Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte invernale 1630-31 13 14 15 18 19 21 22 23 26 29 novembre 2 5 13 30 dicembre 1630

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Persone
Malgherta Pradella di Semogo
Procedimento giudiziario
Inchiesta su Malgherta Pradella di Semogo, per stregoneria (13 novembre - 30 dicembre 1630)

Nell'incartamento che riguarda Malgherta è contenuta la denuncia del curato di Semogo, Sebastiano Raisoni, che racconta di episodi spiacevoli accadutigli dopo aver predicato contro le streghe. Uno di essi è stato il ritrovamento del corpicino di un bimbo mutilo di più parti del corpo.

Denunciata di correità da chi aveva ammesso la pratica della stregoneria, sull'imputata pesava come aggravante il pregiudizio di appartenenza a una famiglia di streghe.

Fu giustiziata il 30 dicembre 1630.

Processus inquisitionis facte contra Malghertam quondam Ioannis de Pradella de Semogo, maleficam denunciatam a Dominica Chierica, malefica convincta prout sequitur.

In magnifico concilio die 7 mensis novembris 1630 fuit interrogata Dominica, uxor relicta quondam Bartholomei Gasparis Pusclavine, malefica inquisita.

Interrogata de consociis.

R. Mi non ho cognosciuto altri che Domenica, moglie di Andrea Morzello.

1630. Die mercurii 13 novembris.

Coram magnifico concilio congregato in loco solito fuit e carceribus educta et constituta Margherita, filia quondam Ioannis de Pradella, uxor Christophori del Ponti de Semogo. Et interrogata se sa per che causa sia fatta prigione.

R. Signor, no. Solo per le cative lingue, quali mi hanno fatto torto.

I. di chi habbi suspetto che sia statta accusata, et perché.

R. Da niun altri che da Vasin Morzello, al quale s'era amalata la moglie, et poi morta. Et lui mi haveva imbutata, ma lodato Dio che quella è statta cognosciuta da medici, che han detto che mi faceva torto.

I. perché non ricorrere dalla Giustitia, essendo statta imbutata.

R. Ricorrevo dal signor curato, quale mi essortava a sopportare questo patientemente per amor di Dio. Una volta cascò Catherina, figliola di Balsar di Nicolò della Barona, in casa nostra giù dal fieno, stando con noi fantesca, et suo padre mi imbutò. Ma Dio lo ha pagato, perché andò fuori per l'aqua et morse, essendo cascato giù da un asce. (1)

I. se, quando fu imbutata dal detto Vasino, lei disse qualche parola per restituirgli la sanità.

R. Signor, no. Anci dissi: Se non basti di quel male, Dio gliene dia dell'altro! Perché mi haveva imbutata.

Addens: Il primo che mi ha imbutata fu il detto Balsar, ma Dio lo ha pagato.

Addens: Antonio Morzello imbutava mio marito.

Et sic fuit dimissa et introducta in carcerem solitum, animo [prosequendi usque ad expeditionem cause].

Die iovis 14 mensis novembris 1630.

Coram illustribus dominis pretore et regentibus in stupha domini Leoprandi, per Petrum del Trameiro citatus comparuit Vasinus, filius quondam Nicolini Morzelli de Semogo.

Qui interrogatus de voce et fama antescripte Malgherte.

R. Non so quasi che dire. Pure l'anno 1623, o 24, havendo io una figliolina in cuna, venne detta Malgherta a casa mia l'inverno qualche volta, la sera. Et una sera lei fasciò la mia figliola. Et d'allhora impoi, mai si sentì più bene, ma cominciò a seccarsi et a piangere con gridi grandi. Io la feci veder da un certo medico di Lovero, quale era a Turriplano, quale, subito vista la figliola, seppe dire tutti li effetti che faceva la figliola. Però (2) mi diede duoi scartozzi di polvere di dargli. Et perché detta Malgherta ancora, in absenza mia, frequentava la casa mia per relatione de miei figlioli, cominciai ad havergli qualche suspetto. Finalmente, essendo un giorno nella stuva che faceva oratione, entrò dentro all'improvisa detta Margherita, et senza dire altro andò alla cuna dove era detta figliola, et gli mise ambidue le mani sotto il piumazzo. (3) Io vedendo questo, stando il suspetto che haveva di lei, gli dissi perché haveva fatto tal atto, et che la tenevo per una strega. Lei rispose che guardasse quello parlavo, et che voleva ricorrere dalla Giustitia. Io gli risposi che dovesse pure andare, che non havevo paura, et l'istesso gli mandai a dire più volte. Et de lì ad otto, o 10 mesi, morse la creatura.

Il suo primo marito chiamato Vitale di Gioan del Sos stette un pezzo amalato, et ho inteso a dire che lui si lamentava di lei dicendo che lei lo haverebbe guarito, se havesse voluto. Et altri vicini ancora ne sospettavano. Et poi morse del detto male.

Saranno tre anni che io havevo una maiala, quale mi andò fuori di casa. Et essendo andato a cercarla, quando fu ridotta a casa, faceva mille stranezze: faceva fosse et cacciava la testa in quelle. La fantesca guardò, et alla fine s'accorse che era faturata. La facessimo segnare, et guarì. Duoi giorni dopo, essendosi ritrovata una mia figliola con la figliola di detta Malgherta, quella disse alla mia: La vostra maiala era venuta cià (4) a casa, et mia madre gli ha datto da bevere.

Una volta havevo una capra, quale essendo statta cacciata su per la contrada al pastore, in un subito si levò in piedi, sopra li piedi di dietro, et besolava (5) tanto forte, che si sentiva per tutto. Poi havendola ridotta a casa, teneva voltata la testa indietro sopra la schena, et tra quattro giorni morse. Io hebbi sospetto in lei, perché mi fu referto che la capra era passata dove era lei.

Catherina di Balsar, quale stava in casa sua per fantesca, cascò giù della dia del fieno (6) et si ruppe un brazzo, che stantò molto tempo a guarire. Et le genti sospettavano che fosse statta faturata da lei.

I. se ha havuto sospetto di lei che havesse faturato sua moglie, et se l'ha imbutata.

R. Signor, ho ben havuto sospetto che sia statta in compagnia d'altre, ma non l'ho imbutata.

I. de voce et fama.

R. Comunemente vien sospettata nella Vicinanza, per essere massime della parentela.

Super generalibus interrogatus, recte respondit.

I. se ha sentito altri lamentarsi.

R. Non mi riccordo.

Eadem die.

Coram ut supra citatus comparuit Antonius quondam alterius Antonii Cottoli.

Et interrogatus.

R. Maria di Lorenzo, socera di detta Malgherta, mi disse più volte: Daché ho questa per mia nora in casa, mi è statto istriato il molino, perché spesse volte si trovava rotto. Et questo me lo diceva, perché andavo su a macinare. Lorenzino Sos, cugnato di detta Malgherta, mi disse una volta: Se io havessi da andare dall'Offitio, gli potrei portare puoco utile a costei. Perché gli haveva visto puochi belli atti.

Dall'istesso Lorenzino et Maria ho inteso come una volta, essendosi risvegliato Christoforo suo marito, non haveva ritrovato la moglie, ma sì bene una scopa nel letto. È vero che Maria mi disse che haveva inteso così, ma che, havendone dimandato al figliolo, lui haveva risposto: Guardé che cosa di mettere fuori! Non è vero.

Era sparso voce che questo Vitale, suo primo marito, si trovava all'ultimo di quella sua longa infirmità. Disse alla moglie: Malgherta, potresti bene agiutarmi, se tu volessi. (7) Ho inteso che, essendosi comunicata detta Malgherta, Christina di Toni Vales la vidde che, subito passato il signor curato avanti a dar la Comunione all'altri, questa Malgherta col panno (8) si levò la santa Comunione di bocca, et se la mise sotto il brazzo. De lì ad alcuni giorni il signor curato ne fece diligenza di saperlo. Dette donne credo si facessero mentire. Né altro so.

