Sacro Monte di Varese - complesso

Varese (VA)

Indirizzo: Via del Santuario - Sacro Monte, Varese (VA)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: sacro monte

Configurazione strutturale: Importante documento culturale, riconosciuto come Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco, fu concepito come un unicum nel periodo controriformistico dal cappuccino Giovanni Battista Aguggiari come sistemazione del preesistente percorso pedonale per il Santuario di S. Maria del Monte. E' una "via sacra" che si snoda in salita per circa 2 km., con un dislivello di c. 300 m., fiancheggiata da 14 cappelle illustranti, in chiave didattica e popolare, ciascun mistero del Rosario (l'ultimo è identificato col Santuario), a distanza una dall'altra di una decina di Ave Maria. Fin dall'inizio l'ideazione della Via Sacra permetteva di offrire ai pellegrini un percorso strutturato che, oltre ad alleviare la fatica della salita, prima condotta lungo sentieri disagevoli, consentiva di giungere in santuario, meditando di cappella in cappella sul mistero in essa rappresentato

Epoca di costruzione: post 1604

Autori: Aguggiari, Gianbattista, progetto; Bernasconi, Giuseppe, costruzione

Comprende

Descrizione

L'assetto odierno del Sacro Monte varesino rispecchia un'invenzione risalente al primo Seicento.
Le trasformazioni urbanistiche del borgo furono rilevanti. In pochi decenni divenne parte integrante di un teatro di meditazione religiosa a cielo aperto dotandosi di edifici ecclesiastici e di rinnovate facciate di chiese, tutte tappe/stazioni di nuovi percorsi devozionali cittadini. A questo fervore non sfuggì la chiesa parrocchiale di San Vittore che, negli anni 1598-1599, fu oggetto di importanti lavori. Vennero coinvolte maestranze destinate poi a lavorare nell'impresa del Sacro Monte: lo stesso architetto Bernascone e Pier Francesco Mazzuchelli detto il Morazzone. Con l'aiuto di esperti stuccatori (Domenico Fontana di Muggio e Giuseppe Bianchi da Moltrasio), collaborarono alla ricostruzione e alla decorazione della cappella del Rosario, un'altra impresa dedicata alla Vergine. Messo a punto il progetto di massima, la realizzazione del complesso monumentale iniziò nel 1604. Nonostante siano andati perduti i documenti d'archivio relativi alla Fabbrica, le cronache tramandano il grande pragmatismo dell'intera macchina amministrativa. L'oculata gestione dei fondi garantì l'efficienza del cantiere: in trent'anni circa venne rifondata la chiesa di Santa Maria, costruita la via lungo le pendici del monte, incluse le soluzioni ingegneristiche per garantire - attraverso appositi terrapieni - la messa in sicurezza del percorso e, infine, vennero progettate e realizzate le quindici cappelle del percorso misterico, gli archi trionfali e le tre fontane ad essi correlate destinate al ristoro dei pellegrini. Seguendo il progetto del Bernascone, la struttura dell'intero apparato privilegiava l'inserimento di ogni singola parte in un ambiente naturale sacralizzato del quale si evidenziavano le qualità teatrali.
L'itinerario trasmette la prossimità fra l'uomo e la divinità attraverso la contemplazione. A differenza di quanto ideato a Varallo, al Sacro Monte varesino anche le cappelle sono marcate da uno stretto rapporto con il paesaggio circostante non soltanto perché distinte, e distanti le une dalle altre, ma soprattutto a causa del loro assetto architettonico. Tutte derivano sostanzialmente da due tipologie: il tempio a pianta centrale e quello a pianta quadrata cui spesso sono accorpati camminamenti con aperture verso l'esterno, ad archi e, in facciata, da protiri e pronai. Altre differenze intervengono a livello decorativo dove alla varietà di elementi classicisti si alternano, talvolta mescolandosi, trasgressioni tardomanieriste. Il dato certo è che il Bernascone, progettando tutti questi edifici, prese spunto soprattutto dai modelli di Pellegrino Tibaldi che del varesino fu il maestro e che con l'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo contribuì in modo decisivo alla riforma dell'architettura ecclesiastica lombarda postconciliare (applicando le Instructiones Fabricae et Suppellectilis ecclesiasticae redatte dallo stesso Borromeo e pubblicate nel 1577). Nelle diverse cappelle del Sacro Monte, come pure negli archi trionfali lungo il percorso, il ricorso alla misura classicista interpretata in chiave monumentale è un Leitmotiv che dà all'insieme monumentale un'armonia unificante. I modelli tibaldiani sono aggiornati anche alla sensibilità del successore di san Carlo, il cardinale Federico Borromeo. Oltre a sembrare tanti preziosi tabernacoli in scala ingigantita, tutte le cappelle sprigionano un senso di ritrovato ottimismo cristiano mai espresso fino a quel momento in modo così esplicito.
Il Bernascone fu innovatore invece nel modo in cui interpretò la drammaturgia dei diversi frammenti del racconto religioso. Ma qui a stravolgere l'involucro architettonico sono gli affreschi del Busca. Il partito decorativo delle volte non riprende le forme dell'architettura. L'artista, infatti, tenta di andare oltre lo spazio fisico e l'architettura gradualmente si trasforma in una quinta teatrale illusionista.

