Testori Giovanni (Novate Milanese 1923 maggio 12 - Milano 1993 marzo 16)

Progetto: Università degli Studi di Pavia: archivi letterari lombardi del Novecento - ArchiLett900

Professione: poeta, prosatore, drammaturgo, pittore, critico d'arte, giornalista, regista teatrale

Nasce il 12 maggio del 1923 a Novate Milanese da Edoardo e Lina Paracchi, terzo di sei fratelli. I genitori, entrambi brianzoli (di Sormano lui, di Lasnigo lei), si erano conosciuti a Novate, dove Edoardo aveva avviato, con il fratello, una filanda poi ingrandita in stabilimento. Specie durante le vacanze estive Giovanni, con la madre e i fratelli, passa lunghi periodi in Brianza, che sarà uno dei luoghi fondamentali della sua vita, e cui dedicherà studi appassionati. Compiuto il ciclo elementare e dopo un anno di scuole medie a Novate, nel 1934 viene mandato a Milano, al Collegio Arcivescovile S. Carlo; ottenuta la licenza media, frequenta per un anno l'istituto tecnico commerciale, con esiti deludenti, prima di iscriversi al liceo classico, presso il medesimo istituto ecclesiastico. Già negli anni di scuola comincia a dipingere e nel 1939 pubblica, sulla rivista "Domus" diretta da Gio Ponti, un articolo su una mostra di Caravaggio. Nel 1941, contro il parere del padre che vorrebbe affidargli l'impresa tessile, si iscrive alla facoltà di Architettura, che però segue svogliatamente. Studia invece l'arte moderna, si occupa di poesia, e collabora, firmandosi Gianni Testori, con diverse riviste dei Giovani Universitari Fascisti (GUF), tra le quali "Via Consolare", con le sodali Edizioni di pattuglia, a Forlì (oltre che scritti d'arte vi pubblicherà nel 1942 le sue prime prove drammaturgiche, La morte e Un quadro), "Architrave" (su cui scrivevano anche Gaetano Arcangeli, Renzo Renzi, Pier Paolo Pasolini, Enzo Paci, Libero Bigiaretti) a Bologna, "Rivoluzione" a Firenze, "Posizione" (che pubblicava in quegli anni Del Buono, Morovich, Lattuada, Bartolini, De Pisis, Strelher) a Novara. Su quest'ultima rivista, nel numero 7 del 10 febbraio 1943, esce il suo primo racconto, Morte di Andrea; nello stesso anno escono in volume i suoi Manzù. Erbe per le Edizioni di Pattuglia e Henri Matisse per l'editore milanese Görlich. Sempre nel 1943, in gennaio, si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cattolica. Fino alla fine della Guerra è sfollato con la famiglia a Sormano, nella grande casa paterna; qui continua a dedicarsi alla pittura e al teatro. Scrive i tre atti di Cristo e la donna, che dopo la Guerra gli faranno vincere il concorso di poesia "Paraggi". Nel 1945 ricomincia a frequentare l'Università e risiede in un abbaino in via Santa Marta (procuratogli da David Maria Turoldo) che gli fa anche da studio. Il suo poemetto Il coro della sera è ospitato su "Politecnico". Avvia un'assidua collaborazione con alcune piccole riviste degli artisti milanesi, come "Argine Numero" e "Numero-Pittura", pubblicandovi articoli di teoria dell'arte che si discostavano molto dalle posizioni allora maggioritarie di "Corrente"; nel marzo del 1946 è tra i firmatari, con tra gli altri Giuseppe Ajmone, Egidio Bonfante, Ennio Morlotti ed Emilio Vedova, del manifesto Oltre Guernica, (più noto come Manifesto del realismo) pubblicato sul secondo fascicolo di "Argine Numero"; nel 1947 interviene su "Numero-Pittura" rispondendo a Guttuso, a proposito di Picasso e la sinistra, con una lettera di civile ma ferma polemica. Nello stesso anno si laurea in Lettere con una tesi sull'estetica del surrealismo che era stata in un primo momento respinta dalla commissione, e avallata solo dopo l'eliminazione delle pagine in odore di modernismo. Trova i primi sostenitori importanti in Carlo Bo e Mario Apollonio. Nel 1948 va in scena al Teatro della Basilica di Milano con la regia di Enrico D'Alessandro la sua