Super generalibus [interrogata], respondit: Io son [parente] in primo grado.

Et iuravit, reservando [addendi vel minuendi].

Eadem die.

Interrogatus Antonius, filius quondam Stephani Morzelli de Pedenosso.

R. Io non la ho mai imbutata, né so cosa alcuna di male di lei. Solo che intesi una volta Lorenzin Sos che la imbutò, dicendo che lei era stria. Né so altro. Son suo vicino, né mai ho visto una cattiva actione di lei.

Super generalibus [interrogata], respondit: Lei è mia parente.

Et iuravit.

Die veneris 15 novembris 1630.

Coram *** citata [fuit] per antescriptum famulum Catherina, filia quondam Baldesaris Nicolai Dorici de Semogo.

Et interrogata se ha servito per fantesca in casa di Malgherta antescripta.

R. Io son statta con Gioanni, padre della detta Margherita, quattro anni per fantesca. Et saranno 6 anni in circa che son partita da quella casa.

I. se gli è occorso qualche cosa di male in detto tempo.

R. Io non ho visto cosa alcuna di male della sudetta. Solo che, essendo andata una mattina alla casa di detta Margherita per far pane, mi venne occasione di ritornare a casa et andare sul fieno, ove, per causa delli soldati, allogiavamo. (9) Quando fui sul fieno, pensava di essere dentro appresso il muro, et pure cascai a basso et mi rompei il braccio dritto in tre parti, sebene la dia del fieno era puoco alta, et stetti un anno amalata. Et Thadeo di Oga mi medicò.

I. se ha havuto sospetto di detta Margherita.

R. Allhora no, né di altro mi meravigliavo che di non poter guarire in tanto tempo. Mio padre la imbutò di questo, né lei voleva dire che Dio mi agiutasse.

I. se sa che altri si siano lamentati di detta Margherita, et se il suo primo marito ***. (10)

R. Non so altro. Solo che ho inteso che detto suo primo marito, essendo statto longamente infermo, disse alla detta sua moglie: Tu potresti bene guarirmi, se volesti.

Eadem die.

Coram ut supra citatus comparuit Laurentius, filius quondam Iacobi Lanfranchi.

Et interrogatus.

R. Vasin Morzello si è lamentato di detta Malgherta con presontione che gli havesse maleficiato una creaturina. Giacomin del Sos si è lamentato dell'istessa, dicendo che gli haveva datto danno, et che suo fratello era in mal essere, et forse gli haveva nociuto ancora loro.

Die lune 18 novembris.

Coram ut ante citata comparuit Magdalena, filia messer Laurentii Lanfranchi.

Et interrogata.

R. Io non so altro, solo che Cristina di Toni Valesatto haveva detto al signor curato di Semogo che detta Malgherta, un giorno che si comunicò, si levò la santa Comunione di bocca con un pizzo del fazoletto.

La moglie di Giacomin del Sos mi ha detto che detta Malgherta gli haveva fatto maleficio, essendo lei nel parto, et che gli fece un puoco di sughetto, (11) quale magnato restò conturbata, et che per un pezzo non puoté dare il latte al suo figliolo, perché gli faceva male.

Interrogata de voce et fama.

R. È mormorata assai publicamente.

Super generalibus [interrogata], recte [respondit].

Iuravit.

Eadem die.

Coram ut supra citatus comparuit Iacobus, filius quondam Ioannis del Sosio.

Et interrogatus.

R. Lei di voce et fama è mormorata assai da tutti. Ho inteso, credo da Lorenzo mio fratello, che essendo Vitale suo primo marito et nostro fratello amalato a letto, detto Lorenzo era ivi in stua, che Vitale forsi non lo sapeva. Detta Malgherta era appresso il letto et fingeva di piangere. Allhora Vitale disse alla detta sua moglie: Non piangere, che tu potresti ben guarirmi, se volesti.

Habitando io in comunanza con detto Vitale mio fratello, et detta Malgherta mia cugnata, la mia moglie partorì la prima volta, et detta Malgherta fece la comare in levare la creatura, quale morse ancora di subito.

Detta Malgherta una volta fece una minestra di sughetto alla mia moglie, et quando gliela hebbe portata, la persuase che la la (12) magnasse, et poi andò fuori dell'uscio. La mia moglie ne magnò un puoco, et parendoli di sapore molto ingrato, buttò il restante giù dalla paglia del letto. Ritornò in stuva Malgherta et gli adimandò se lei haveva magnato la minestra. Lei dissi di sì, et quella disse di no, che sapeva che non l'haveva magnata. Et così combaterno un puoco. Mia moglie poi, essendo dalla detta minestra conturbata, si perdé via (13) et stette così un pezzo, poi ritornò in sé, né pare che mai più sia statta bene. Quando si approssimò al mese ultimo del secondo parto, si cominciorno a calare in modo le mamelle, che quando hebbe partorito, non ne haveva minga. La creatura hebbe subito gusto (14) del detto latte, non ne volse più. Nemeno volse mai tettare alcuna balia, siché seccò in modo che era cosa di gran compassione a vederla. Così seguì il terzo parto, et il latte pareva a lei che si convertisse in giaccio, tanto freddo sentiva al stomaco. Noi di già del primo anno in su si levassimo di casa. Detta Malgherta voleva poi venir alla nostra casa, ma io la facevo star lontana assai, non piacendomi la sua pratica. La quarta creatura, havendola lattata col suo latte quasi per forza tre mesi, et vedendola pure consumare, la portò a Bormio al molto reverendo signor arciprete presente, (15) quale vista la creatura disse: Il male procede da voi. Vi è statta fatta qualche fattura. Et la essortò a non dargli più latte, come fece. Et la creatura hoggi ancora è viva. Il signor curato persuase mia moglie che la la dovesse imbutare, come feci. Et d'allhora impoi ha levato bene le creature.

Interrogatus de generalibus, respondit: Lei è mia cugnata.

Et iuravit.

Eadem die.

Coram admodum reverendo domino vicario foraneo et antescriptis dominis, comparuit reverendus dominus Sebastianus Raisonus, curatus Semoghi.

Et interrogatus.

Respondit ut sequitur: Sarranno tre anni incirca che, dando la santa Comunione a gran quantità di persone, mi fu referto doppo tre o quattro giorni che Christina di Toni Valesatto haveva visto detta Malgherta, doppo ricevuta la santa Comunione, con un cantone del panno haveva in testa, si levò la santa Comunione et se la mise sotto il braccio. Io la feci chiamare, et interrogatala affermò l'istesso, dicendo che fu per levarsi in piedi et afrontarla, et poi si tratenne. Io diedi parte di questo al molto reverendo signor arciprete Foliano, (16) quale mi comise che dovessi fare il confronto tra dette donne. Quella Malgherta fece mentir l'altra, minaciandola di farla pentire, o far restar prostrata. (17) Io, fattagli la debita corretione, la licentiai.

Addens: Havendo la prima domenica dell'Advento, già quattro anni, predicato molto gagliardamente contro le streghe, il giorno seguente, essendo alla Arsure, nel voler montare a cavallo, si spaurì talmente che non lo potei regolare, et gli durò tale spavento per quattro o 5 giorni. Io stetti un pezzo perso, cascai del cavallo et mi rovinai tutto. Quando mi rihebbi, il cavallo già era arrivato a casa. Ho ancora havuto un gran travaglio che, havendo un anno predicato la prima domenica di Quadragesima contro le streghe, nel far la prucessione, un mio cane levò dal cimiterio una creaturina, per la quale hebbi gran travaglio, come loro signori sanno. Et perché alcuni dubitavano che io per questo havessi ad abandonare la cura, (18) ne fu detto della detta Domenica di Casteleir che predicavo un puoco troppo. (19)

Et iuravit, tacto pectore. (20)

Eadem die.

Coram ut supra citatus comparuit Vitalis, filius quondam Francisci Drei de Semogo.

Et interrogatus.

