogno, che dovette esorcizzare attraverso la costruzione di una cattedrale con 3.400 statue e 96 doccioni raffiguranti demoni e diavoli. Volle un'opera senza precedenti che divenisse espressione dell'intera città, che legò insieme, nella sua realizzazione anche più generazioni di milanesi. Parteciparono tutti: il duca stesso con la donazione nel 1387, della cava di marmo di Condoglia, i ricchi con mezzi finanziari, il popolo con donazioni o trasportando legname e pietre.
L'edificazione fu talmente importante e incisiva nel vissuto della città che persino parecchie parole sono entrate nel linguaggio comune: a UFO (ad usum fabricae operis, cioè materiale esente da pedaggio poichè destinato al Duomo) , magutt (l'aiuto muratore milanese, come sostentivizzazione dell'abbreviazione del magister carpentarius, mag. Ut), ecc.
Fu anche l'occasione per innovare le pratiche edilizie: nel 1402, compare in fabbrica una macchina per segare i marmi; si aprono vere e proprie strade preferenziali per il trasporto dei materiali presso il cantiere, i navigli.
Per il progetto originario, a pianta quadrata e a 5 navate, fu chiamato nel 1387, un architetto tedesco, certo Anechino o un membro della sua cerchia, non senza altre collaborazioni di rilievo, visto la complessità della fabbrica. La pianta a croce è arricchita da un triangolo nell'intersezione da cui si innalza il tiburio gotico. Viene costituito un organismo a 5 navate (corrispondenti a 5 porte), di cui quella centrale maggiore.
Già nel 1388, si principia a porsi il problema dei piloni all'incrocio del transetto, problema annoso che impegnerà parecchi architetti fino al Rinascimento. La pianta a croce è arricchita da un triangolo nell'intersezione da cui si innalza il tiburio gotico.
Nel 1389, viene scolpito il portale della sagrestia settentrionale del Duomo, opera di Giacomo da Campione e aiuti.
Nel 1390 i lavori sembrano già giunti a buon punto se Il consiglio della Fabbrica del Duomo delibera la copertura di abside, retrocoro e transetto con "assi e coppi", segno che i lavori erano giunti all'imposta dei capitelli.
Nell'anno successivo tre documenti della Fabbrica del Duomo registrano pagamenti a Giovannino de Grassi, che da lì a poco diverrà ingegnere capo dell'opera, per una scultura, forse il rilievo di Cristo e la Samaritana al pozzo nella sagrestia meridionale, che verrà dorata il 16 giugno 1396.
Entro l'anno è anche terminata la sagrestia aquilonare.
Nel 1393 sopra l'altare in Duomo verrà eseguito l'affresco della Madonna della rosa. Nello stesso anno Giovannino de Grassi è incaricato del disegno della tomba di Galeazzo II Visconti, padre di Gian Galeazzo, da porre alla base del finestrone centrale dell'abside, ormai giunto a termine.
Nel 1394 vengono eseguite le volte delle sacrestie; nel 1396 vengono scelti i modelli dei capitelli di Giacomo da Campione. Nello stesso anno risulta un pagamento a Giovannino de Grassi per la realizzazione di un antello di una finestra per le vetrate (le prime) della sacrestia aquilonare.
Nel 1398 si mette mano al transetto sud.
Nel 1401 è terminata la Guglia Carelli, la prima guglia del Duomo che si trova sull'angolo nord-est della sagrestia aquilonare, sormontata dalla statua di S. Giorgio che richiama direttamente l'effigie di Gian Galeazzo Visconti, opera di Giorgio Solari.
Nel 1418, il papa Martino V consacra l'altare maggiore del Duomo, dopo aver abbattuto abbattuto l'abside di S. Maria Maggiore. Per ricordo, Iacopino da Tradate eseguirà nel 1424 la statua del papa oggi al museo del Duomo.
Dal 1443 sono registrate le prime tumulazioni in Duomo degli arcivescovi, dei Visconti e degli uomini a loro devoti.

