Chiesa di S. Maria presso S. Satiro - complesso

Milano (MI)

Indirizzo: Via Torino - Milano (MI)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: Pianta longitudinale a croce; il corpo principale è suddiviso in tre navate, di cui le laterali più strette della centrale. Completano il complesso il campanile e la più antica chiesetta di S. Satiro su Via Spadari e i corpi gemelli della canonica su Via Torino. La chiesa ha pianta longitudinale a croce decussata; il corpo principale è suddiviso in tre navate, di cui le laterali più strette rispetto alla centrale. Su pilastri cruciformi privi di base e ornati con capitelli corinzi è impostata la maestosa sequenza delle arcate a pieno centro che separano le navate, sovrastate da una fine cornice modanata; la copertura della nave principale è ritmata dalla successione delle volte a botte decorate a finti lacunari, mentre le navate laterali sono coperte a crociera. La pianta si sviluppa poi in un ampio transetto, sul cui lato settentrionale risvoltano, girando ad angolo retto, le navatelle laterali. Sul lato opposto, che contiene il celebre finto coro prospettico

Epoca di costruzione: fine sec. XV

Autori: Bramante, Donato, ampliamento; Amadeo, Giovanni Antonio, progetto: facciata

Comprende

Descrizione

Bramante compare in S. Maria dal 1482, ma la sua presenza nel cantiere si può supporre precedente di qualche anno. Ed è proprio a partire da queste date che, grazie all'attività del marchigiano e alle contemporanee riflessioni di Leonardo, l'architettura affronta a Milano, per la prima volta, i temi cruciali del Rinascimento.
Tra il IX e l'XI secolo dovette essere costruita una piccola chiesa di cui resta il solo campanile, di forme preromaniche, che richiamano quelle della torre dei monaci in S. Ambrogio. Nel 1242, colpita dal coltello di un vandalo, l'immagine della Vergine che si trovava su un muro esterno al sacello sanguinò miracolosamente. Solo nella seconda metà del Quattrocento, sull'onda di una vasta devozione popolare, si intraprese la costruzione di una nuova chiesa dedicata a Maria. Venne costituita una confraternita che gestisse il culto dell'immagine miracolosa e vennero acquistate alcune case da demolire per erigere il transetto della chiesa (1478).
La chiesa ha pianta longitudinale a croce decussata; il corpo principale è suddiviso in tre navate, di cui le laterali più strette della centrale. Su pilastri cruciformi privi di base e ornati con capitelli corinzi è impostata la maestosa sequenza delle arcate a pieno centro che separano le navate, sovrastate da una fine cornice modanata; la copertura della nave principale è ritmata dalla successione delle volte a botte decorate a finti lacunari, mentre le navate laterali sono coperte a crociera. La pianta si sviluppa in un ampio transetto, sul cui lato settentrionale risvoltano, girando ad angolo retto, le navatelle laterali. Sul lato opposto, che contiene il celebre finto coro prospettico, si alternano nicchie piatte e concave con motivi a conchiglia, sul tipo di quelle scavate nella parte sinistra dell'incisione Prevedari; in S. Maria esse fingono l'esistenza di una navatella laterale anche sul lato meridionale del transetto. Sopra l'incrocio tra navate e transetto si apre una solenne cupola emisferica impostata su pennacchi, decorata a lacunari in oro e azzurro e illuminata da una piccola lanterna. Nei tondi dei pennacchi sono dipinti gli Evangelisti, opera di un lombardo della fine del Quattrocento; spetta invece al De Fondulis la fascia decorativa alla base della cupola, scandita da tondi in terracotta con teste di Profeti.
Il coro, una delle più geniali e moderne soluzioni prospettiche del primo Rinascimento, è per Bramante una scelta obbligata a causa di vincoli spaziali e preesistenze.
Sebbene la chiesa così descritta appaia oggi come struttura unitaria e stilisticamente assai omogenea grazie alla forte connotazione bramantesca, e nonostante la ricchezza delle notizie documentarie, numerosi restano i problemi aperti nella ricostruzione delle diverse fasi di crescita del cantiere, la cui lettura risulta ulteriormente complicata dagli interventi integrativi attuati nell'Ottocento (i principali nel 1819 e negli anni Trenta a opera di Felice Pizzogalli, quindi negli anni Cinquanta e Settanta con i lavori curati dal Vandoni).
È in ogni caso innegabile che l'assetto attuale dell'edificio mostri un linguaggio architettonico profondamente bramantesco, che pone le basi per il rinnovamento dell'architettura milanese in senso classico e rinascimentale, con forti richiami a Leon Battista Alberti e a Brunelleschi.
L'attuale ingresso alla sagrestia e il fonte battesimale si debbono all'intervento ottocentesco del Vandoni, il quale si occupò pure della realizzazione della facciata verso via Torino (1871), appena cominciata dall'Amadeo.
L'antico sacello di S. Satiro, caratterizzato dalla struttura cruciforme e da uno sviluppo esterno polilobato, fu interamente riqualificato nel secondo Quattrocento, per essere stilisticamente armonizzato alla nuova costruzione: dapprima con l'impostazione di un tiburietto ottagonale dall'alta lanterna, decorato alla lombarda e frutto probabilmente di un intervento da collocare tra il 1458 e il 1483 , quindi a opera di Bramante.