R. Io non so altro, solo che è mormorata comunemente per stria, et Vasin Morzello ha fatto abrugiare una cuna, nella quale era statto maleficiata una creatura.

Iuravit.

Eadem die.

Coram ut supra citatus comparuit Laurentius, filius quondam Ioannis del Sosio.

Et interrogatus.

R. Havevamo una capra da partire tra me et il quondam Vitale, mio fratello. Lui gli fece il prezzo, et mi diede la eletta. (21) Io tolsi la capra, et quella due volte fugì di casa della detta Malgherta, et tutte due le volte s'amalò. Et la feci segnare del mal del redit (22) et guarì.

Una volta [che] gli diedi della stria, diedero la querela. Fui castigato di lire sei. Lei voleva che io redicessi, ma io dissi che voleva che redicessero prima tanti altri, et lei cessò. Catherina dell'Hosteira mormorava assai della detta Malgherta, et se loro signori le dimandaranno intenderanno da lei ogni cosa. Et sta a Liruno. (23) Per quanto ho inteso, mio fratello mormorava et teneva di essere faturato da lei. Non so se la intendessi io da lui o d'altri.

[I.] de voce et fama.

R. È voce di popolo che sia cattiva. Giacomina, moglie di Christoforo del Valar, mi disse che le figliole di Maria di Lorenz andorno una volta a casa di Chrestoforo, loro fratello, per tuorre un pettino, (24) et lo trovorno a letto. Lor gli adimandorno dove fosse la detta Malgherta, sua moglie, et lui rispose che era lì nel letto con lui. Quelle andorno alla sua volta et, guardando, trovorno che vi era una scopa.

Et iuravit.

Die martis 19 novembris.

Coram illustribus dominis pretore et regente Nesin[a] citatus comparuit Tonius, filius quondam Laurentii del Sosio.

Et interrogatus.

R. Non so altro, solo che lei è mormorata publicamente, et le genti dicevano che lei haveva fatto morire suo marito, mio germano, avanti hora. Né altro so.

Et iuravit.

Eadem die.

Coram ut supra citata comparuit Christina, uxor Tonii Valesi de Semogo.

Et interrogata.

R. La festa di Natale, tre anni sono, comunicandosi molti insieme in schiera, io ero inginochiata all'incontro di Malgherta di Gioan di Pradella, et osservai che, subito ricevuta la santa Comunione, mostrò di tossire, o che tossisse, et con un cantone del fazoletto, o panno di testa, si levò a mio giuditio la santa Comunione di bocca, et ripose il detto cantone del panno sotto il braccio. Et nel fare detta attione venne rossa come una bragia. Io stetti quasi per levarmi in piedi et andare ad affrontarla et levargli il panno, ma temevo che cascasse la santa Comunione, et mi tratenni. Potrebbe essere che non havesse tolto fuori l'Hostia, ma l'atto fu brutto, perché fu subito che il sacerdote passò di lei ad un'altra, et avanti purificarsi la bocca con l'acqua. Et per la cattiva cretta havevo di lei, lo tenni per fermo. Lo raccontai in casa et venne all'orecchie del curato, quale mi fece chiamare. Et inteso da me il tutto, mi dimandò se haverei detto questo in faccia a detta Malgherta. Io dissi di sì. Et chiamata detta Malgherta, quando gli dissi l'atto fatto da lei, lei rispose: Non so se l'hebbi fatto o no. Ma se ti trovo dirmi il sì, guardati, che se posso più di te, ti voglio regolare!

I. de voce et fama.

R. Lei è mormorata assai, come ancora la Mottisella.

I. de Martha.

R. Le genti la tengono per una santa, né altro so.

Et iuravit.

Eadem die.

Coram ut supra citatus comparuit Iacobus, filius quondam Chrestofori Malenchi de Semogo.

Et interrogatus.

R. Lei è mormorata, né altro so, come ancora Domenica.

Et iuravit.

Die iovis 21 novembris.

Coram ut ante citata comparuit Iacobina, uxor Chrestofori del Valar.

Et interrogata.

R. La moglie di Vasin Morzello si è lamentata che lei gli havesse maleficiato una creatura. Io ho inteso che la moglie di Toni Vales l'haveva vista la festa di Natale che, essendosi comunicata, si haveva levato la santa Comunione di bocca.

Iuravit.

Catherina dell'Hosteira deposuit coram ut supra: Havevo due bellissime capre, et cacciandole un giorno al pastore, ritrovai detta Malgherta in strada, avanti la sua casa, che haveva una creaturina in braccio. Et lei disse, senza essere offesa né danneggiata: O, che capre! Smaledì le capre! Io dissi: Malgherta, non mi maledire le capre, che non mi fai apiacere. Et poi andai avanti. La sera vengono le capre, eccetto una delle mie. Io andai a tuorla, che era restata per strada. Et andando il seguente giorno per la contrada, ritrovai la detta Malgherta nell'istesso luoco del giorno avanti, et gli dissi: Hieri mi hai maladetto le capre, et hoggi sono andate da male. Tu sarrai contenta! Et la capra morse, né li corvi la volsero mai magnare. Il giorno seguente mi mandorno a dire che volevano che io redicessi. Io disse che, se havevo a redire, volevo redire avanti la Raggione, né più mi tentorno. Solo che m'incontrai un giorno in suo marito, fuori per la strada di Toni di Gioan di Pedrol. Viddi che lui scavezò la ponta di una latta, (25) pure andai avanti, et lui mi diede una volta traverso le spalle. Io dissi: Se mi date più, voglio andare avanti la Raggione. Et lui si fermò, né altro è successo. Mormorata è assai, né altro so. Domenica di Casteleir et la Motta sono mormorate da tutti.

Eadem die.

Coram ut supra citatus comparuit Dominicus, filius quondam Antonii Trabuchi de Semogo.

Et interrogatus.

R. Ho inteso da Lorenzino Sos che andorno alcune putte a casa sua per tuorre un pettine, et dimandando a Chrestoforo, suo marito, dove fosse Malgherta, lui che era a letto rispose: È qui. Loro andorno a guardare, et trovorno una scopa. Ho inteso che Catherina della Hosteira si è lamentata che gli habbi striato una capra.

Et iuravit.

Eadem die.

Coram ut supra citata comparuit Maria, filia quondam Laurentii del Ponti.

Et interrogata.

R. Non so altro. Solo che è pizada et mormorada assai.

Et iuravit.

Eadem die.

Catherina, sororaster Marie, interrogata.

R. Lei è mormorata assai, ma altro non so.

Eadem die.

Coram ut supra citata comparuit Mighina, uxor Iacobini quondam Ioannis del Sos.

Et interrogata.

R. Habitavamo in comunanza con detta Malgherta et suo marito. Et in quel tempo io hebbi una creatura et lei fu la comare levatrice et ancora mi guardò in parto. La creatura mi morse in tre giorni, et io sospettai che lei melo havesse crapentato (26) col fasciarlo, perché, doppo fasciato, lo mise sopra la pigna in una conca, (27) et la creatura piangeva assai. Io pregavo che melo dessero, et detta Malgherta et la mia socera che hora è morta, non volevano darmela. Alla fine venne mio marito et io piangevo che non potevo havere la creatura, et lui mela diede. Io viddi che il figliolo era venuto tutto nero et haveva getato la schiuma alla bocca, et subito dubitai che l'havessero crapentato. Et lo dissi alla detta Malgherta, la quale rispose che bisognava fasciar forte le creature. Alla fine, in tre giorni morse. Una volta, che non haveva ancora otto giorni del detto mio primo parto, lei che prima mi haveva fatto buone minestre, la mi fece una minestra, non so se era guarno (28) o sughetto, et melo portò in una coppa di legno, non solita d'adoperarsi, et mi fece instanza che la magnassi. Io mi lamentai che havesse portato quella coppa, che non mi pareva fosse netta, perché haveva cattivo odore. Lei disse: La coppa la ho lavata. Io dissi che non haveva portato cucchiaro. Lei rispose che le paiolente (29) bisognavano magnare la minestra calda, et mi fece grande instanza che la magnassi. Io la guardava, et non pareva havessi stomaco di magnarla. Lei disse che haveva d'andare a regolare il bestiame, et che dovessi far presto a magnarla. Andava un puoco in fuori per la stuva, et poi si voltava indietro a vedere se la magnavo Et essendo uscita fuori, tornò ad aprir l'uscio, et mise dentro la testa, né volse partirsi che prima non mi havesse vista mettere la scudella a bocca. Subito cominciai a gustarla. Mi parve amara, et haveva odore di solfo et rasa. (30) Pure mi feci forza et seguitai a beverla fuori tutta. Et subito mi venne un stornimento (31) che parve la casa caminasse, siché mi casciai sotto li panni, né so se mi adormentassi o dormissi. Venne poi la detta Malgherta et disse se havevo magnato la minestra. Io risposi di sì, et lei mi domandò che effetto haveva fatto. Io gli dissi che mi haveva turbata. Lei disse: Non l'haverete magnata tutta. Et così guardò per tutto sotto le banche et sotto il letto, dubitando che l'havessi butata via.

