Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte estiva 1627 19 21 giugno 17 settembre 1627

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Persone
Antonio di Antonio Trabucchi, detto Cotol
Procedimento giudiziario
Francesco Illini contro Antonio Trabucchi di Semogo e Leonardo Bonizi di Molina, per aggressione (19 giugno - 17 settembre 1627; 14 ottobre 1627)

Francesco Illini querela Antonio Trabucchi detto Cottol (1) di Semogo e Leonardo Bonizi di Molina, i quali nel corso di una lite per certi denari prestati da un loro parente a Venezia, lo hanno minacciato con un coltello e una scure. In un'altra lite nella piazza antistante la chiesa di San Lorenzo sono stati ingiuriati da Francesco, che ha loro detto razza buzzarona, con verosimile riferimento alla mala fama della madre e dei parenti di Antonio, i quali saranno ferocemente perseguiti per stregoneria tre anni più tardi e alla mala fama di Leonardo discendente di Giacomo Bonizi, ingiuriato come appartenente a schiatta di stregoni nel 1485.

1627. Die sabathi 19 mensis junii.

Coram illustribus dominis Philippo Laurentio, locumtenente in criminalibus Burmii, et Joachimo Alberto et Joanne Antonio Zazio, regentibus universitatis Burmii, comparuit Franciscus quondam Christophori Jacobi Vasii Deilini de Molina (2) etc., querelando contra Antonium quondam alterius Antonii del Cottol de Semogo (3) et ser Gervasius quondam Leonardi Bonitii, dictus del Caligario de Molina suprascripta, tenoris sequentis, videlicet: Ritrovandomi già un mese e mezo in circa a Semogo, vennero Christophoro quondam Tonio del Cotol et Antonio suo nipote filius quondam Antoni del Cotol suprascripto, dimandandomi certi dinari a nome de Vasino quondam Balsar de Maiolo. (4) Et io dissi che non haveva che fare con loro. Et essi mi volsero dare con un croz de legname (5) et una sigureta, ma non mi toccorno. Et vi era presente Gioan quondam mastro Gioan Giacom della Motta. Et poi si spartissimo senza far altro. Et hoggi, ritrovandomi essi duoi, Antonio Cotol et Gervasio Bonitii, nel piazzo di San Lorenzo (6) nella Terra di Bormio, me hanno assalito dicendo che cosa haveva che fare con loro. Et io dissi: Statemi lontani, et non fate come questi giorni dentro a Semogo! Et essi hanno cominciato a darme et m'hanno tratto in terra, et poi m'hanno datto d'un bastone et d'un pugnale et m'hanno ferito, come le Vostre Signorie vedono, qual ferita è statta vista con notabil effusione di sangue, et poi m'hanno in terra levato un stile, come di questo son statti presenti Gioan de Flurio Mengheno, Giacom quondam Silvestro del Raisone, ser Franceschino Calderaro, Gioan Bettino Guana et Francesco Toniol detto de Ralon de Platta. (7)

Et super premissis fideiussit in forma [Statuti] de querela manutenenda, de juditio sisti, juri parendo et judicato solvendo, et de manutenendo pacem et treguam cum predictis Antonio Cotol et Gervasio Bonitio. Et ita fideiussor pro eo fuit Vitalis quondam Joannis Sertorelli de Platta, obligando etc.

Die antescripta.

Coram ut ante citati antescripti ser Antonius del Cotol et ser Gervasius Bonitius [comparuerunt] et fideiusserunt in forma de manutenendo pacem et treguam cum antescripto Francisco quondam Christophori Deilini de Molina de juditio sisti, juri parendo et judicato solvendo. Et ita fideiussores fuerunt unus pro alio et alter pro altero, obligando etc.

Et super dicta querela contra eos data per dictum Franciscum, interrogati responderunt unitim: Essendo già tempo stati detto Francesco quondam Christophoro Illino et detto Vasino de Maiol d'accompagnia a camera locante in Venetia in casa de Gottardo Belvas, et dovendo essi lire 40 per uno per l'alloggio a detto ser Gottardo, et essendo detto Francesco partito di Venetia senza dar satisfattione della sua parte, detto Vasino è statto convinto a fare un scritto de tutte le predette lire 80 al detto ser Gottardo. Nella partenza di Semogo quest'autunno prossimo passato lasciò detto Vasino il scritto a Christophoro del Cotol per conseguire d'esso Francesco le dette lire 40. Et già un mese e mezzo, venendo esso Francesco a Semogo con un cavallo, detto Christoforo che squadrava legname disse con esso Antonio suo nipote: Questo è quello che resta le lire 40 a Vasin de Maiolo. Et esso saltò qua dicendo: Che cosa dite voi, razza buzzarona? (8) Et esso bigliò (9) il cavallo dicendo: Se trovaremo fori di qua! Ma loro non li diedero fastidio alla presenza di Gioan quondam mastro Gioan Giacom della Motta. Et è vero che detto Cristophoro haveva un croz di legnamme in mano, et detto Antonio una siguretta che squadrava, ma non occorse altro. Et hoggi, havendo 3 o 4 volte incontrati detti ser Gervasio et Antonio, gl'ha mostrato bruscha chiera, facendo atto di cacciar mano a arme sotto la capa. Però passando verso il piazzo di Santo Lorenzo per andar a casa, esso Antonio s'era smenticato far un servitio con ser Gioan Pietro Fedrico, et ritornando adietro, mentre incontra detto Francesco lo saluta, esso Francesco risponde: Fa' li fatti tuoi, razza buzarona! Et ritornando esso Antonio indietro, venne incontra detto Gervasio dicendo che cosa fosse. Et esso Francesco cacciò mano ad un stilo, et poi dà una spenta al detto ser Gervasio et l'ha gettato a terra contro il muro et appresso un scalino della botegha, dove stanno li figlioli de Fluri, et gl'ha fatto un poco de sangue ad un dito et un braccio, come è visto. Et essendo cascato anco esso Francesco, s'ha rotto la testa per sé. Et così detto ser Antonio gl'ha pigliato il stilo et portato all'Ufficio. Et così siamo dispartiti da molta gente che v'era presente, ma non li conoschevo. Et altro non è occorso.