Periodo rinascimentale

Se già 1388, si principia a porsi il problema dei piloni all'incrocio del transetto, problema annoso che impegnerà parecchi architetti impegnati nel cantiere, solo con la metà del secolo XV, Francesco Sforza, da poco signore di Milano, cercherà una soluzione definitiva. A questo scopo, nel 1459, arriva nel cantiere Guiniforte Solari, chiamato in qualità di ingegnere a studiare la realizzazione del tiburio.
Già dal 1452, si registra la presenza di Giovanni Solari e del Filerete (questo peraltro già nel 1454 viene cacciato), all'interno della fabbrica. Nello stesso anno viene posta la prima pietra della parte anteriore dell'immensa Fabbrica.
Nel 1466, in onore di S. Giuseppe, a ricordo del giorno della presa di potere da parte di Galeazzo Maria Sforza, viene fatto costruire un altare. Due anni dopo vengono qui celebrate solenni nozze tra il duca e Bona di Savoia.
Nel 1468 muore Bianca Maria Visconti, forse avvelenata dallo stesso figlio Galeazzo Maria Sforza, stanco della sua inimicizia, e sepolta nel coro accanto a suo marito Francesco Sforza
Dal 1473 al 1478 Cristoforo de' Mottis e i maestri Gesuati eseguono la vetrata di S. Giovanni Evangelista.
Nel 1479, Pietro Antonio Solari scolpisce la Madonna del coazzone (oggi al Castello Sforzesco) riprendendo un'antica immagine già in S. Maria Maggiore. La statua, collocata dov'è ora la Virgo Potens (ultimo altare a destra prima del transetto), diviene oggetto di grande devozione da parte dei milanesi che vi appendevano doni votivi, tanto da far propendere poi Carlo Borromeo per la sua soppressione per sospetto di idolatria.
Nel 1481, l'Amadeo, genero del defunto Guiniforte Solari, diviene direttore tecnico e dal 1490 ingegnere della Fabbrica.
Dal 1482 al 1486 si registra in cantiere la presenza dell'architetto Giovanni Nexemperger, proveniente da Strasburgo, per occuparsi insieme ai suoi collaboratori della costruzione del tiburio.
Un documento del 1487 ci testimonia il fatto che venga pagato un anticipo al falegname Bernardino di Alliate per la costruzione del modello del tiburio ipotizzato da Leonardo da Vinci.
Si tiene nel 1490, alla presenza dell'arcivescovo, di Ludovico il Moro e dei fabbricerii, la seduta definitiva nella quale vengono esaminati i modelli del tiburio del Duomo. I modelli presentati erano opera di Francesco di Giorgio, Amadeo, Dolcebuono, Simone Sirtori, Battagio. Vengono scelti i modelli dell'Amadeo, di Dolcebuono e di Francesco di Giorgio. Per l'occasione Bramante scrive la sua Opinio. Inizia così la costruzione del tiburio sotto la direzione del Dolcebuono e dell'Amadeo. L'opera risulta compiuta nell'anno 1500.