Al secondo parto le tette non crescevano su li 7 mesi, et poi calavano, siché non havevo latte, et mi sentivo un giaccio alle tette, et quello ne faceva calare il latte. Né mai ho potuto lattare li miei figlioli, se non sette mesi, et quelli ancora per forza. Il quale effetto del freddo alle tette continova ancora al presente, sebene, lodato Dio, le due ultime, il latte non gli ha fatto male. La seconda creatura faceva paura con la vista greve, col storgere li diti et sguizolare. (32)

Die veneris 22 mensis novembris 1630.

Per magnificum concilium fuit ordinatum quod dicta Malgherta constituatur personaliter in Palatio et interrogetur denuo super inditiis contra eam laborantibus. Et sic constituta, fuit interrogata: se si è ancora disposta a dire la verità

R. Io non voglio farmi torto. Volete che dica che io sia cattiva, se son daben? Ho detto la verità, et se alcuni hanno detto qualche cosa contro di me, mi hanno fatto torto.

I. se Vasino Morzello l'ha mai imbutata.

R. Lo ho detto un'altra volta.

I. che dica in che maniera, perché ha deposto l'altra volta che l'haveva imbutata per la moglie.

R. Haverò fatto errore, perché mi imbutò di una creaturina, quale era amalata. Et ciò fu in occasione che andai a casa sua per farmi dare certi danari, et lui quale sedeva appresso la tavola. Doppo un tantino di tempo mi disse: Questa figliola mi si è amalata, et vorrei che voi gli restituiste la sanità. Io risposi: Se Dio et la Madonna gli hanno datto il male, loro gli potranno dare la sanità, che io non posso niente in questo.

I. se essa è mai andata in casa del detto Vasino di giorno o di notte, mentre detta creatura era sana, et che l'habbi fasciata.

R. Può essere di sì et di no, che io non mi riccordo. Andavo bene in casa sua a portargli danari, con occasione che lui era esattore dell'estimo, al tempo de soldati. (33) Et ciò con occasione che io ero restata vidua.

I. se è vero che essa andò in casa del detto Vasino una volta, et lo trovò in oratione, et lei andò verso la cunna et mise le mani sotto il piumazzo, et lui la imbutò.

R. Andai a casa sua per detta occasione, et lo trovai a tavola et non in oratione. Io viddi che detta figliolina, quale ha nome Malgherta, stava bassa di testa et dissi: Come sta bassa di testa questa figliola. Et andai ad alzarli il piumaccio. Et lui mi imbutò.

I. perché non ricorrere dalla Giustitia, se era offesa nell'honore.

R. Gli dissi che, se non era compare, volevo farlo. Et lui disse di tornargli la sanità. Io dissi che, se Dio gli haveva datto il male, gli haverebbe ancora datto la sanità et che, lodato Dio, io non gliela volevo dare, che sebene gli havevo levato un puoco il piumazzo, non gli havevo però fatto male alcuno.

I. se ha fatto maleficio a Vitale, suo marito.

R. Signor, no.

I. se ha fatto maleficio a una maiala del sudetto Vasino Morzello et a una sua capra.

R. Signor, no.

I. se ha fatto cascare Catherina di Balsar della Barona giù dalla crapenna. (34)

R. negative.

I. se ha fatto qualche danno alli molini della suocera et di Lorenzin Sos.

[R.] negative.

I. s'un giorno di Natale, communicata si levò la santa Communione di bocca.

Negat.

I. se, essendo suo marito infermo, gli disse: Tu potresti guarirmi, se volesti.

Negat.

I. se ha fatto morire una creatura di Giacomin Sos.

Negat.

I. se ha maleficiato la moglie del detto Giacomin nella minestra, essendo in parto.

Negat.

I. se fece male al cavallo del signor curato di Semogo, su alle Arsure.

Negat.

I. se a una capra di Lorenzo Sosio.

R. negative.

I. se ha maleficiato una capra di Catherina dell'Hosteira.

Negat.

Quibus ordinationibus stantibus, fuit ordinatum quod dicta Margherita exuatur suis vestimentis et induatur aliis. Quod factum est. Et deinde lighetur ad funem in loco tormentorum. Postmodum, facta benedictione a multo reverendo domino archipresbitero Murchio, fuit interrogata et monita ad veritatem dicendam.

R. Ho detto la verità. Non son in tal errore.

Ordinatum fuit quod elevetur per funem ad altitudinem hominis. Quod factum est. Postquam fuit in tortura per mediam horam, interrogata fuit et monita de veritate dicenda: Se essa è stata et è in tal errore di strega.

R. Non certo, per la conscientia mia, non son statta, né son in tal errore, che voi mi ricercate che sia. Mi si fa gran torto, che non feci mai male in tal occasione, neanche ad un uccello dell'aria

Et visa sua pertinacia, ordinatum fuit quod ei detur medius ictus funis. Quod factum est et passa est deliquium. Propterea deposita fuit et ducta ad locum solitum, animo [prosequendi].

Die sabathi 23 mensis novembris.

Per magnificum concilium congregatum fuit ordinatum quod dicta Margherita denuo constituatur et interrogetur. Et sic constituta fuit.

Interrogata super contentis et semper respondit negative. Et sic fuit elevata per ordinem concilii ad altitudinem hominis. Et cum stetisset in tortura per quadrantem, cepit clamare: Toletemi giù, che voglio confessare.

Et interrogata chi gli haveva insegnato.

R. Maria, sorella di Toni di Gioan di Pedrot, mi insegnò alle Arsure, in strada.

Et sic fuit ordinatum quod deponatur, stante maxime quod incipiebat pati deliquium. Et ducta ad ignem, fuit interrogata che dica bene come gli insegnò.

R. Fece una croce in terra et mi fece andare sopra et fare una ruota a torno, et poi mi fece fare duoi passi in su et mi mandò a casa, comandandomi che non dicessi niente alla mia madre. Io lo dissi alla madre, la quale mi esortò a vivere nella via del Signore. Mi amalai di subito et stetti a letto 18 overo 20 giorni. Detta Maria mi mandò a visitare, et mi mandò credo tre ovi. Quando fui guarita, venne un giorno a vedermi, et mi cridò perché havevo cusato, (35) né altro so.

Et cum multoties esset interrogata ut velit veritatem dicere, semper respondit negative, neque aliud scire.

Et dettogli che averti a dire il vero, perché la Chieriga et altre hanno deposto che l'hanno cognosciuta.

R. Fate un puoco venire la Chieriga.

Et tunc fuit ordinatum quod constituatur in eius presentia dicta Domenica Chieriga. Et ducta dicta Malgherta interrogavit illam Dominicam: E bene, voi dite che son statta a far male con voi. Et dove son statta?

Dominica suprascripta ista respondit: Sì, che sei statta meco in Verva al ballo et alle Motte. Et tutte le volte che andavo io, venevi ancora tu.

Dicta Malgherta respondit: Tu menti, non è vero!

