Bastogi spa [numero REA: 153093 Mi] (1862 -)

Altre denominazioni:
Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali

Sede: Torino

Tipologia ente: ente economico/impresa

Progetto: Centro per la cultura d'impresa: censimento descrittivo degli archivi d'impresa della Lombardia

Numero REA: 153093 Mi

Ragione sociale/forma giuridica/capitale sociale e settore di attività iniziali:
Societa Italiana per le Strade Ferrate Meridionali - societa anonima per azioni - L. 100.000.000 - 60.10; 65.23

Ragione sociale/forma giuridica/capitale sociale e settore di attività finali:
Bastogi spa - societa per azioni - L. 236.757.000.200 - 65.23; 63.12

Profilo storico
Costituita il 18 settembre 1862 a Torino, la Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali nacque con lo scopo di sfruttare la concessione per la costruzione e l'esercizio di linee ferroviarie nell'Italia meridionale, che Piero Bastogi era riuscito ad ottenere dal Parlamento per conto di un gruppo di capitalisti, "tutti italiani", pronti a versare 100 milioni di lire di capitale. Nel 1871, portato a 130 milioni di lire il valore nominale delle azioni, la società ottenne la convenzione anche per le ferrovie calabro-sicule e, superato lo scoglio di un primo tentativo di nazionalizzazione delle linee, fu in grado di distribuire per la prima volta una dividendo nel 1883. Con la ristrutturazione del sistema ferroviario del 1885, le Meridionali ebbero in gestione la Rete Adriatica, ma persero il controllo di alcune linee già costruite. In tale occasione l'assemblea degli azionisti decise di costituire in gestione indipendente dall'esercizio ferroviario una quota rilevante di capitali, accumulati sotto forma di utili non distribuiti e come riserva statutaria. Da questo momento l'attività della società risulto sdoppiata: da un parte, l'attività ferroviaria e, dall'altra, l'amministrazione di un patrimonio svincolato da investimenti prefissati; nel maggio 1888 il capitale venne poi aumentato a 240 milioni. L'anno di svolta per le Meridionali fu pero il 1906, quando lo Stato procedette al riscatto delle linee ferroviarie dalle società che le avevano in gestione. Le Meridionali infatti a fronte di un indennizzo pari a 60 annualità di 43 milioni, dovettero abbandonare l'attività per cui erano state create, e si dedicarono cosi a massicci investimenti nel settore elettrico, in imprese di costruzione e immobiliari come pure in obbligazioni e titoli di Stato nazionali ed esteri.

Fu del resto la nascente industria elettrica ad attrarre principalmente le attenzioni degli amministratori: nel 1915 la società era ormai in possesso di pacchetti azionari di 16 imprese del settore per circa 28 milioni di lire, su un capitale delle stesse di 180 (tra queste la Sade, la Ligure-Toscana, la Sme, le Imprese Elettriche Conti, la Maira, la Cellina, la Seso (poi Sges), e la Società Generale Elettrica dell'Adamello). Dopo aver posto rimedio, non senza difficoltà e dovendo far ricorso all'aiuto dello Stato, agli scompensi connessi alla congiuntura finanziaria del primo dopoguerra, nel 1926, sotto la presidenza di Alberto Beneduce, la società riprese a sviluppare la propria attività. Assorbita dall'Iri dopo la grande crisi del 1929, essa appariva però, gia nel 1935, in via di risanamento; riprivatizzata, aumento il suo capitale a 340 milioni nel 1937. Terminata la fase costitutiva dell'industria elettrica, durante la quale aveva svolto un ruolo di promozione e di investimento di capitali, la più vecchia finanziaria italiana si avviava ad esercitare una peculiare funzione istituzionale nel panorama industriale del dopoguerra e degli anni cinquanta. Con un capitale portato ad oltre 15 miliardi nel 1950 e triplicato nel giro di un decennio, partecipazioni in portafoglio per 59 miliardi nel 1960 e un consiglio di amministrazione comprendente i rappresentanti dei maggiori gruppi industriali del Paese, le Meridionali era diventate una sorta di stanza di compensazione degli interessi e dei contrasti finanziari e la sede riservata dove l'establishment poteva custodire le partecipazione incrociate dei maggiori gruppi.

A partire però dal 1962, con la nazionalizzazione dell'energia elettrica, quella che era oramai nota come la Bastogi, assistette al progressivo depotenziarsi delle sue prerogative e si limito sempre più a gestire partecipazioni azionarie senza alcun potere di comando e di iniziativa. Gli importanti pacchetti azionari in possesso della società (Montedison, Italcementi) attirarono pero l'attenzione di vari gruppi finanziari, tra i quali quello capeggiato da Michele Sindona, che nel 1971 promosse, senza successo, una delle prime offerte pubbliche d'acquisto verificatesi in Italia. Nel 1972 la società deliberò la fusione per incorporazione dell'Italpi, della Sges e della Ses, trasferendo la sede legale a Roma e assumendo la denominazione di Bastogi Finanziaria; con tale operazione le principali interessenze nella società - diventata nel 1978 Bastogi IRBS, a seguito dell'incorporazione dell'Istituto Romano Beni Stabili - furono assunte dal gruppo Pesenti, che nel 1986 le ha cedute alla Società dell'Acqua Pia Antica Marcia del gruppo Romagnoli. Dal 1990 il controllo della Bastogi, che ha assunto la ragione sociale corrente (vale a dire il solo cognome dell'antico fondatore) e trasferito la sede legale a Milano nel 1987, e nel portafoglio del gruppo milanese Cabassi attraverso la società Monorom B.V.

Nel 1994 la Bastogi ha acquisito il 50,03% di Brioschi finanziaria e l'83,3% di Frigoriferi milanesi e negli anni successivi, nell'ambito della razionalizzazione dell'assetto del gruppo di controllo, molte sue subholding sono state abolite e la struttura siocietaria e stata molto semplificata. Attualmente la Bastogi svolge un ruolo di holding.

Bibliografia: G. Capodaglio, Storia di un investimento di capitale. La Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali (1862-1937), Milano, 1939; G. Piluso, Lo speculatore, i banchieri e lo Stato. La Bastogi da Max Bondi ad Alberto Benduce (1918-1933), in Annali di storia dell'impresa , VII (1991); G. Piluso, Un centauro metà pubblico metà privato. La Bastogi da Alberto Beneduce a Mediobanca (1926-1696), in Annali della Fondazione Einaudi , 26 (1992).

Data aggiornamento: 10/01/2000
Autore della scheda: Giuseppe De Luca