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Facoltà di architettura del Politecnico di Milano
Milano (MI)

Indirizzo: Via Ampère 2 - Milano (MI) (vedi mappa)

Tipologia: architettura per la residenza, il terziario e i servizi; università

Caratteri costruttivi:

  • strutture: pilastri cruciformi in acciaio; travi e tiranti in acciaio
  • facciata: curtain-wall in vetro e ferro
  • coperture: piana non praticabile, con nodi strutturali in acciaio a vista
  • serramenti: in ferro e alluminio verniciati di nero

Cronologia:

  • progettazione: 1970 - 1985
  • esecuzione: 1982 - 1985
  • data di riferimento: 1970 - 1985

Committenza: Politecnico di Milano

Autori:

Uso: università

Condizione giuridica: proprietà Ente pubblico non territoriale

Descrizione

Il nuovo ampliamento della sede del Politecnico di Milano, progettato da Vittoriano Viganò a partire dal 1970, si innesta su un fabbricato realizzato negli anni Cinquanta per ospitare la Facoltà di Architettura nella prima espansione all'esterno degli storici padiglioni di piazza Leonardo da Vinci; l'edificio, progettato da Giordano Forti, Gio Ponti e Piero Portaluppi, avrebbe dovuto essere organizzato attorno a un cortile rettangolare, ma se ne costruirono solamente due ali: il fronte nord e quello su via Ampère non vennero mai realizzati e il cortile rimase incompiuto. L'intervento di Viganò si sviluppa proprio a partire dall'idea del vuoto come spazio possibile di relazioni e si organizza attorno alla superficie indefinita del cortile, creando un nuovo ingresso su via Ampère e differenziando radicalmente forme, materiali e soluzioni spaziali rispetto al fabbricato preesistente. L'edificio è uno straordinario compendio delle potenzialità espressive delle strutture in acciaio ed esprime una nuova sensibilità nei confronti dell'elemento tecnologico, che diventa parte integrante del racconto architettonico assumendo un valore inedito nel contesto milanese. L'intera struttura in acciaio - formata da una sequenza di elementi verticali appesi a grandi pilastri cruciformi tramite un'intelaiatura a tiranti posta sulla parte sommitale dei pilastri stessi - viene esibita in facciata con un linguaggio inedito ed essenziale. Sulla base di questo schema statico alcune parti del corpo di fabbrica sono appese alla struttura tramite elementi orizzontali che si innestano nei segmenti verticali, con una soluzione volumetrica del tutto originale che consente grande libertà nell'organizzazione spaziale. L'involucro edilizio presenta tamponamenti vetrati continui che risultano schermati dai raggi solari in virtù della loro posizione interna rispetto alle strutture verticali poste sul perimetro esterno. Nell'ultimo tratto di via Ampère gli elementi in acciaio che definiscono il fronte sono liberamente impiegati come segni grafici fuori scala, dando origine alla celebre "A" di Architettura dal colore rosso carminio al di sopra del nuovo ingresso. Cuore dell'intero intervento è il grande patio coperto, uno spazio aperto verso la città e ribassato rispetto alla quota stradale che organizza attorno a sè tutti i percorsi distributivi. Questo vuoto abitabile, dedicato allo studio libero, è scandito dalla presenza dei pilastri cruciformi che, con un passo di 8 metri, costituiscono l'ossatura della maglia strutturale metallica. Attorno a ciascun pilastro un gruppo di parapetti in acciaio a sezione quadrata è posto a protezione dell'attacco a terra, lasciato a vista con uno scavo attorno ai plinti. Lo spazio è caratterizzato dalla nuda esibizione degli elementi strutturali in acciaio, dalle geometrie delle passerelle di attraversamento sospese, dalla presenza scenografica delle tubazioni degli impianti a vista - evidenziati da Viganò con il colore rosso - e dalla forte valenza plastica della scala elicoidale in cemento armato che collega la quota dell'ingresso alla quota del patio sottostante. Una seconda scala in cemento armato corre lungo la facciata su via Ampère collegando tutti i livelli a partire dal piano terreno e creando un contrappunto visivo e materico con la struttura in acciaio verniciata di nero e con le vetrate retrostanti; la funzione del corrimano è qui assolta dallo spessore murario del parapetto. L'integrazione con l'edificio esistente avviene tramite un sistema di connessioni che dalla portineria su via Ampère delineano una sequenza di spazi semipubblici in cui gli elementi astratti delle strutture e gli impianti evocano l'atmosfera di una fabbrica moderna; i percorsi conducono alla biblioteca, alle aule per la didattica e a quelle per mostre e conferenze. All'interno gli spazi di accesso alle aule - oggi zone studio - sono ambienti a tutt'altezza disimpegnati da ballatoi e illuminati da lucernari posti in corrispondenza dei pilastri.

