Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte estiva 1619 1 3 6 luglio 1619; 5 gennaio 1620

Persone
Bernardino Zini di Livigno
Procedimento giudiziario
Gli anziani d'uomini di Livigno contro (?) Bernardino Zini e Gottardo figlio di Plasotto di Gottardo, per una rissa (1 luglio 1619 - 5 gennaio 1620; 5 gennaio 1620)

Gli anziani d'uomini di Livigno presentano al consiglio una lettera, dove denunciano una rissa avvenuta tra Bernardino Zini e Gottardo figlio di Plasotto di Gottardo, entrambi di Livigno.

Gottardo, nel corso di una trattativa tra i vicini di Federia e alcuni pecorai forestieri sull'opportunità di affittare a questi ultimi certi pascoli e baite, ha percosso con un pugno Bernardino, oltre ad averlo ingiuriato dicendogli, tra il resto, di essere uno stregone.

Gottardo viene condannato al pagamento di 15 lire imperiali.

1619. Die jovis primo mensis julii.

Magnifico domino pretori Burmii, domino Cristell Fluri de Jenacio et dominis Joanne Baptiste de Folianis et Joanni Baptiste Imeldo, offitialibus maioribus Burmii, parte antianorum hominum Vicinie de Livigno, Communis Burmii, presentate fuere littere tenoris quod …

[…] Item sicuti sequta fuit alia rixa inter Bernardinum quondam Matheii del Zino (1) parte una, et Gotardum, filium Plasotti (2) Gottardi, similiter de Livigno, verbis et factis. Et qui fideiusserunt in forma etc. videlicet: pro Bernardino fideiussor se constituit Jacobus filius alterius Jacobi Valesini et pro Gotardo, fideiussor extitit Vivianus filius Joannis de Gotardo de Livigno suprascripto, obligando in forma etc, de manutenendo pacem etc. ac solvendi si erraverint etc. Et de quibus litteris apparet sub die 29 mensis junii 1619, scriptis a reverendo patre Gaudentio Sanguinella curato in Livigno.

Die sabbati 3 mensis julii.

Coram prefatis magnifico domino pretore et offitiali Imeldo ac domino Antonio Zazio, locumtenenti domini Joannis Baptiste Foliani, offitialis in Thermis existentis, comparuit suprascriptus Bernardinus quondam Matheii del Zino de Livigno ex rixantibus suprascriptis contra suprascriptum Gotardum se conquerendo in hunc sequitur modum, videlicet: Saranno di già quattro over cinque giorni che, ritrovandomi nelle parti di Livigno, nel Dosso di Borazzio, (3) apresso la theya dil detto Bernardino, et vi era il detto Gotardo, Francesco di Gioan de Gotardo, germano dil detto Gotardo suo padre, et Beth di Giuliano di Betho; raggionando di voler far una cassina (4) alli pecorarii di Fedaria (5) per poter ivi stanziare per far un grasso (6) alli vicini, detto Gotardo disse: Che la casa sia fatta come si voglia, che quando li pecorarii saranno andati via, la voglio distruere talmente che mai più habbino a venir habitare in questo loco! (7) Io risposi: Se un altro anno li pecorarii voranno havere la mia theya, me accontento dargliela, se cossì voranno quei che affittano. Gotardo sudetto mi venne contra e mi dete d'un pugno alla testa, poi con parole iniuriose me disse che io fosse un ladro, sassino, morder, strione et tetta vache. (8) Alle qual parole fui sforsato, vedendomi iniuriare a quel modo, farlo mentir per la gola, che mai fosse homo di tal sorte. Alle quali parole furono presenti, nel principio, cioè detti pecorarii, uno per nome Alesandro et l'altro Giuliano, [che] habitano in Fedaria. Et vi era ancora Giacomo del Castello di Livigno, uno de giuratori (9) della Raggione, al qual se aspettava di far sicurar le parti, ma si partirno, che poi non sentirno le parole, ma ben son stati alle prime parole et quando mi dette di pugni. Alle altre parole iniuriose furono poi presenti li sudetti, cioè Beth di Giulian di Beth et sudetto Francescho figliolo di Gioan de Gotardo et suo padre. Altri non vi erano, perché erano là su sotto il boscho, come ho detto.

Et hoc est. Dicens: Se son tale come esso mi ha improperato, sia fatto raggione, s'altrimenti, come credo d'esser homo da bene, sia castigato chi mal parla. Et qui affirmavit securitatem datam per modum ut supra.

Die martis 6 mensis julii.