Notizie storiche

A sorprendere innanzitutto è il luogo, sede di antiche leggende. Fin dagli albori del cristianesimo lombardo il rilievo del Sacro Monte era noto per il conflitto fra gli ariani e sant'Ambrogio (IV secolo), il santo patrono milanese che con la sua vittoria contribuì al radicamento del cattolicesimo anche in questa parte di Lombardia. I Longobardi vi costruirono il primo edificio cultuale mariano, in osservanza del Concilio di Efeso (431), divenuto poi un eremo occupato prevalentemente da suore romite ambrosiane. Le successive vicende di ampliamento e decorazione sono apprezzabili attraverso diverse testimonianze figurative (risalenti al XIV secolo) collocate nella cripta sottostante alla zona absidale dell'attuale santuario, edificato nel XV secolo ad opera di Bartolomeo da Cremona e ampliato negli ultimi anni del Cinquecento da Giuseppe Bernascone, l'artefice del Sacro Monte. La storia e la fortuna di questo luogo sacro costituirono le premesse all'affluenza sempre crescente di pellegrini. Varese conobbe un rapido e significativo sviluppo e divenne parte della rete di collegamenti fra le Prealpi e i valichi di montagna praticabili fin dal XII secolo.
Costruito nel giro di pochi decenni (a partire dal 1604, fino agli anni Trenta), si colloca invece in un momento in cui il nuovo modello devozionale si consolidò. Con gli altri complessi devozionali prealpini sorti nel corso del Seicento, quello varesino costituì uno dei tasselli di quello che Luigi Zanzi ha definito un "sistema di sacri monti". Sulla carta, ognuno di essi era disposto nello spazio in modo che Milano risultasse il fulcro di questa grandiosa coreografia religiosa. Una scelta che aveva una sua logica perché dalla chiesa metropolitana milanese erano partiti i maggiori fautori della riforma tridentina, prima Carlo e poi Federico Borromeo, coadiuvati dalla loro ampia e variegata corte presente e distribuita capillarmente nelle diocesi non soltanto di Milano, ma anche di Como e Novara.
Si fece strada anche la convinzione che all'origine del Sacro Monte varesino ci fosse una forte connotazione miracolistica. Era il luogo naturale stesso ad essere sacro, il Monte che grazie alla sua elevazione avvicinava a Dio. A trasformarlo definitivamente in un paesaggio soprannaturale sarebbe stato l'insieme del progetto monumentale investito, a sua volta, della medesima aura prodigiosa tanto che le persone coinvolte nell'impresa, a fronte dei molti scampati pericoli mortali di cui si fregiarono, si considerarono tutte graziate dalla Vergine. Fra queste figurano sia il frate cappuccino Giovan Battista Aguggiari da Monza, che del progetto varesino fu il principale promotore, sia Giuseppe Bernascone, l'architetto, ingegnere e capomastro di tutto il cantiere. Quest'aura miracolistica fu utilissima anche per la raccolta dei fondi.
Il cantiere di Varese fu un formidabile laboratorio di idee e di forme a servizio della propaganda fide. Seppe riconoscere le forze più innovative, attive nei cantieri milanesi e nella Certosa di Pavia, e ne seppe sfruttare le potenzialità nella ricerca di percorsi diversi e finalizzati alla svolta barocca. Ma fu anche un luogo in cui fu possibile farle convivere con la tradizione più antica e didascalica della devozione popolare. Fu soprattutto questa corrente che prese il sopravvento negli anni e nei secoli, perché di fruizione più immediata.

Uso attuale: intero bene: santuario

Uso storico: intero bene: santuario

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Credits

Compilazione: Bertoni, Emanuela (2006)

Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2011); Bolandrini, Beatrice (2015)

Descrizione e notizie storiche: Bianchi, Federica

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).