Caterina di Dio, il cui testo è ora perduto, interpretata da Franca Norsa (che poi si farà chiamare Franca Valeri). Lavora ai bozzetti degli affreschi per le vele della chiesa di San Carlo in corso Vittorio Emanuele, un ciclo sui quattro evangelisti commissionatogli da padre Camillo De Piaz, che una volta realizzati non piacciono ai padri Serviti; nel 1949 Testori li distrugge coprendoli con un'imbiancatura. Distrugge anche quasi tutti i quadri dipinti fino ad allora. Continua a scrivere per il teatro: Tentazione nel convento, mai rappresentato e letto in pubblico solo dopo la morte dell'autore, e Le Lombarde, che esordisce al teatro Verdi di Padova il 1 marzo 1950, con la Compagnia del Teatro dell'Università e la regia di Gianfranco de Bosio. Nel 1951, in occasione di una mostra milanese su Caravaggio, incontra Roberto Longhi, che considera un maestro e che diventerà un caro amico, e comincia a collaborare con "Paragone", la prestigiosa rivista di arte e letteratura diretta dallo stesso Longhi, pubblicando sul numero 27 del 1952 il saggio Su Francesco Del Cairo, lavoro molto originale e controverso che suscita imbarazzi e scontenti tra i lettori. Sulle pagine di "Paragone" si occuperà soprattutto di pittori italiani (e specie lombardi) cinque-secenteschi (tra i quali Ceresa, Tanzio da Varallo, Correggio), ma anche di Manet e Géricault. Cura personalmente o collabora con saggi in catalogo all'organizzazione di numerose mostre: nel 1953 I pittori della realtà in Lombardia, al Palazzo Reale di Milano; nel 1955 la Mostra del manierismo piemontese e lombardo del Seicento, esposta a Torino e Ivrea; nel 1956 la mostra su Gaudenzio Ferrari a Vercelli, nel 1959-1960 quella su Tanzio da Varallo, ancora a Torino. Nel 1957 pubblica, prima su "Paragone" e poi in Morlotti, il primo dei "Quaderni d'arte" del Centro culturale Olivetti di Ivrea, curato da Vanni Scheiwiller, il saggio Realtà e pittura, dedicato appunto a Ennio Morlotti, di cui è molto amico e che in quel periodo frequenta assiduamente (per una bibliografia accurata della produzione di Testori critico d'arte si vedano i due volumi Invito alla lettura di Testori, a c. di Annamaria Cascetta, Milano, Mursia, 1983 e 1995; per altri ragguagli bibliografici cfr. G. Testori, Opere 1943-1961, introduzione di G. Raboni, a c. di F. Panzeri, Milano, Bompiani, 1996). Nel 1954 pubblica la prima opera narrativa, il racconto lungo Il dio di Roserio, (scritta tra il '51 e il '52) per l'editore Einaudi, nella collana "I Gettoni" diretta da Vittorini. Nelle sue intenzioni questo doveva essere il primo di circa dieci Racconti milanesi, ma i materiali successivamente proposti all'editore lasciano perplessi Calvino e lo stesso Vittorini, tanto da fargli cercare una nuova sede. Nel luglio 1958, nella "Biblioteca di letteratura" diretta da Bassani per Feltrinelli, i racconti escono col titolo Il ponte della Ghisolfa, che, candidato al Premio Strega nel 1959, viene scartato alla penultima votazione (vincerà però il Premio Senigallia); nel giugno dello stesso anno viene dato alle stampe, ancora da Feltrinelli, La Gilda del Mac Mahon. Entrambi i libri, tasselli di un ciclo intitolato I misteri di Milano, riscuotono un buon successo di pubblico e suscitano l'interesse di registi cinematografici: Rocco e i suoi fratelli di Visconti (1960) è ispirato al Ponte della Ghisolfa (e Testori potrà controllare e rivedere i dialoghi milanesi); Renato Castellani compra il soggetto della Gilda del Mac Mahon e progetta di farne un film con Sophia Loren. Conosce il giovane parigino Alain Toubas, e inizia con lui una fitta corrispondenza: sarà uno dei legami sentimentali più importanti della sua vita. Nel 1960 pubblica lo studio Gaudenzio Ferrari alle porte di Varallo presso l'editore milanese Pizzi; il 17 marzo dello stesso anno