1627. Die lune 21 mensis junii.

Coram illustrissimis dominis regentibus ut ante, citatus per Antonium Mental servitorem etc., comparuit Joannes Bettinus quondam Bernardi Bethi Guane de Platta testis nominatus, et qui interrogatus super rixa secuta inter Franciscum quondam Christofori Illini de Molina et ser Gervasium Bonitius et Antonium del Cotol de Semogo uti in eorum constitutis, juravit de veritate dicenda et respondit: Ritrovandomi la sera di san Gervasio (10) circa l'hora di vespero nel piazzo di San Lorenzo, sentite il detto ser Gervasio Bonitio che parlava con il detto Francesco Illino dicendo non so che di una siguretta, et che non si procedeva così. Et poi lo spinse alquanto con una mano, et esso di Molina disse: Non mi spengete tanto, perché etc. Et poco dopo vidi che detto ser Gervasio li diede di un pugno, che quasi lo gettò per terra. Et poi si abbraciorno insieme et uno di loro, qual non mi ricordo, cascò sotto l'altro. Et sopragionse il detto Antonio Cotol et diede una bastonata al detto Francesco. Et levati in piedi tutti insieme, viddi detto ser Gervasio caciar mano ad un pugnale et tirar il colpo alla volta della testa di detto Francesco, ma sopragionse tanta gente che non so se lo ferrisse. Ma ben lo viddi dipoi ferrito nella testa. Et furno poi spartiti, et non occorse altro.

Interrogatus se vidde detto Francesco caciar mano ad un stile et dare alli detti Antonio et Gervasio.

R. Io viddi il fodro di un stile che haveva in mano un putto, nel resto non viddi altro.

Et super generalibus interogatus, recte respondit et juramenta omnia premissa sua confirmavit, aggiongendo che vi erano presenti a questo li figlioli più giovine di ser Ludovico Alberti et il padre dil reverendo padre Thomaso Colturo.

Eo die.

Coram ut ante citatus Franciscus Toniolus de Platta dictus Ral, testis nominatus, qui super premissis interogatus, respondit: De propria scientia non ho visto né so niente, se non quanto mi ha detto Gioan Bettino Guana, alla depositione dil qual mi riferischo. Et ita juravit etc.

Eo die.

Coram ut ante citatus comparuit ser Petrus Antonius Albertus, testis nominatus.

Et super premissis interogatus, respondit: Mi ritrovai la sera di san Gervasio circa l'hora di vespero nel piazzo di San Lorenzo, et sentii detto ser Gervasio Bonitio che parlava con il detto Francesco Illino di Molina, trattando non so che di un suo barba. Et poi lo spinse alquanto et esso Francesco disse: Non mi spengete così! Et esso ser Gervasio li diede una pugnata, et poi si abbracciorno insieme. Et esso Antonio del Cotolo diede una bastonata al detto Francesco. Et poco dopo viddi anco detto ser Gervasio che caciò mano ad un pugnale et diede alla volta della testa di detto Francesco, ma alzando io il bastone per trattenire il colpo non pensavo che l'havesse colpito. Ma poi lo viddi insanguinato alla testa. Et inoltre dice haver visto un stilo sfodrato in mano dil detto Antonio Cotol, qual volse dare al detto Francesco con il detto stile, ma non lo toccò. Et non so da chi fusse detto stile. Altro non so.

Et super premissis omnibus juravit et dicendo non esser parente d'alcuno di loro.

Eo die.

Coram ut ante citatus Michael quondam Donati de Plazza, testis nominatus, et ei delato juramento de veritate dicenda, juravit in forma [Statutorum].