Notizie storiche

Pare che già nel V sec. in un'area a pascolo, esistesse una cappelletta annessa ad un cimitero, in una zona prossima al transetto dell'attuale chiesa di S. Maria (qui è stato rinvenuto un frammento di tomba dipinto).
Nel IX sec., l'arcivescovo Ansperto da Biassono, di nobile stirpe longobarda, fonda la chiesetta, con sacello e torre campanaria, a pianta centrale in un lotto di sua personale proprietà, definendola Basilica di S. Satiro, dedicata appunto ai santi fratelli Satiro e Ambrogio e a S. Silvestro, con tanto di cella per i monaci di S. Ambrogio, in vantaggio dei quali fece testamento.
Ma la chiesetta continua a essere dedicata nei documenti ufficiali successivi solamente a S. Satiro. Poi annessa alla chiesa di S. Maria, la stessa diviene Cappella della Pietà.
Tale complesso edilizio comprendente anche un alloggio per i monaci, il campanile e lo xenodochio su Via Falcone risulta dai documenti alle dipendenze del monastero di S. Ambrogio.
Il campanile risulta essere, dopo quello di S. Ambrogio, il più antico di Milano, tanto che risulta essere un prototipo per i successivi del romanico lombardo: non manca il materiale lapideo di recupero, di origine romana e paleocristiana (pluteo con pavoni affrontanti), inseriti nel paramento murario del basamento sul lato verso via Speronari. Era oltre che una torre campanaria, un vero e proprio punto di orientamento, per i pellegrini diretti allo xenodochio
Nel 1036 è registrata la consacrazione da parte del vescovo Ariberto d'Intimiano, fatto che fa pensare o ad una riconsacrazione perché vi ufficiavano preti scomunicati o perché, versando in un cattivo stato di conservazione, si era proceduto a pesanti rifacimenti.
Il campanile, decorato con fitta archeggiatura marcapiano e punteggiato da ampie aperture viene rimaneggiato nell'XI sec., forse per volontà dello stesso Ariberto o dopo il violento incendio cittadino del 1070.
Solo nel 1209 la chiesa si affranca completamente da S. Ambrogio, divenendo chiesa parrocchiale con un suo parroco.
Nel 1242 diviene oggetto di devozione poichè l'altarolo posto all'esterno con immagine della Vergine con figlio è oggetto di ingiuria: il collo del Bambino, colpito da un disperato cominciò a zampillare sangue. Si costituice la Confraternita della Vergine di S. Satiro.
L'icona con la Vergine del Miracolo fu portata all'interno della chiesa e rimaneggiata nel XV, inserendo Gian Galeazzo e sua madre Bona di Savoia.
In fronte all'ex xenodochio, poi hospitium Falconis di proprietà viscontea, vi era la Taverna della Lupa, che venne acquistata nel 1478 dalla Confraternita per creare il lo spazio per l'edificazione della bramantesca S. Maria presso S. Satiro.
L'aggiunta del Bramante con la chiesa di S. Maria, commissionata dalla famiglia ducale e dallo stesso Gian Galeazzo, risale al 1480, cioè al primo soggiorno del maestro a Milano. La prima rivoluzione che introdusse appena giunto in cantiere fu la rotazione della pianta di 90°, rispetto ai primi progetti, cioè con l'altare maggiore verso Via Falcone, per restituire gli spazi maggiori al pubblico in pellegrinaggio.
Il progetto pittorico unitario è frutto del Borgognone, che interviene direttamente in più occasioni, specie nelle parti decorative e nelle figure di santi per le nicchie del transetto forse già nel 1494.
Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino, autore dei medaglioni dipinti sui pennacchi della cupola, succede al Bramante, partito per Roma nel 1499, nella guida del cantiere.
Nel 1514, Giovanni da Oggiono apre le due porte nel transetto, regalando alla chiesa un uscita sulla Via Falcone.
Dopo l'apertura verso la Via Torino della nuova piazzetta, il Vandoni nel 1871, portava a termine la facciata della chiesa, che era rimasta interrotta dal basamento scolpito, su progetto dell'Amadeo del 1486, seguendo gli antichi disegni e attraverso elementi superstiti e aggiungendo due porte laterali, di cui quella a destra per l'accesso diretto alla sacrestia.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: chiesa

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Percorsi tematici:

Credits

Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)

Aggiornamento: Alinovi, Cristina (2015)

Descrizione e notizie storiche: Balzarini, Maria Grazia; Ribaudo, Robert

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Ribaudo, Robert

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