va in scena al Piccolo Teatro, con regia di Mario Missiroli e protagonista Franca Valeri, La Maria Brasca, testo pubblicato poi da Feltrinelli. Mentre lavora, con Luchino Visconti e la Compagnia Morelli-Stoppa, alla nuova pièce teatrale L'Arialda, la censura preventiva vieta la rappresentazione di alcune scene; dopo averle fatte pubblicare sul "Contemporaneo", ponendo all'attenzione il problema censorio, gli attori e il regista leggono il copione ai critici teatrali riuniti all'Eliseo di Roma, dove lo spettacolo debutterà il 22 dicembre. Nel febbraio del 1961 L'Arialda, approdata al Teatro Nuovo di Milano, viene tolta dal cartellone dopo una sola recita, su ordine del procuratore Spagnulo, per oscenità; Testori e Feltrinelli vengono denunciati per oltraggio al pudore (verranno assolti nel 1964). In marzo pubblica il suo primo romanzo Il Fabbricone, scritto nel 1959, che nonostante le riserve della critica registra vendite molto buone; il libro chiude i Misteri di Milano, dato che l'autore non scriverà i rimanenti volumi progettati e anzi si allontanerà sempre di più dalla scrittura romanzesca (scriverà solo un altro romanzo pubblicato postumo nel 1995 da Longanesi, Nebbia al Giambellino). Nel 1962 entra nella redazione di "Paragone", che avvia una nuova serie pubblicata da Rizzoli; si occuperà, oltre che dei suoi autori consueti (nel 1965 raccoglierà tutti gli studi su Gaudenzio Ferrari in Il gran teatro montano, presso Feltrinelli), anche di pittori contemporanei italiani e stranieri (fra i quali i parigini di "La Ruche", Gruber, Francese, Ferroni, Guerreschi, Ceruti), organizzando personali e scrivendo saggi. Lascia la casa dei genitori a Novate e si trasferisce, assieme ad Alain, in piazza Maria Adelaide, a Milano. Da tempo appassionato di Géricault, diventa collezionista delle sue opere, e visita la Francia in lungo e in largo, sempre con Alain, per recuperare nuove tele. Tra 1l 1963 e il 1964 scrive I Trionfi, un poema dedicato all'amato, che pubblica da Feltrinelli nel 1965, nell'indifferenza se non ostilità della critica (pare che Montale abbia posto il veto all'uscita, sul "Corriere della sera", di una recensione); altre opere poetiche variamente ispirate alla figura di Alain saranno Crocifissione, uscita per Scheiwiller nel 1966 (era in origine una suite per Francis Bacon, dicitura che rimarrà come sottotitolo), L'amore del 1968 e Per sempre del 1970, entrambe per Feltrinelli. Ancora nel 1965 scrive Il "Memoriale" e l'"Esterminio", prefazione al Memoriale di San Carlo Borromeo, illustrato con opere di Tanzio da Varallo e pubblicato dall'editore Giordano nel 1966. Nel 1967 cura la mostra su Francis Gruber alla Galleria Galatea di Torino, avviando una lunga collaborazione con i gestori dello spazio espositivo che, negli anni a venire, ospiterà artisti spesso ignoti in Italia; lavora anche con la galleria Il Gabbiano di Roma (guidata da Sandro Manzo), e con la Galleria del Levante di Emilio Bertonati. Fin dal 1964 si dedica ad un'opera teatrale sulla monaca di Monza, in stretto contatto con Sergio Ferrero, suo amico e lettore di fiducia; nel novembre del 1967 il testo, con regia di Visconti e protagonista Lilla Brignone, e dopo una serie di modifiche al copione fatte dal regista, debutta al Quirino di Roma, destando la perplessità di critici come De Monticelli e Flaiano. L'amicizia con Visconti si interrompe per un litigio. Nel 1968 pubblica su "Paragone" l'importante saggio Il ventre del teatro, e l'anno successivo, per Feltrinelli, la pièce teatrale Erodiade, scritta tra il 1967 e 1968 e mai andata in scena nonostante fosse rimasta in cartellone per due stagioni al Piccolo di Milano (la protagonista doveva essere Valentina Cortesi; il testo debutterà, in una seconda versione, solo nel 1984). Realizza anche disegni e acquarelli sul