Il Cinquecento

Nel 1503 si inizia l'ideazione della nuova porta settentrionale. Si decide di farne un modello ligneo dopo aver invitato, per esaminarne il progetto, tra gli altri, Fazio Cardano (padre di Girolamo), il Caradosso, il Bramantino, il Briosco, l'Amadeo, il Dolcebuono, il Gobbo, il Fusina.
Nel 1507 l'Amadeo inizia la costruzione del Gugliotto sul tiburio.
Nel 1514, viene rifatta la campana del Duomo che i Francesi avevano danneggiato, l'anno prima, quando erano assediati nel Castello. Per l'occasione si costruisce il campaniletto sul tetto.
Nel 1519, viene nominato architetto della Fabbrica Cristoforo Solari accanto allo Zenale.
Nel 1535, il Bambaja è incaricato di realizzare delle sculture per la nuova porta verso settentrione. Lo stesso eseguirà anche il monumento funebre del cardinale Caracciolo nel 1538, l'altare della Presentazione al Tempio della Vergine nel 1543 commissionato dal canonico del Duomo Giovanni Andrea Vimercati, che si fa realizzare anche la sua tomba da collocarsi al lato dell'altare
Nel 1537 si alzano i ponteggi per costruire la porta del transetto settentrionale.
Nel 1538 il corpo di S. Dionigi riceve un'adeguata sepoltura dietro l'altare maggiore. La vasca di porfido proveniente dalla basilica omonima è collocata sopra il sepolcro.
Nel 1555, subito prima della sua morte l'arcivescovo Giovanni Angelo Arcimboldi aveva disposto l'erezione del mausoleo, nel quale è ricordato assieme agli altri due arcivescovi Giovanni e Guido Antonio Arcimboldi, attribuito a Cristoforo Lombardo. Questo muore nello stesso anno e lo sostituisce alla guida della Fabbrica Vincenzo Seregni. E dello stesso anno la morte del Meneghino, le cui umane spoglie sono accolte nella tomba monumentale terminata da Leone Leoni solo nel 1563.
Nel 1562, Marco d'Agrate scolpisce il S. Bartolomeo. Nello stesso anno, il candelabro Trivulzio, donato al Duomo dall'arciprete Giovan Battista Trivulzio, è collocato di fronte all'altare della Madonna dell'Albero.
Nel 1563 Carlo Borromeo, non ancora arcivescovo, fa eseguire i rilievi del Duomo. Nel 1565 lo stesso, ora arcivescovo, ordina la rimozione delle tombe dei duchi di Milano dal coro e, secondo il Morigia, "li fece mettere in terra", forse nello stesso coro. Nello stesso anno Giampiero Sormani ridipinge l'affresco della Madonna dell'Aiuto, una delle immagini più venerate della città.
Nel 1567 il Seregni viene licenziato dall'incarico di direttore della Fabbrica perché aveva chiesto un aumento dello stipendio. Viene assunto al suo posto Pellegrino Tibaldi per volere di Carlo Borromeo malgrado il parere contrario di molti deputati del Consiglio della Fabbrica. Lo stesso anno viene terminata la porta sul transetto settentrionale, eseguita su disegno del Seregni. Verrà murata dopo pochi anni per ordine dell'arcivescovo.
Nel 1575 inizia la realizzazione del coro ligneo, progettato dal Pellegrini, modellato da Francesco Brambilla e dal de' Marinis, intagliato da Virgilio del Conte, Paolo Gazzi e dai fratelli Taurini. I lavori si protraggono fino al 1614.
Nel 1577 iniziano i lavori dei pulpiti.
Nel 1579 Carlo Borromeo consacra lo scurolo. Nel 1582 trasporta qui le reliquie di San Giovanni Bono che si trovavano in S. Michele sotto il Duomo, che verrà sconsacrata due anni dopo.
Nel 1585 viene inaugurato l'ambone del Nuovo Testamento. Il secondo ambone si inzierà nello stesso anno e verrà terminato nel 1602. Morto Carlo Borromeo, Pellegrino Tibaldi si dimette dalla Fabbrica, lo sostituisce provvisoriamente il capomastro Lelio Buzzi. Nel 1587 Martino Bassi è eletto architetto della Fabbrica.
Nel 1591 è collocato sull'architrave del Duomo il Crocefisso con ai lati la Vergine e S. Giovanni, opere di Sante Corbetta volute già da Carlo Borromeo. La "pergola" è stata rimossa nel 1867, le statue disperse tranne il Crocefisso che è ricollocato alla sommità dell'arco.
Nel 1598 diventa architetto della Fabbrica, Aurelio Trezzi.

