Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte invernale 1630-31 2 10 11 14 16 17 dicembre 1630; 16 gennaio 1631

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Persone
Giacomina Pradella di Semogo
Procedimento giudiziario
Inchiesta su Giacomina Pradella di Semogo, per stregoneria (6 - 16 maggio 1630; 2 dicembre 1630 - 16 gennaio 1631; 30 luglio - 23 dicembre 1631; 14 febbraio 1635; 14 febbraio 1635;)

La vicenda, che concluse in maniera diversa dal prevedibile la vita di Giacomina Pradella, è preceduta da un incartamento, stilato nello stesso anno della cattura, dove viene accusata di essere strega. Denunciata come correa e catturata, la donna, dopo alcuni interrogatori e confronti con altre streghe e stregoni, e dopo molte ore di supplizio sul cavalletto, fu ritrovata in carcere morta con un'ampia ferita sulla fronte, quindi probabilmente suicida. Si stabilì comunque che la causa del decesso fosse da attribuire a "qualche vento che l'habbi negato il core per il patimento del cavalletto", penetrato attraverso "le parti vergognose".

Taddeo Rocca, marito di Giacomina, poco dopo la morte della moglie, ingiuriò pesantemente il consigliere di Valdisotto, accusandolo di essere stato la causa delle sventure della consorte.

1630. Die lune 2 decembris.

Stante nominatione facta per Dominicam, nuncupatam la Chieriga, Iacobinam Mottisellam et Jacobum de Franceschina de Semogo, Malghertam de Pradella, (a) maleficos confessos et convinctos ut in processibus notatis per dominos Zucolam et me Sermundum cancellarios, de persona Jacobina quondam Abundii de Pradella, uxor Tadheo della Rocca de Oga, tamquam malefica, (b) fuit ordinatum per partitum concilii quod hac nocte adeatur eius domum in contrata de Oga et capiatur ipsa Iacobina, ut supra, et capta ducatur in fortiis Communis et incarceretur ad effectum etc. Quod factum est.

1630. Die 10 mensis decembris.

Constituta fuit antescripta Iacobina quondam Abundii de Pradella coram magnifico concilio Burmii in carcere detenta.

I. se sa la causa per la quale è stata incarcerata.

R. Signori, no. Ò solamente inteso che mi hanno palesata per strega, ma non è però la verità.

Dettogli che averti dir il vero, perché la verità è ch'è stata deposta dall'altre, le quali l'hanno conosciuta.

R. Non lo possono dir con verità, che non son di tal sorte.

Stante eius negativa, ordinatum fuit quod propriis eius vestibus expolietur, et aliis induta lighetur per funem et elevetur ad medium torture coram etc. Deinde interogetur.

Interogata.

Respondit: Non posso dire che sia tale, se non sono.

Postmodum ordinatum fuit quod elevetur usque ad eculeum, et ei detur medius ictus funis, deinde compleatur horam in tortura. Quod factum fuit.

Et cum fuisset in tortura fere per horam, deposita fuit et interogata.

R. Non posso dire quel che non è. Non son cattiva, né di tal sorte.

Et sic fuit ducta ad solitum carcerem.

1630. Die mercurii XI mensis decembris.

Coram magnifico concilio constituta fuit dicta Iacobina in loco tormentorum.

Et interogata se si è disposta a dir la verità.

R. Non so che dir altro, perché mi fanno torto.

Extunc per partitum fuit ordinatum quod dicta Iacobina expolietur suis vestibus, et aliis indutis supponatur tormento vigilie ad effectum ab ea extorquendi veritatem. Quod factum est. Et incepit tormentum hora 20 pulsata, in quo stetit usque ad sextam horam noctis, ipsa semper persistente in negativa. Deposita fuit et ducta ad solitum carcerem, animo.

Die sabbati 14° mensis decembris.

Constituta dicta Iacobina de ordine magnifici concilii in loco tormentorum.

Et interogata se si è pensato di dire la verità.