Notizie storiche

Il corso di laurea in Architettura al Politecnico di Milano è istituito nel 1865, ma soltanto nel 1934 la facoltà di Architettura diviene autonoma rispetto alla facoltà di Ingegneria. Il primo preside è Gaetano Moretti, che aveva sostenuto fortemente la separazione tra le due discipline. Tra il 1953 e il 1961 si costruisce il primo ampliamento edilizio per ospitare la Facoltà di Architettura, all'angolo tra via Bonardi e via Ampère. L'edificio è impostato su un basamento con una fascia vetrata orizzontale continua che dà luce alle sale di lettura della biblioteca; a questo è sovrapposto un volume cieco contenente le aule ad anfiteatro, la cui sezione è chiaramente leggibile nel prospetto su via Ampère. L'idea dei progettisti - in particolare di Ponti - era quella di offrire agli studenti un "edificio insegnante", al cui interno fosse possibile trovare fisicamente, come in un grande campionario, tutti i materiali, le finiture e gli elementi utili a sperimentare nel suo farsi il progetto di architettura. Nonostante Piero Portaluppi fosse in quegli anni preside della Facoltà, il progetto non ebbe corso e non venne terminato nemmeno l'edificio originariamente previsto. Anche l'intervento di Viganò, che si è protratto complessivamente per una quindicina d'anni, è rimasto incompiuto: secondo il progetto l'intervento avrebbe dovuto comprendere, verso est, il corpo in linea perpendicolare a via Bonardi e parallelo all'ala già costruita negli anni Cinquanta. In tal modo il nuovo edificio avrebbe inglobato il complesso di Ponti, Portaluppi e Forti creando una saldatura tra gli spazi ben più solida di quella oggi esistente. La sistemazione di Viganò si è dimostrata presto insufficiente a causa del crescente numero di studenti iscritti. Inoltre la modifica in corso d'opera di alcuni dimensionamenti degli spazi ha in parte snaturato il rapporto tra i volumi interni e le strutture verticali, che in molti casi limitano la visibilità all'interno delle aule. Ma la grande invenzione del patio all'aperto, a cui sono stati via via accostati numerosi riferimenti storici - dalla piazza urbana al Broletto - rimane il fulcro del progetto e costituisce una sorta di scena teatrale illuminata naturalmente in cui tutto ciò che avviene all'interno manifesta ancor oggi la sua natura di fatto collettivo. Viganò aveva inizialmente ipotizzato due versioni del progetto: una in acciaio - poi realizzata - e una in cemento armato a vista, materiale che aveva già magistralmente utilizzato nella sua opera più nota, l'Istituto Marchiondi-Spagliardi a Milano (1953-1957). Entrando dall'ingresso di via Ampère e scendendo nel patio, oppure percorrendo il sistema di passerelle appese ai pilastri che caratterizzano il vuoto centrale, si percepisce chiaramente come struttura, spazio e materia siano la sostanza primaria della poetica di Viganò, gli elementi attorno a cui egli costruisce la propria idea di architettura. A partire dal 1997 l'insegnamento dell'architettura a Milano è avvenuto parallelamente anche nella facoltà di Architettura Civile, nata per scissione dalla vecchia facoltà unitaria del Politecnico. La nuova facoltà, fondata con l'intento di dare un ruolo di primo piano al progetto d'architettura, aveva sede in alcuni ex spazi industriali della Bovisa ed è rimasta in attività fino al 2015, dopo che nel dicembre 2012 era stato chiuso il Dipartimento di Progettazione dell'Architettura (Dpa). In seguito ad una revisione strutturale delle risorse interne, dal 2016 le due Scuole si sono nuovamente fuse tra loro e attualmente l'unica sede milanese della Facoltà di Architettura è quella di Leonardo.

Fonti archivistiche

Fondo Vittoriano Viganò. Università della Svizzera Italiana, Fondazione Archivio del Moderno, Mendrisio - scheda fondo vedi »

Fondo Vittoriano Viganò. Università della Svizzera Italiana, Fondazione Archivio del Moderno, Mendrisio - sito vedi »

Bibliografia

Viganò V., Casabella, Un'architettura politecnica, 1982, n. 481, giugno, p. 36

Muratore G./ Capuano A./ Garofalo F./ Pellegrini E., Italia: gli ultimi trent'anni. Guida all'architettura moderna, Bologna 1988

Raja R., Lighting Design, Intervista a V. Viganò, Bologna 1990, giugno-luglio

Mantero E., L'Arca, Una linea costante e antica, Bologna 1991, n. 48, aprile

Polano S., Guida all'architettura italiana del Novecento, Milano 1991

Viganò V., A come Architettura. Vittoriano Viganò, Milano 1992

Viganò V., Vittoriano Viganò: una ricerca e un segno in architettura, Milano 1994

Stocchi A., Vittoriano Viganò. Etica brutalista, Torino 1999

Gramigna G./ Mazza S., Milano. Un secolo di architettura milanese dal Cordusio alla Bicocca, Milano 2001, p. 456

La Pietra U., Gian Carlo Malchiodi Architetto, Milano 2007, pp. 132-133

Piva A./ Cao E., Vittoriano Viganò: A come Asimmetria, Roma 2008

Credits

Compilatore: Suriano, Stefano (2017)
Responsabile scientifico testi: Costa, Andrea