Coram magnifico domino pretore ac domino offitiale Imeldo ac domino Antonio Zazio, locumtenente domini Joannis Baptiste Foliani absentis, per Joannem Valesinum servitorem publicum Communis citatus fuit antescriptus Gotardus filius Plasotti Gotardi de Livigno, qui ratificavit fideiussorem per eum in manibus antianorum hominum de Livigno prestitam, de qua supra. Et super querela contra eum data per Bernardinum quondam Matheii del Zino de Livigno suprascripto, dixit: La verità è che habbiamo insieme havuto contrasto per causa di una cassina de pecorarii et per causa ch'esso Bernardino disse che voleva affitare (a) dil comunale vicino a nostri prati per far grassi li suoi prati. Mi li dissi che questo non si doveva fare per il bisogno ch'havemo di pascoli. Et esso, rispondendomi che, volendo io o non volendo, et al mio dispetto, che l'haveria fatto. Io alhora, mosso di colera, gli risposi che né lui, né la stria che l'haveva fatto non farian mai tal cosa, né sarai di tanto di farlo. Et è vero che li voleva dar d'un pugno, ma fui tratenuto da Giacomo del Castello, come giurador della Raggione, che non lo arivai. Né altre parole ingiuriose, che io sappi, gli ho detto. Et se habbiamo contrastato insieme, habbiamo ancora fatto la pace. Né altro, che più che dire fra di noi.

Et hoc est.

Eodem die.

Coram ut supra, citatus fuit per dictum servitorem Jacobus quondam Joannis Roncelli, dicti Castelan (10) de Livigno, testis in dicta contentione sequta inter Bernardinum Mathii del Zino et Gotardum Plasotti de Livigno, suprascripto.

Qui interrogatus etc.

R. Se ritrovassemo da compagnia, cioè detti duoi contrastanti, li duoi pecorarii di Fedaria nominati et io, con un altro putto per nome Francesco di Gioan de Gotardo et Beth di Giuliano di Beth, nelle parti di Fedaria, sopra le teggia (11) dil detto Bernardino. E parlando di voler far una casina alli pecorarii, detto Bernardino disse: Potressemo anche sparmir (12) di farli questa casina, che mi li darò la mia teggia, se così vorano. Rispose al detto Bernardino dicendoli: Né ti, né chi fa per ti menaranno mai qui pecorarii! Dicendoli: Figliuolo di una stria! Di più alzò un pugno per volerli dar al detto Bernardino, ma io non lassai, dicendo che come per il giuramento ch'io haveva, che li haveria fatto dar sigurtà. Se aquetorno poi, né altro occorse alla mia presentia. E raggionando poi d'altro, io andai via con li pecorarii.

I. se ha sentito a dirli altre ingiurie al detto Bernardino, overo Bernardino a Gotardo.

R. Signori, non ho sentito altro.

Et hoc est. Et qui juravit etc.

Ad generalia, recte etc.

Eodem die.

Coram ut supra, Bethus Juliani de Beth de Livigno, testis in dicta rixa, interrogatus etc.

R. che contrastando fra loro per causa dilla cassina di pecorarii, Bernardino disse che l'anno seguente el voleva che li pegorarii venissero alla sua teya, se li vicini erano contenti. Et Gotardo, rispondendoli che non saria mai stato homo di farli venire, li disse del ladro, figliolo di una stria, tetozzo, tettavache, oltra che l detto Gotardo si levò per dar di pugni a Bernardino, ma fu tratenuto da Giacom Castelan, come homo della Raggione in Livigno, né ho visto che si siano dato, né ho sentito altro se non che Bernardino rispondeva a Gotardo (b) che l poteva ben esser lui tale, quando lo ingiuriava.

Et hoc est etc.

Ad generalia interrogatus, dixit: La moglie di Bernardino è germana di mio padre. Propterea non ei datus fuit juramentum etc.

Eodem die.

Coram ut supra Franciscus Joannis de Gotardo de Livigno, testis ut ante nominatus, interrogatus etc., respondit in omnibus ut dixit suprascriptus Bethus, et dixit: Gotardo è mio germano per san[guini]tà etc.

Eodem die.

Julianus filius Joannis Francissi de Julianis de Savior, oviarius in monte Fedarie, testis ut ante nominatus et interrogatus.