Et dicta Dominica respondit: No, non mento, dico la verità, ho detto la verità. Dilla ancora tu, senò te la faranno dire per forza, come hanno fatto ancora con mi.

Et dettogli che gli dia un segnale.

Dominica dixit: Il segnale è questo, che quando andavamo alle Motte, tu venevi a chiamarmi, et quando andavamo in Verva, si davamo l'accordo che io ti chiamassi. Et quando venevo, tu eri sempre la prima parecchiata in Verva.

Malgherta respondit: Povera voi del peccato!

Et extunc fuit Dominica ducta in carcere.

Antescripta die 22 novembris 1630.

Coram ut ante citatus, comparuit Abundius filius quondam Christophori Nicolai Dorici.

Et interrogatus.

R. Era in stuva delli heredi di Antonio Cottolo, domenica 25 giorni incirca, ove erano Gervasio Margnacco, Vasin di Lui ferraro, et mio padre. Intesi che Gervasio contava a Vasin che, havendo una notte una donna partorito, andorno donne, credo alla casa di Malgherta per farla andare a levare la creatura. Entrorno in stuva, ritrovando l'uscio aperto et dimandorno Malgherta. Chrestoforo, suo marito disse: La è qui nel letto. Et quelle andando a vedere. Vi ritrovorno una scopa in suo cambio

I. se sa chi fossero quelle donne.

R. Non so se fossero quelle di Maria di Lorenzo, o altre. Non mi riccordo.

Antescripta die sabathi 23 mensis novembris.

Per magnificum concilium Burmii, visa pertinacia dicte Margherite, fuit ordinatum quod eadem Margherita constituatur in tormento vigilie, prout factum est, stante maxime quod non potest absque aliquo periculo vite sustinere tormentum torture.

In quo tormento interrogata pluries che altro gli habbi insegnato quella Maria di Gioanin di Pedrot.

R. Non mi ha insegnato cosa alcuna, né è vero cosa alcuna.

Et dettogli: Adonque non è vero che quella Maria facesse quella croce in terra et che lei vi andasse sopra, come ha già deposto.

R. Non è vero niente.

Et in tali pertinacia stetit ab hora decima octava usque ad horam sextam noctis sequentis. Et postmodum, cum omnes conciliarii essent per tot continuos labores defessi, fuit deposita e tormento et ducta ad carcerem inferiorem, ubi alias erat cella vinaria, et in qua erat detenta Iacobina Mottisella. Et Mottisella fuit constituta in carcere obscuro superiori, ubi detinebatur ipsa Margherita. Et hoc ad obviandos sermones, quos faciebant ad invicem dicte Margherita et Dominica de Casteleir, animo [prosequendi].

Die martis 26 mensis novembris.

Congregato magnifico concilio in loco solito, fuit ordinatum quod ad tollendas diabolicas deffensiones, quibus munita videbatur dicta Margherita adversus tormenta, debeat suis vestibus exui, capillis et aliis totius corporis pilis privari, ac suum corpus debeat diligenter lavari, et aliis induta vestibus, supponatur iterum tormento vigilie ad effectum. Quod factum est. Et cum esset posita in tormentis hora media post meridiem, fuit interrogata se ancora vogli dire la verità.

R. Non so cosa alcuna che dire.

I. se è vero che Maria di Gioannin havesse fatto una croce in terra, et detta Malgherta habbi zappato sopra.

R. È vero che Maria sudetta, essendo io una putella, fece un segno di croce in terra, et mi fece andar sopra, et andare tre passi in su. Ma non so altro.

Eadem die, hora circa 22.

Fuit denuo interrogata.

Que semper respondit negative. Et sic de ordine concilii fuerunt apposita compedibus pondera librarum decem.

Et durante eius pertinacia, fuit ordinatum quod confrontetur cum Iacobina Mottisella ad convincendam eius duritiem. Et sic ducta dicta Iacobina ante conspectum dicte Margherite, fuit interrogata dicta Malgherta se la cognosce.

R. È la moglie di Giacomo di Urbano.

Interrogata Iacobina, se ha cognosciuto detta Malgherta.

R. Signori, sì, in Platorro et in Verva. Et voltatasi alla detta Malgherta gli disse: Non ti riccordi Malgherta, quando eravamo là da compagnia in Platorro, quest'autunno?

Et Malgherta respondidit: Te mentas et stramentas, porcella, porca, stria.

Et dicta Iacobina opposuit: Non mento. Ho detto la verità. Dilla ancora tu, che sei stria ancora tu. Mi son convertita. Convertiti ancora ti. Non ti riccordi, quando andavamo in Verva a ballare?

Et dicta Malgherta opposuit dicens: Tu menti mille volte!

Et remota dicta Iacobina ac ducta ad suum locum, fuit ordinatum quod constituatur coram ea Maria, fillia antescripte Iacobine, et confrontetur. Et sic ducta, fuit interrogata se la cognosce.

Et dicta Maria respondit: Signor, sì, la cognosco. Et la è Margharita del Ponti.

Interrogata dove l'ha cognosciuta.

R. Su a Prada, due volte, quando andai là al ballo con mia madre.

Extunc dicta Malgherta respondit: Tu menti, vacchetta sfacciata!

Et monita dicta Malgherta ut linguam contineat, fuit interrogata dicta Maria, che cosa facesse là Malgherta.

R. Ballava et saltava con li altri.

Qua Maria remota fuit.

Denuo interrogata Malgherta, se havendo visto esser convinta da tre testimonii, quali l'hanno cognosciuta, vole disporsi a confessar la verità.

R. Le mentono, et l'havete impastate su (36) a vostro modo.

Qua pertinacia et constantia audita, fuit ordinatum quod addatur aliud pondus librarum 15, quod fuit ligatum eius compedibus et sic relicta usque ad meridiem. Circa horam meridianam petiit ut levetur e tormentis ad exonerandum ventrem. Et sic fuit deposita, animo. Et circa horam 22, interrogata an velit recedere ab eius pertinacia et veritatem fateri.

R. Io non so altro che quanto ho deposto, che quella Maria di Gioanino mi fece fare.

Et territa metu novorum tormentorum.

R. Fate quello che volete. È ben vero che haverei a caro di essere gratiata, di non essere più tormentata per hoggi, et dimani fare poi quello che volete.

Et visa mirabili eius pertinacia et constantia, fuit ordinatum quod iterum supponatur tormento vigilie. Quod factum est. Et cum stetisset in tormentis circa horam, fuit denuo interrogata an velit fateri veritatem et dicere melius quomodo didicit hanc artem.

R. Mi fanno torto, né so altro.

Extunc fuerunt illi addita pondera minora ligata compedibus et ordinatum quod stet in eodem tormento usque ad horam secundam noctis. Et cum parvi pendat tormentum vigilie, fuit ordinatum quod eadem hora deponatur, animo [tamen prosequendi usque ad expeditionem cause]. Quod factum est.

Die veneris 29 novembris 1630.

Ante lucem, hora solita, fuit congregatum magnificum concilium in loco consueto, per quod ordinatum est quod constituatur dicta Margherita in loco tormentorum et lighetur ad torturam. Et postea denuo benigne moneatur ne permittat se cruciari, sed sponte fateatur veritatem, et expectet gratiam magnifici concilii. Que monita renuit quidquam dicere, asserens se esse innocentem. Quibus auditis, fuit ordinatum quod elevetur in torturam, prout factum est. Et elevata, fuit iterum interrogata se vole dir la verità.

R. Non posso dire altro.

Et cum stetisset per mediam horam, cepit pati deliquium. Et sic fuit deposita et iterum interrogata che vogli dire la verità.

R. Non posso dir altro.

Et sic fuit denuo elevata in torturam, et cum stetisset per alium quadrante, cepit denuo pati deliquium. Et statim fuit deposita et ducta iterum ad suum locum, animo.