tema della testa del Battista. Tra 1969 e 1970 attraversa un forte esaurimento nervoso, che supera anche attraverso una furiosa pratica del disegno, condotta a ritmi frenetici. Riprende a dipingere con continuità, con un ciclo di Pugilatori, su tele enormi, e una serie di nature morte, portati a termine nel suo studio di via Brera; nel 1971 espone i suoi disegni alla Galleria Galatea. Simpatizza con la causa degli anarchici, che sostiene anche economicamente affittando loro un appartamento in via Teuliè, dove egli stesso si reca sovente; in questi anni fa amicizia con il cantautore francese Leo Ferrè. Riprende anche a lavorare per il cinema, sceneggiando Bubù, di Mauro Bolognini, con Massimo Ranieri e Ottavia Piccolo, tratto dal romanzo di Charles-Louis Philippe; scrive la sceneggiatura per un Amleto e un soggetto intitolato L'altra stagione, e tra il 1973 e il 1974 pensa di usare L'Arialda per farne un film (farà un altro tentativo nel 1976): nessuno di questi progetti verrà portato a compimento. Nel 1972 pubblica L'Ambleto, primo suo titolo per il nuovo editore Rizzoli, e tassello iniziale della Trilogia degli Scarrozzanti completata da Macbetto (1974) e Edipus (1977). I lavori vanno in scena al Salone Pier Lombardo di Milano, inaugurato il 16 gennaio 1973 proprio con Ambleto, protagonista Franco Parenti con la regia di Andrée Ruth Shammah (se ne avrà anche una versione televisiva per Raitre nel 1981): la collaborazione fra Testori e la Compagnia Franco Parenti sarà molto lunga. Ancora nel 1973 pubblica Nel tuo sangue, che gli fa vincere il premio internazionale di poesia Etna-Taormina (la giuria era presieduta da Enrico Falqui); vince anche il premio Saint Vincent. Fa uscire in edizione fuori commercio la raccolta di poesie Alain, con incisioni di Paolo Vallorz. Nel 1974 Rizzoli pubblica il suo nuovo romanzo La Cattedrale; alla Galleria Alexandre Jolas di Milano è allestita un'esposizione di suoi quadri, presentati in catalogo da Pietro Citati. Nel 1975 pubblica il romanzo Passio Laetitiae et Felicitatis; e nell'edizione Bur delle rime michelangiolesche compare il suo saggio Un uomo in una donna, anzi uno Dio; espone i suoi disegni alla Galleria del Naviglio di Milano, presentato da Cesare Garboli. L'anno successivo avvia una collaborazione con Roberto Montagnoli della bresciana Grafo edizioni, pubblicando il libro d'arte Beniamino Simoni a Cerveno (con la Grafo farà uscire ancora, nel 1978, il volume Moroni in Val Seriana). Organizza alla Rotonda della Besana, a Milano, la mostra su Willy Varlin, che è anche un suo caro amico. Nel luglio 1977 muore sua madre Lina Paracchi. Dopo che un suo intervento sul "Corriere della sera", uscito il 4 settembre con il titolo La cultura marxista non ha il suo latino, ha destato furibonde polemiche, e un dibattito cui partecipano molti importanti intellettuali, nel 1978 viene chiamato dal nuovo direttore a scrivere in prima pagina, prendendo in parte il posto che era stato di Pasolini; dal mese di dicembre dirige anche la pagina domenicale dedicata all'arte. Scrive una Conversazione con la morte per l'attore Renzo Ricci, che muore prima di poter andare in scena; è allora lui stesso a leggere l'opera, il 1 novembre al salone Pier Lombardo, come prima iniziativa del giovane gruppo teatrale la Confraternita, e poi in tournée in teatri e chiese di tutta Italia. Nel 1979 una già avviata collaborazione col settimanale ciellino "Il Sabato", dove pubblica articoli su temi etici, interviste e conversazioni (alcuni di questi scritti, assieme a quelli usciti sul "Corriere", saranno raccolti da Rizzoli col titolo La Maestà della vita). Il 29 ottobre, nella chiesa milanese di santo Stefano, viene rappresentato dai giovani della Compagnia dell'arca il suo Interrogatorio a Maria, che l'anno seguente, a Castel