R. Non son in questo errore, né ho fatto mal ad alcuno.

Tunc cognita eius pertinacia, ut ab ea extorquetur veritatem, ordinatum fuit quod iterum supponatur tormento vigilie per horas octo. Quod factum est. Et cum multities monita fuerit ad veritatem dicendam, semper respondit negative, dicens: Non son tale, né ho fatto mal alcuno in questo.

Fuit a tormento deposita post horam sextam noctis et ducta ad solitam carcerem, animo etc.

Die lune 16 mensis decembris.

De ordine magnifici concilii constituta fuit antescripta Iacobina in loco tormentorum.

Interogata et monita ut veritatem fateri velit, et recedere ab eius pertinacia. Et cum persisteret in negatione super omnibus, ordinatum fuit quod denuo supponatur tormento vigilie. Quod factum est.

Et interogata che dicha la verità, chi gli habbi insegnato, et chi ha conosciuto a quei balli, stando che consta per più depositioni lei esser intervenuta.

R. Mi non son andata a quei balli, né ho conosciuto alcuno.

Et cum stetisset in tormento per horas 14, semper persistit in negativa. Fuit ordinatum quod, ad convincendam duritiem dicte Iacobine, constituantur coram ea omnes qui eam deposuerunt, et fiat confrontatio cum ea.

Et sic constituta coram ea Dominica Chieriga senex, Dominica eius filia, Iacobus de Franceschina et Malgherta de Pradella, in faciem ipsius Iacobine, singule earum dixerunt: Iacobina, tu sai molto bene che sei stata in nostra compagnia al ballo, dove ancora noi se siamo ritrovate, che non ti poi iscusare. Perciò confessa la verità e convertati a Dio, che cossì habbiamo fatto ancora noi, e salva l'anima tua.

Quibus verbis respundit ipsa Iacobina: Poltrone che sete, mi fate torto! Se sete voi streghe, non son io! Vi vengha la frasella, (1) poltrone!

Et post duas horas, visa eius pertinacia et cognita senectute et debilitate eius, stante quod petit ex gratia deponi a tormento, fuit deposita, et reffecta prope ignem fuit ducta ad locum suum, animo etc.

Die martis 17 mensis decembris.

Coram magnifico concilio congregato in loco solito, comparuit Dominicus Proffa caniparius, et retulit che, essendo andato per dar da disnare alla sudetta Giacomina, l'à ritrovata morta.

Qua relatione audita, fuit immediate ordinatum quod diligenter inspiciatur cadaver. Et sic inspecto, fuit inventum vulnus in fronte illius alicuius profunditatis. Et die lune 23 mensis decembris per magnificum concilium fuit ordinatum quod diligenter examinentur caniparius et famuli Communis super hoc: se essi restano informati come et in qual modo la detta Iacobina habbi ricevuta la detta ferita.

Respondit caniparius: Doppo levata la detta Giacomina dal tormento del cavaletto, la condusse al foco per scaldarla et refficiarla. Doppo Domenico servitore la prese sotto li bracci, la portò alla preggione, et io era con loro faccendoli lume, la collocassero nel suo letto, né gli viddi quel segno in fronte altrimenti la sera, né so che nel condurla habbi preso botta alcuna, solo che nel condurla toccava con li piedi in terra. È vero che la impronò (2) su l'uscio della pregione, ma non prese botta. La mattina seguente, essendo andato per dargli da magnare insieme con Domenico servitore, detto Domenico andò per agiutarla su, et subito disse: L'é fredda, l'é gelata, l'é morta! Io guardai, la viddi nella istessa positura che la lasciai la sera. Et guardando più bene, li viddi nel fronte una percossa, quale non gli haveva vista altre volte.

Et juravit.