R. La verità è che fra li detti Gotardo et Bernardino è stato contrasto per causa di una casina ch'è fatta a nostro uso di comissione delli vicini et che il detto Gotardo disse ch'ad ogni modo bisognava che l la buttasse per terra se l doveva condur della legna in fuori. Bernardino rispose: Mi, un altro anno, se i vicini saranno contenti, li affitarò a questi pecorarii la mia teya. Rispose Gotardo che, se tanto poteva, che l non voleva che se affitasse neanche la montagna. Rispose il Ross che l faceva se non zanzie, (13) e Gotardo levò in piedi dicendoli: Son tanto quanto tu et di più de ti, che ti sei un ladro, scelm et strione, over figliolo di una stria! Et levò un pugno per darli, ma non lo arivò, perché Giacom Castelano lo impedì. Né altro seguì, che mi sappi, perché andessemo via.

Et hoc est. Et qui juravit etc.

Eodem die.

Coram ut supra, Alexander quondam Morgante Roda de Grumello, cremonensis. Interrogatus de rixa et contentio sequta inter antescriptos Bernardinum et Gotardum. Respondit in omnibus ut dixit suprascriptus Julianus. Et hoc [est]. Et qui juravit etc.

1620. Die mercurii 5 mensis januarii.

Est facta condemnatio dicto Bernardino de libris 5, solidis - imperialibus, quia mentire fecit Gotardum Plasotti Gotardi de Livigno, et dictus Gotardus in libris 15 imperialibus pro verbis jniuriosis contra dictum Bernardinum prolatis, videlicet: Ladro, strion! Et prout in processu etc., ultra expensas processus et processandi solvendas per dictum Gotardum. Et teneatur redicere aut manutenere secundum Statutum etc.

(a) Segue la parola tare in capo di pagina. Probabilmente si tratta delle due sillabe finali di affitare che il cancelliere presumeva di non avere scritto.

(b) Nell'originale, per errore: Bernardino rispondeva a Bernardino.

(1) Sopravvive a Livigno il cognome Zini, Zinni (Longa 330), ipocoristico di personali del tipo Lorenzino, Vincenzino (cf. SB002).

(2) Ossia Biagio, con suffisso diminutivo -otto.

(3) Il toponimo non sembra più conosciuto. Forse da un soprannome personale derivato dal lomb. boràc' "barilotto" o simili (REW 1224a).

(4) Più sotto anche casina, borm. "cascina sui monti per ricoverarvi il bestiame e i pastori, e dove si fa il cacio e il burro" (Longa 106), in una carta d'Asti dell'anno 895: curtivo cum casina super se habente, com. casina "cascina, stalla" (Monti 43), doc. mil. del sec. XII: mapalia que nostri vocant casinas (REW 1660; VSI 4, 230).

(5) Alpeggio e maggenghi nell'ampia vallata parallela alla valle di Livigno, confinante con l'Engadina. Alla lettera significa "valle delle pecore", da féda "pecora", voce ancora viva a Frontale (Longa 316; cf. SB017).

(6) Borm. gras "terreno fertile, il tratto di prato ingrassato o morbido intorno alla cascina d'alpe" (Longa 83 e 293). Poco sotto: per far grassi li suoi prati, perché i pecorai avrebbero riunito per la notte gli animali nei suoi prati che sarebbero così stati generosamente concimati.

(7) Si trattava in genere di pastori lombardi (quelli in causa sono uno bergamasco di val Saviore, l'altro cremonese di Grumello), detti tesini (cf. SB014 e SB047).

(8) Dial. tetavàca in senso proprio "caprimulgo", trasl. "babbeo, buono a nulla", capace soltanto di succhiare, sinonimo di tetaöbri "succhia mammelle, spoppatello", piatt. "babbeo, buono a nulla" (Longa 258), com. tetavàch "succiacapre, nottolone, Caprimulgus europaeus L." (Monti 327), in un documento mil. del 1164 Rainuntis Ferrarii Tettavacce.

(9) La Ragione di Livigno, che poteva giudicare originariamente (1480) fino a tre lire, era composta da un luogotenente del podestà, detto anche "mistral" e da cinque "giuradori", ossia giudici che venivano eletti ogni anno. Cf. St. Livigno, p.74. Appena sotto: io non lassai, dicendo che come per il giuramento ch'io haveva, che li haveria fatto dar sigurtà.

(10) Soprannome da cui dipende il cognome Castellani, ancora presente a Livigno (Longa 330).

(11) Lo stesso che téa, ant. tèia "malga", più avanti teya (cf. SB017).

(12) Dial. poderésom ànca sc'parmìr "potremmo anche fare a meno di", alla lettera "risparmiare", dal germ. *sparon "risparmiare" (REW 8119).

(13) "Ciance".