Gandolfo, avrà come spettatore Giovanni Paolo II. Nel 1980 assume la direzione, nella Bur, dei "Libri della speranza", che inaugura con Il senso della nascita, un colloquio con don Giussani; cura inoltre la mostra I disegni di Roberto Longhi per la Compagnia del Disegno di Milano, con un saggio in catalogo con cui si dichiara "allievo ancor oggi" del grande critico dell'arte. Pubblica Itinerario di Federica Galli, in occasione della mostra allestita alla Compagnia del disegno. Durante gli anni Ottanta continuerà ad occuparsi d'arte, scrivendo e curando mostre di artisti già consacrati (Graham Sutherland, Guttuso, Morlotti, Mario Sironi) oppure emergenti, italiani e non (fra gli altri Mintchine, Eugène Bloch, Kei Mitsuuchi, Klaus Karl Mehrkens, Rainer Fetting, Günter Damisch, Enzo Cucchi, Aurelio Bertoni, Luca Crocicchi, Fausto Faini, Giovanni Frangi, Velasco Vitali). Nel 1981 pubblica il monologo Factum est, portato in scena alla Chiesa del Carmine di Firenze il 10 maggio, protagonista Andrea Soffiantini con la regia di Emanuele Banterle, e, fuori commercio per le edizioni della Compagnia del Disegno, le poesie L'Aquila di Makana, con un'acquaforte di Giovanni Frangi. Nel 1983, il 12 aprile, va in scena al Teatro di Porta Romana Post-Hamlet pubblicato lo stesso anno da Rizzoli; Testori costituisce a Milano la compagnia del Teatro degli Incamminati, insieme a Emanuele Banterle, da anni suo regista di fiducia, e Riccardo Bonacina; del 1984 sono I Promessi sposi alla prova (pubblicato dal suo nuovo editore Mondadori, che lascerà nel 1990 per Longanesi), rappresentato ancora al Pier Lombardo dalla Compagnia Franco Parenti. Nel 1985 dà alle stampe Confiteor, prima parte di una trilogia teatrale pensata per l'attore Franco Branciaroli (e per questo rinominata Branciatrilogia), completata da In exitu (che, pubblicato nel 1988 come romanzo, quello stesso anno fu però eseguito, per una sola volta, nel suo scenario naturale, la Stazione Centrale di Milano) e da Verbò nel 1989; a questa prima seguirà una seconda Branciatrilogia, composta da Sfaust (1990), sdisorè (1991) e Regredior, testo non ancora edito. Sarà lo stesso Testori, in qualche caso coadiuvato da Emanuele Banterle, a curare la regia degli spettacoli; si assegnerà inoltre il ruolo di coprotagonista in Verbò, in scena al Piccolo di Milano realizzato dalla Compagnia degli Incamminati. Riceve il premio "Renato Sironi - una vita per il teatro". Nel 1986 esce la raccolta poetica Diadèmata, e fuori commercio per l'editore veneto Carlo Monzino i testi, ancora poetici, di Crux, con dipinti di Arnulf Rainer. Nel 1987 firma con Banterle regia, scene e costumi del Filippo alfieriano, presentato al salone Pier Lombardo, con Franco Parenti e Lucilla Morlacchi; l'anno dopo toccherà all'Oreste, per il Teatro Popolare di Roma, con Adriana innocenti e Piero Nuti. Nel 1989 vince il premio Pandolfo con la raccolta et nihil, scritta tra 1985 e 1986, pubblicata dalle edizioni del premio con pastelli di Giovanni Frangi. Si occupa intensamente di Courbet, in cui vede l'antesignano dell'informale, curandone una mostra torinese. Nel 1990 è ricoverato al San Raffaele di Milano per combattere un tumore; nonostante la gravità della malattia continua a scrivere, ultimando la Traduzione della prima lettera ai Corinti, pubblicata da Longanesi nel 1991. Dopo il primo ricovero, alterna periodi di riposo in Brianza o a Varese alle cure presso l'ospedale. Nel 1992 pubblica il romanzo Gli angeli dello sterminio e, in clinica, scrive Tre Lai (Cleopatràs, Erodiàs, Mater Strangosciàs), pubblicati postumi nel 1994. In luglio incontra all'hotel Palace di Varese lo scrittore Luca Doninelli per una serie di conversazioni, uscite da Guanda nel 1993. Muore all'ospedale San Raffaele il 16 marzo del 1993.

Compilatori
Francucci Federico