Et interogatus, respondit: Mi ritrovai quella sera di san Gervasio nel plazzo di San Lorenzo. Viddi che detto ser Gervasio Bonitio diede d'un pugno al detto Francesco et fu incettore, dicendo prima che cosa havesse che fare con suo barba. Et esso Francesco si fece sotto et abbraciò detto ser Gervasio et lo gettò sotto. Et dopo vidde detto Antonio Cotolo dare una bastonata al detto Francesco et, levato in piedi, viddi detto ser Gervasio caciar mano ad un pugnale, ma non lo vidde far colpo. Et vidde anco detto Francesco dopo caciar mano ad un sasso, et si davono mentita che non fossero boni di pagar debiti l'uno come l'altro, ma non sentì parole ingiuriose né di una parte né di l'altra.

Et ad generalia interogatus, respondit: La moglie di Antonio Cotolo sudetto è figliola di una germana di mia moglie.

1627. Die veneris 17 mensis septembris.

Coram dominis regentibus citatus comparuit Joannes quondam magistri Joannis Jacobi olim Baptiste della Motta, testis nominatus.

Qui super premissis interogatus, respondit: Io fui presente che quelli del Cotol et Francesco quondam Christophoro de Giacom de Vasio contristavano (a) insieme, et Christophoro del Cotol haveva un croz de legname in mano et Antonio Cotol una siguretta, et si volsero dare, ma andai de mezzo et non si derono fastidio. Altro non so.

Et ad generalia interogatus, recte respondit. Et juravit.

(a) Per contrastavano.

(1) Antonio Trabucchi e Gervasio Bonizi non sono imputati di stregoneria, ma sembra chiaro che l'ingiuria "razza buzzerona", epiteto usato assai frequentemente negli alterchi, sia riferita al fatto che la madre fosse ritenuta strega: essa infatti sarà giustiziata per tale reato nel 1630.

(2) L'attuale cognome suona Illini e si trova ramificato specialmente in Valdidentro (Longa). In questa attestazione appare con la preposizione da agglutinata. Più avanti: franciscum quondam Christofori Illini de Molina.

(3) Era figlio di Antonio Trabucchi e Mighina Trameri, il primo assassinato nel 1622 e la seconda giustiziata come strega (cf. anche il processo seguente SB072).

(4) Resta traccia nel toponimo Pramiöl sopra Piatta, nella pronuncia bormina Premaiöl "prato di Maiolo" (Longa 307), anno 1712: stara 5, pertiche -, campo a pra Maiol… boscole e pascoli a pra Maiol (Estimo di Piatta); 1748: campo in tre parti, chiamato a Pramajel (Estimo di Piatta).

(5) Dial. cròc' probabilmente nell'accezione di "uncino ricurvo", cròc' "legno ricurvo o con nodo, con cui si porta a mano un recipiente per il latte", cròc' "coltello a lamina ricurva", crocét, crucét "uncinetto, rampinetto", liv. cròc' "uncinetto", anno 1498: cum levezera [= pentola di pietra ollare] una cum quattuor rampinis seu crocis (perg. ACB; BSAV 1, 91; Longa 117; Monti 60).

(6) La chiesa di San Lorenzo è ora sostituita dall'albergo omonimo.

(7) Poco sotto troviamo: Franciscus Toniolus de Platta dictus Ral. Sopra Piatta ritroviamo un maggengo chiamato Ralón (cf. SB038).

(8) La parola ingiuriosa buzzeron "briccone, furfante" (Longa 42), in origine "bulgaro", usata come sinonimo di "eretico" (LEI 7, 1446 ss.), sembra essere riferita al fatto che le mogli di Cristoforo e Antonio Trabucchi, soprannominati Cottol, erano entrambe considerate streghe e verranno infatti giustiziate nel 1630. Il 21 settembre 1622 venne sostituito da Giacomo Marni di Isolaccia il consigliere Antonio Cottolo. Il giorno seguente il consiglio deliberò la cattura, «per li sospetti che si hanno per la morte di messer Antonio Cottolo di Semogoµ, di Tonio di Balserino de Maiol (Lanfranchi), autore del delitto e di Appollonio, detto il Marenda, complice. Furono banditi il 27 settembre e nell'ottobre furono incarcerati Cristoforo fu Bernardo de Mighina, Balsar de Scalotta e Cristoforo fu Francesco di Lorenzo, ai quali, con partito del 26 ottobre, fu «proferto l'infrascritta imputatione, cioè che qual di loro manifestarà la morte del detto Antonio con le circostanze (il primo cominciando da Cristoforo del Valar, poi di Cristoforo di Bernardo di Mighina, terzo da Balserino di Scalotta, incarcerati) che acetta il partito, mantenendo quanto manifesta, quel tale sia libero della pena della vita». Il 28 gennaio 1623 si inviarono ai giudici della Serenissima Repubblica di Venezia lettere per la cattura e consegna ai magistrati bormini dei due banditi Tonio Maiolo e Appollonio Marenda.

(9) Il verbo bigliàr non è più conosciuto. Corrisponde all'it. abbigliare nel senso specifico di "bardare, porre i finimenti" al cavallo (DEI 1, 5), con normale caduta della a- (Rohlfs 3, 347) come in bonàr "abbonare", bordìr "abordiere", cusàr "denunciare, accusare".

(10) I fatti avvennero il 19 giugno, giorno di festa per tutta la pieve di Bormio in quanto si celebravano i santi patroni Gervasio e Protasio.