Nota quod, dum erat in tortura, fuit iterum constituta coram ea Dominica Chieriga senior, que dixit dicte Margherite: Confessa la verità, et non ti lasciar strussiare. (37)

Cui Margherita e tortura respondit che gli faceva torto.

Et Dominica dixit: Non ti fo torto, perché ti ho cognosciuta bene. Non sai che venevi a chiamarmi quando andavamo alle Motte, et alle volte io ti chiamavo quando andavamo in Verva, et quasi sempre tu eri delle prime parecchiate là dentro?

Et dicta Margherita respondit illi: Tu menti per la gola!

Cui Dominica respondit: Non farmi mentire, perché ho detto la verità, ma convertati bene a Dio, et di' la verità.

Postea fuit ducta dicta Dominica ad locum suum.

Die lune 2a mensis decembris 1630.

Per magnificum concilium fuit ordinatum quod dicta Margherita denuo constituatur, et ubi nolit fateri veritatem, exuatur suis vestibus et aliis induatur et lighetur ad torturam ad effectum. Quod factum est. Et cum stetisset in tormento vigilie per horam, cepit clamare: Hoimé! Lasciatemi giù, che io voglio confessare.

Et deposita a tormento, et interrogata che dica chi gli ha insegnato.

R. Maria di Gioanin, ritrovandomi una volta su alle Arsure, mi chiamò, et fece una croce in terra, et mi fece zappare sopra. Poi mi fece refudare Dio, la Madonna et li Santi, et chiamare il diavolo per patrone, come feci. Poi mi condusse al ballo in Verva. Et la terza volta che vi andai, il diavolo hebbe compagnia con me.

I. dove andò la prima volta.

R. In Platòr.

I. chi habbi cognosciuto in quella scola.

R. Le Chierige, Martolina, Giacomo di Franceschina.

I. se ha cognosciuto Domeniga di Casteleir.

R. Signor, sì, molte volte in Verva et altrove.

I. chi habbi cognosciuto altri, a quelli ridotti.

R. Ho cognosciuto Giacomina del Valar una volta alle Motte et una volta sopra il Sasso di Scen in Platòr, ma doppo che fu suo marito prigione a Bormio, non la ho vista più.

I. se ha cognosciuto in quelle parti Giacomo di Poz, et che cosa faceva.

R. Signor, sì. Lo ho cognosciuto molte volte, et sonava la ginga al barilotto. Ancora ho cognosciuto Marta di Urbanin, su in Platòr, più volte.

I. se ha cognosciuta Mighina, sorella della detta Marta.

R. Signor, no.

I. delli altri nominati.

R. Non ho cognosciuto altri.

Interrogata che dica che maleficii habbi fatto in quest'arte.

R. Mettei le mani sotto il piumazzo di una cuna, nella quale dormiva una figliolina di Vasin Morzello, et con un puoco di quello onguento la maleficiai, et è morta.

I. se ha fatto maleficio al suo primo marito Vitale del Sos.

R. Signor, no. Dio me ne guardi, che mi faceva buona compagnia.

I. se ha fatto maleficio al bestiame di Vasin Morzello.

R. Signor, no.

I. se ha fatto cascare Catherina di Balsar giù dalla crapenna.

R. Signor, no.

I. se [ha fatto danno] alli molini della suocera et di Lorenzin Sos.

R. Signor, no.

I. se si levò la santa Comunione di bocca il giorno di Natale.

R. Signor, sì. Tolsi la santa Comunione quel giorno col pizzo del fazoletto havevo in testa. Quando andai a casa mi pentii di tal errore, et andata là a Rin sbombai fuori (38) detto panno, senza toccare la santa Comunione.

I. se ha fatto morire una creatura a Giacomin Sos.

R. Signor, sì, con un puoco di quello onguento.

I. se ha fatto maleficio alla moglie di quel Giacomino Sos, et in che modo.

R. Guardandola in parto, gli metei un puoco di onguento nella minestra.

I. se fece male al cavallo del signor curato di Semogo spaurendolo.

R. negative.

Et cum non posset aliud ab ea haberi, fuit denuo reposita ad locum suum, animo.

Die martis 13 decembris.

Congregato magnifico concilio in loco solito, fuit ordinatum quod constituatur dicta Malgherta, et denuo interrogetur super aliis maleficiis per eam non confessis.

I. primo de complicibus.

R. Ho cognosciuto ancora in Pedenosso, quale haveva nome Abondio, et haveva per moglie una di quelle dell'Agosto, né so che sia vivo o morto, ma più presto penso sia morto. Ancora ho cognosciuto Madalena, sorella di Abondio del Sartor, quale è morta. Ancora ho cognosciuto una di Livigno, molto vecchia, detta la Gatta. Ancora soleva venire una donna vecchia di Trepalle, il cui nome non mi riccordo, non so se havesse nome Bernalda (39) o altro nome. Et la ho vista in Platòr una volta, et saranno circa quattro anni che non la ho vista. Non ho visto altro che una volta Catherina del Baron, in Platòr, al ballo. Ho visto ancora Balsar di Pradella, una volta sola in Platòr, che ballava et saltava. Ancora ho visto Giacomina di Pradella, che sta in Oga, fuori alle Motte di Oga, che ballava. Ancora ho visto Mighina del Cottolo, una volta alle Motte et una volta in Platòr al ballo, la quale portava un giupone. (40) Ancora ho cognosciuto una di Livigno, chiamata la Trisa, quale venne in Platòr, et una sera venne a casa mia con quella di Trepalle et un altro di Livigno a chiamarmi che andassimo al ballo. Et vennero nella stuva che vi era niuno, ma io non vi andai quella sera.

I. chi era quell'altra di Livigno.

R. Non gli so il nome. Più presto era vecchia che giovine, et era piccola. Ancora ho cognosciuto una donna in Isolaccia, vecchia assai, quale stava via a Raglion, (41) et tengo per certo che sia morta, né mi riccordo il nome. Ancora era della compagnia Nicolina, madre di Domeniga di Casteleir. Ho ancora visto una volta sola la comar Polonia, sorella di Domenighina di Casteleir, lasù in Platòr.

I. se ha cognosciuto Giacomina, moglie del Santo et in che modo.

R. Ho cognosciuto, al ballo, una donna che stava su a Rin, bassa di statura, quale è poi maritata a Premai, et prima era vidua.

I. che cosa volevo fare di quel Comunichino.

R. Volevo poi portarlo al ballo et butarlo avanti al diavolo et zaparlo.

Et cum fuit multum defaticata, fuit ducta ad suum carcerem, animo.

Die iovis 5 mensis decembris.

Per magnificum concilium fuit ordinatum quod dicta Malgherta denuo constituatur pro ratificatione habenda eorum que deposuit. Et sic constituta, fuit monita quod, si velit aliquid addere aut diminuere eius depositionibus, id faciat ad exonerandam eius conscientiam.

Que respondit: Io ho detto la sola verità, né ho cosa alcuna di agiongere o sminuire.

Et monita che vedi se conferma le persone per lei nominate per malefiche, cioè:

Domenica Chieriga vecchia confirmavit
Domenica Chieriga giovine confirmavit
Martholina di Scalotta confirmavit
Giacomo di Franceschina confirmavit
Domenica di Casteleir confirmavit
Giacomina del Valar confirmavit
Giacomo di Poz confirmavit
Marta di Urbanin confirmavit
La Gatta di Livigno confirmavit
una di Trepalle chiamata [Bernarda?] confirmavit
Catherina del Baron confirmavit
Balsar di Pradella confirmavit
Giacomina di Pradella confirmavit
Mighina del Cottolo confirmavit
la Trisa di Livigno confirmavit
un'altra compagna della Trisa confirmavit
Nicolina di Pradella, morta confirmavit
Polonia del Folonaro confirmavit
Giacomina del Santo, nel modo descritto nel processo confirmavit.

Et dettogli che averti a non fargli torto et pensi se li ha cognosciuti bene.