Decorazione e artigianato nel periodo barocco

Nel 1548 la Fabbrica del Duomo stipula un contratto in esclusiva con il maestro vetraio Corrado Mochis da Colonia che operava per la Fabbrica già dal marzo 1544.
Nel 1556 viene completata la vetrata del Duomo di Santa Caterina di Alessandria, eseguita da Corrado da Colonia su disegni di Biagio e Giuseppe Arcimboldi. Questo lavora qui come maestro vetraio fino al 1561.
Nel 1559, il concorso per la pittura delle ante dell'organo settentrionale del Duomo, viene vinto da Giuseppe Meda. Il concorso, contestato, viene ripetuto nel 1564 e rivinto dal Meda contro Aurelio Luini e i Campi (Bernardino, Antonio, Vincenzo e Giulio).
Nel 1563 Carlo Borromeo, non ancora arcivescovo, fa eseguire i rilievi del Duomo
Nel 1567 il Seregni viene licenziato dall'incarico di direttore della Fabbrica del Duomo perché aveva chiesto un aumento dello stipendio. Viene assunto al suo posto Pellegrino Tibaldi per volere di Carlo Borromeo malgrado il parere contrario di molti deputati del Consiglio della Fabbrica.Lo stesso anno viene terminata la porta sul transetto settentrionale del Duomo, eseguita su disegno del Seregni. Verrà murata dopo pochi anni per ordine dell'arcivescovo.
Nel 1575 inizia la realizzazione del coro ligneo del Duomo progettato dal Pellegrini, modellato da Francesco Brambilla e dal de' Marinis, intagliato da Virgilio del Conte, Paolo Gazzi e dai fratelli Taurini. Nei tre ordini sono rappresentate (in alto) la Vita di sant'Ambrogio, (al centro) i Santi martiri venerati dalla chiesa milanese e (in basso) i Vescovi milanesi da san Anatalone a san Galdino. I lavori si protraggono fino al 1614.
Nel 1577 si ha l'istituzione della festa del Sacro Chiodo con l'apparato (la "nuvola") per farlo scendere e risalire dall'abside del Duomo. Vi è una solenne consacrazione del Duomo da parte di Carlo Borromeo. La cerimonia si svolge in modo quasi clandestino perché persistevano in città ancora alcuni casi sospetti di peste. L'anniversario della dedicazione è fissato per la terza domenica di ottobre. Ma nel 1624 Federico Borromeo fa rifare la "nuvola". E' quella ancora in uso.
Nel 1587 Martino Bassi è eletto architetto della Fabbrica del Duomo.
Nel 1590 Ambrogio Figino dipinge le ante dell'organo meridionale del Duomo, dopo aver vinto il concorso contro Aurelio Luini, Camillo Procaccini e Simone Peterzano.
Nel 1592 Camillo Procaccini riceve l'incarico di dipingere gli sportelli degli organi del Duomo rivolti verso le sacrestie (Trionfo di Davide, Trasfigurazione, Resurrezione).
Nel 1598 Aurelio Trezzi diventa architetto della Fabbrica.
Nel 1600 Camillo Procaccini dipinge le quattro ante dell'organo settentrionale in Duomo (Ira di Saul, Davide suona l'arpa, Annunciazione, Visitazione). I quadri vengono consegnati il 23 dicembre 1602. L'organo sarà in funzione dal 1607.
Nel 1602 sono ordinati 20 quadroni a tempera riguardanti la vita di Carlo Borromeo da appendere nelle navate del Duomo. In seguito ne verranno commissionati altri otto. I primi venti quadroni vengono commissionati al Cerano (4), al Fiamminghino (3), al Duchino (7), a Carlo Buzzi (2), a Domenico Pellegrini (1) e a Carlo Antonio Procaccini (1).
Nel 1609 Alessandro Bisnati prende il posto di Antonio Maria Corbetta come architetto della Fabbrica del Duomo. Fabio Mangone lavora al suo seguito.
Nel 1610 canonizzazione di Carlo Borromeo (solennità liturgica il 4 novembre). Per l'occasione vengono esposti in Duomo i nuovi 24 teleri con i miracoli del santo eseguiti dal Cerano, Giulio Cesare Procaccini e altri. L'università degli orefici dona alla Metropolitana la statua d'argento di S. Carlo.
Nel 1693 muore l'arcivescovo Federico Visconti che viene sepolto in Duomo. Lascia una ricca somma per dotare lo scurolo di S. Carlo, la struttura sotto l'altare del Duomo di Milano, che dal XVIII secolo accoglie le spoglie del santo arcivescovo milanese. Infatti, solo nel 1751 vi è la solenne traslazione del corpo del santo in occasione del Giubileo e della sistemazione dello Scurolo.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: chiesa

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Accessibilità: Per maggiori informazioni sull'acceso alle varie componenti del complesso, consultare il sito:
www.duomomilano.it

Percorsi tematici:

Credits

Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)

Aggiornamento: Alinovi, Cristina (2015)

Descrizione e notizie storiche: Balzarini, Maria Grazia; Cassanelli, Roberto; Coppa, Simonetta; Ribaudo, Robert

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Barbalini, Fabio

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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