R. Io li ho cognosciuti bene, né gli fo torto.

Quibus intellectis, fuit ordinatum quod pro iuridica confirmatione habenda, dicta Malgherta lighetur ad torturam et ligata elevetur. Et elevata interrogetur de singulis per eam depositis. Et persistendo in illis omnibus deponetur. Quod factum est. Nam elevata, fuit super singulis interrogata, et precipue super personis per eam nominatis. Et illa omnia et singula, de uno ad unum, ratificavit et confirmavit in omnibus prout scriptum est. Qua ratificatione habita, fuit deposita et ducta ad locum suum, animo [prosequendi usque ad expeditionem cause].

Die ***.

Fuit ducta dicta Malgherta, absoluta ab heresi per (a) admodum reverendum dominum vicarium habentem facultatem.

Die ***.

Fuit dicta Malgherta sententiata ad mortem capitis et ad incenerationem. Et fuerunt confiscata eius bona, ut in libro sententiarum. (42)

Die lune 30 decembris 1630.

Fuit per manum carnificis civitatis Merani executa sententia.

(a) Nell'originale: ad.

(1) Borm. asc "asse" posta di traverso per attraversare il torrente (Longa 22), passerella, lat. assis "asse" (REW 732). Negli Statuti civili i tronchi posti per attraversare i corsi d'acqua portano il nome di peiegn (StatCiv, cc. 176-7), dal lat. pĕdanĕus "relativo al piede, adatto per il pedone" (REW 6343). L'espressione ir fòra per l'àqua significa "annegare ed essere trasportato dalla corrente lontano dal posto in cui si è caduti nel corso".

(2) Nel senso di "perciò", come talora nell'it. ant., dal lat. per hŏc "per questo, per ciò" (REW 4158).

(3) Borm. ant. plumàz "cuscino imbottito di piume", anche "mazzo di piume" (Longa 202), lat. plūmācium "cuscino di piume" (REW 6611; DEI 4,2959; VEI 776). Anno 1551: Et primo lectos 2 plume cum plumaziis 2 et cosino uno parvo cum duabus flodregetis (QInq; Bracchi, BSSV 53,238-9); 1561: con la sua flodriga di terlis, con il suo piumaz appresso (QCons); 1574: et plumatio uno et plumatiis duobus; 1583: un lenzol de lino, un lenzol de lana, un piumaz (QInq).

(4) Corrispondente dell'it. qua, dal lat. ĕccu(m) hāc (REW e REWS 3965; (Rohlfs 3,249), borm. , ant. cée, céi, valli , furv. c(h)ià, liv. "qui, qua" (Longa 45), valt. scià "qui, qua" ( Merlo 11; DEG 752; DVT 1038).

(5) Borm. besgiolàr, sg'besgiolàr, cep., piatt. (sg')besgiulèr, furv. bösgiulàr, sem., liv. besgiolér "belare" (Longa 32 e 219). Da una base onomatopeica (LEI 5,806-7 e 812-3). Verz. buslì "pianger forte" detto dei bambini (Monti 380), posch. besolà "pianger forte", valt. beslà "gridar forte" (Monti 20), tell. bésul "urlo, forte richiamo", trà fò m bésul "emettere un urlo, un forte grido o richiamo", trach adòs n bésul "dargli un grido che si discanti" (Branchi-Berti 101).

(6) Borm. la dìa del fén "la stipa del fieno", "il luogo dove si depone il fieno nel fienile", la dìa de la gràscia "il mucchio del letame", una dìa "una grande quantità, un mucchio" (Longa 53), dal prelat. *diga "muro, pila", dalla rad. Ie. *dheigh- "impastare, fare mattoni di terracotta, costruire muri" (Bracchi, Paideia 35,52-3; IEW 1,244-5).

(7) Questa stessa ipotetica ritorna in modi diversi. Riportiamo qui le varianti successive, che permettono di constatare la consecutio temporum:Tu potresti bene guarirmi, se volesti; Non piangere, che tu potresti ben guarirmi, se volesti; Tu potresti guarirmi, se volesti.

(8) Col fazzoletto da testa, come si specificherà più avanti.

(9) Dettaglio interessante per ricostruire le condizioni di disagio di quel tempo.

(10) La frase va probabilmente completata: si lamentasse che, pur avendo il potere ri restituirgli la sanità, si rifiutò di farlo, come viene detto di seguito.

(11) Borm. sughét "pappa fatta con farina di frumento arsa nel burro e poi bollita con acqua", soghét "pappa densa di farina arrostita nel burro" (Monti 282), furv. scighét (Longa 252). Anno 1626: a casa della Gatta, la quale mi faceva il sughetto da mangiare; 1687: et doppo mi diedero di far sughett, et riddens, et ero guarita doppo d'haverlo mangiato; 1711: mi disse che gli facessi un poco de sughetto. Al che gli risposi: Vos che te facci sughetto, se non hei neanche una frigola de farina [= se non ho neppure una briciola di farina]? (QInq). Attraverso un soprannome omofono, si è giunti alla formazione del toponimo Sughét in Valdidentro (Longa 314), ora rietimologizzato in Seghetto, a motivo dell'esistenza di una sagheria sul Viola, che peraltro risulta presente già in tempo antico. Anno 1588: Gotardus dictus Suget; 1607: contra Francischum quondam Gottardi Sughetti d'Isolazia; 1644: vicino alla rasiga di Sughetto; 1649: venero contrastando sin vicino alla casa di Sughetto [de Planalbino]… arivati alla rasigha di Sughetto; 1662: Ioannes Petrus quondam Dominici Nicolini dictus Sughett; 1679: Francesco Marno detto Sughettin, ch'era su in Samiglior a segare (QInq); 1587: mandorno essa sorella ancora a Suget a pigliar del altro vino (QInq). Formazione diminutivo del lat. sūcus "succo", nel caso specifico "pappa piuttosto liquida" (REW 8419). Crem. sughèt "mosto di vino cotto con farina" (Samarani 251), Val Pesarina suvìt "farinata commestibile", dimin. di suf, zuf "farinata" ( Pirona 1323).

(12) Poco sotto, nella stessa deposizione, troviamo: Il signor curato persuase mia moglie che la la dovesse imbutare. Nel bormino attuale si direbbe: l'à persuadù la mìa fémena che al la fés imbutàr. Il sintagma la la per il corrente al la non è dunque dovuto a un errore, e ritorna anche altrove.

(13) Borm. pèrdes ìa "svenire" (Longa 195), dalla costatazione della perdita di coscienza.

(14) "Non appena assaporò" il latte.

(15) Come troveremo poco avanti, si tratta di Camillo Foliani.

(16) Camillo Fogliani fu arciprete dal 1616 al 1629.

(17) Forse nel senso di "rattrappita".

(18) Abbandonare la cappellania.

(19) Si tratta del corpicino di un bimbo mutilo di alcune parti del corpo. Cf. nella prima parte di questa trascrizione: ACB, Quaterni inquisitionum, sorte invernale 1627-28 e sorte primaverile 1628, marzo 15.

(20) I sacerdoti giuravano portandosi la mano al petto, a differenza dei laici, che erano chiamati a mettere la mano sulla Bibbia (tactis Scripturis).

(21) Borm. ant. l'éita "la parte migliore di eredità", "parte preferita che la più giovane della famiglia ha il diritto di scegliere per prima nella divisione dei beni lasciati dai genitori", sem. làgala tirér l'éita léi (Rini 32; Canclini, Nascita 405). Qui il termine appare nella sua forma dotta e nel suo significato più antico di "(diritto di) scelta", dal lat. elĕcta (pars) "scelta", fr. élite "parte scelta" (REW 2843).

(22) Il contesto sembrerebbe alludere alla fuga della capra e al suo ritorno alla stalla precedente. Forse dal lat. rĕdĭtus "ritorno" al luogo di origine (REW 7145; DEI 5,3220). Benché la voce sia dotta, non sarebbe del tutto da scartare come nome di malattia. Rappresenterebbe un corrispondente semantico anticipato del termine nostalgia "male del ritorno", coniato a Basilea nel 1688 da Johannes Hofer con elementi greci come titolo per la sua tesi in medicina, destinata ad analizzare quella "malattia che coglieva non di rado gli svizzeri durante il loro servizio militare in eserciti stranieri", in ted. Heimweh "dolore, male della patria" (DELI 3,810).

(23) Ora li Rum tra Isolaccia e Semogo (Longa 314). Probabilmente da *l'airùm, dal lat. area nell'accezione generica di "spazio aperto e pianeggiante" con suffisso collettivo -ūmen (Bracchi, ZRPh 109,325-8). Viene da qui il famoso Marendìn, un imputato per stregoneria che incontreremo più avanti.

(24) Come viene confermato poco sotto un pécen "un pettine", forse di telaio (Longa 256).

(25) Borm. l'à sc'cavezà la pùnta de na làta "ha spezzato la cima di una pertica", sc'cavezàr "spezzare, schiantare, rompere piegando", anche contrato sc'chezàr (Longa 234), corrispondente dell'it. scapezzare, scapitozzare "togliere il capo, la punta, la parte terminale", denominale da capĭtium "estremità" (REW 1637; DEI 5,3371 e 3380; DEG 751; DVT 1026).

(26) Borm. crapentàr, ant. crepentàr "far morire", nel contesto più immediato "soffocare", crepentàs "prendersi l'ernia" (Longa 116), formato sul partic. pres. di crepàr "spaccarsi, fendersi, screpolarsi", "crepare, morire", dal lat. crĕpĕre, crĕpāre "strepitare" rompendosi (REW 2313).

(27) Sopra la stufa, nella camera riscaldata foderata in legno, era sempre sistemato qualche recipiente, per mantenere calda l'acqua. Borm. cónca "vaso di legno in cui si preparano cibi sussidiari per il bestiame, con panello, farina, paglia e fieno trinciati", cónca del porcèl "truogolo del maiale", cónca del lèc' "larga bacinella per l'affioramento della panna" (Longa 112), lat. cŏncha in origine "conchiglia" a motivo dell'utilizzo della valva come contenitore (REW 2112).

(28) Voce caduta dalla memoria, ma ancora segnalata dal Longa a Pedenosso nella variante femm. guàrna "vivanda fatta di pan grattato di frumento e latte, cotta nel latte" (Longa, WS 6,188). Anno 1697: hanno visto che [il morto] ha butato su una robba come guarno, et era tutto negro giù d'una parte [per le percosse] (QInq). Valeva forse originariamente come nome generico di "cibo", deverbale di gŭbĕrnāre, specializzatosi nel senso di "provvedere i pasti, rigovernare le bestie" (REW e REWS 3903). Nel gergo dei calzolai di Piatta si è protratto il termine guàrna nell'accezione di "carne" e in quello dei ciabattini furvaschi il derivato guarnéira "carne" (Bracchi, Parlate 137-8).

(29) Borm. ant. pagliolénta "puerpera", èser in pagliòla "stare a letto dopo essersi sgravata". Gli Statuti civili di Bormio permettevano di vendere eccezionalmente vino paiolentis (c. 325). Anno 1646: Interrogata se detta Gioannina fu in casa sua al tempo del detto parto, et a che fare. Respondit: Lei vi fu tre volte senz'alcuna occasione. Interrogata se sono parenti et se vi venne a paiolenta o per visita. Respondit: Né siamo parenti, né venne a paiolenta, né per visita (QInq). Dalla citazione si ricava l'esistenza di un antico rituale di visita alle puerpere, probabilmente per portarle dei doni, scomparso in seguito dalla tradizione. Dal lat. palĕa "paglia", per inerzia dell'antica usanza di partorire sulla paglia o di sigillare con paglia tutte le fessure della camera dove giaceva la donna sgravata, per timore che il vento maligno entrasse nell'utero, gonfiandolo (REW 6161; DEI 3,1953; VEI 540; DEG 597).

(30) Di zolfo e pece. Due ingredienti prediletti dalle streghe. Borm. ràsgia "resina dura", furv. résgia, liv. rèsgia (Longa 209), dal lat. *rasia "resina" (REW 7073).

(31) Borm. sc'tornimént "stordimento, senso di vertigine", sc'tornìr "stordiere, intontire" (Longa 249), probabilmente da connettersi con stŭrnus "storno" (REW 8339), anche se si notano incrostazioni di diversa provenienza, in continuità con altri nomi di uccelli che entrano a designare numerosi stati patologici di indebolimento delle facoltà psichiche, in particolare l'ubriacatura, dalla credenza dell'introduzione di spiriti maligni nel corpo umano sotto forma di animali (DVT 1219-20).

(32) Borm. sg'ghizolàr "mandare alte strida, piangere come i fanciulli e le donne", liv., sem. sg'guizolér, cep. sg'guizelèr (Longa 227). Voce di origine onomatopeica.

(33) Tassazione proporzionale ai possedimenti di ogni gruppo familiare per far fronte alle spese dell'esercito occupante.

(34) Borm. crapéna "tavolato o impalcato per pagliaio sopra il fienile", incrapenàr la séghel "riporre la segale nel pagliaio" (Longa 116). Da una voce gall. *carpenna, parallela di carpentum "carro", passando per la mediazione di un valore più generico di "impalcatura di legno", soggiacente anche al derivato it. carpent-iere (REW 1710; Stampa 134-135; DRG 3,395-397; HR 1,174; FEW 2,400).

(35) Borm. cusàr "accusare, fare delazione", cusàr i punt "dar nota di punti per aver più di due carte da gioco" (Longa 121), piatt. cusavésa "donna che riferisce ad altri le cose sentite", corrispondente del sem. cuntavésa sm. "chi non sa tacer nulla" (Rini 43), alla lettera "accusa scoregge". Lat. causāre "porre sotto causa, accusare" (REW 1782).

(36) Borm. impasc'tàr su "impastare, dare consistenza e forma alla pasta", con accezione traslata, come si dice in it. "condire a proprio modo".

(37) Borm. sc'trusciàr "strusciare, affannarsi", ac'trusciàr de chi e de lì "affaticarsi molto per una cosa e per l'altra", sc'trùsci "fatica penosa, affanno che strugge" (Longa 251), qui "torturare". Lat. popol. *extrūsāre "strusciare contro, strofinare" (REW 3107).

(38) Borm. sg'bombàr (fòra) i pagn, furv., piatt. sg'brombàr "sbattere i panni nell'acqua per risciacquarli" (Longa 219), da una base onomatopeica *bomb-, ripetitiva dello sciacquio (REW 1199 e 1181).

(39) Formazione parallela di Bernarda, che presenta la dissimilazione di r-r in r-l, riprendendo una variante probabilmente in uso.

(40) Borm. ant. gipón "giacca". Anno 1577: è tagliato il saio et il zupone; 1609: [con un'asta] mi ha passato il giuppone: 1620: senza capello et in pianelle et sbaratato [= aperto] il zipone; 1632: mi dava dil badile alla vita, per segno che mi ha rotto parte del zupone; 1650: haveva un mio giuppone di canevazzo sotile da fare su; 1650: un strazo de un gipon; 1660: li mancassero una saia negra, un gipone straziato; 1680: un giponeto venduto per pagar il mortorio (QInq). It. giubba, dall'ar. gubba "sottoveste di cotone" (REW e REWS 3951; DEI 3,1817; DVT 464; DRG 7,81).

(41) Raglión fra Val Bociàna e Morzàglia, sopra Isolaccia, sul versante destro del Viola (Longa 313), negli Statuti boschivi Ralono, forma che richiama al Ralón, tenuta sopra Piatta verso Pradibèl (Longa 307). Probabilmente dal soprannome dell'antico proprietario.

(42) Non si è trovato il riferimento preciso. Si constata in tutta questa sezione del processo un'accelerazione concitata al fine di far rientrare l'imputata nell'esecuzione collettiva prevista al termine dell'anno, così da evitare ulteriori trasferte del carnefice, piuttosto dispendiose per il bilancio comunale.