Dominicus servitor publicus suprascripta juravit et dixit: La pigliai al foco et la portai abasso alla pregione, né l'ho lasciata pigliar botta, solo che li piedi toccavano terra. Quando fui alla pregione, l'impronai su l'uscio per poter andar dentro ha tirarla dentro. La tirai dentro, e la colocai nel letto. Lei parlava, ma poco. La mattina seguente son andato con il canevaro a portarli da magnare. Son andato per agiutarla su, la trovai fredda et morta. Li vidi un segno nella fronte di percossa, quale non havevo visto altre volte, né so come se sii fatto.

Et qui juravit etc.

Nicolaus suprascriptus servitor, interrogatus.

Respondit: Non ne so cosa alcuna come li sii ocorso, né gli ho visto quel segno in fronte, se non doppo morte.

Et juravit.

1631. Die jovis 16 mensis januarii.

Prima hora noctis ad dominum regentem Gervasium Grosinum accesserunt Nicolaus Rampus et Dominicus de Balditis, curiales, in hunc sequitur modum refferentes, silicet: Essendo noi in compagnia di Marco Bormolino andati in questa hora alla preggione solita di Giacomina di Abbondio di Pradella (c) per dargli da cena, entrati l'habbiamo morta ritrovata.

Quibus auditis, preffatus dominus regens Grusinus se in Pretorium contulit, vocare fecit et congregare illustrissimum dominum pretorem et dominos conciliarios Terre pro habenda informatione de huiusmodi casu mortis. Et sic congregati coram prefatis domino pretore et regente Grosino, in absentia domini regentis Nisina ex Terra pro negotiis Communis, ac dictis dominis conciliariis, vocati fuerunt suprascripti Nicolaus et Dominicus, servitores et custodes carcerum.

Et interrogati in qual tempo et modo habbino ritrovata la detta Giacomina morta, come essi hanno refferto.

Ex [uno] ore (3) responderunt: Essendo noi, come habbiamo detto al signor offitiale Grusino, andati tutti tre per dargli da cena, entrati nella preggione l'habbiamo ritrovata morta, stesa in schena nel letto, et coperta delli ordinarii panni.

I. quali d'essi questa mattina son statti alla pregione ha darli il disnare.

Respondit Dominicus: Vi son andato io in compagnia de Marco Bormolino, et ha magnato allegramente (4) pane, carne, minestra et bevuto dil vino. Poi, come ho detto, s'è stesa giù per il letto, et noi se siamo partiti, serata la pregione. Né più altro, sino a questa hora vi siamo andati.

Interrogatus Nicolaus servitor, se fra il disnare et la cena essi o altri vi son andati alla pregione.

R. Signori, no, perché doppo haverli dato il disnare ho portato le chiavi delle preggioni alla moglie del canevaro, la quale poi, questa sera, le ha remandate per Marco, per dargli la cena. Né altro so.

Qua relatione habita, immediate ordinatum fuit quod inspiciatur cadaver. Et sic a dictis servitoribus inspecto, retulerunt dicentes: L'habbiamo spogliata nuda, et diligentemente ricercato alla vita, né segno alcuno sospettoso li habbiamo ritrovato, eccetto che le parti vergognose gli sono rimaste molto gionfie, che si stima essergli entrato qualche vento (5) che l'habbi negato il core per il patimento del cavalletto etc.

Extunc mandatum fuit ut cadaver per dictum [servitorem] ad partes superiores ediffitii Pretorii aufferatur, donec etc.

Quod factum est. (d)

(a) Inserito nell'interlinea: Malghertam de Pradella. Segue cancellato: et Jacobinam Motisellam.

(b) Nell'originale: maleficam.

(c) Nell'originale: Giacomina di Cristoforo del Valar. C'è stata evidentemente confusione con il nome di un'altra imputata per stregoneria.

(d) L'interrogatorio è ripetuto su due fascicoli. Data la loro concordanza, si omette il secondo.

(1) Voce scomparsa, ma già incontrata in altri processi. Anno 1573: Vi vegna quella fraselana che v'amazzi, strioneyra che sot!; 1617: Te vengha la frasela, figliola de un strion! (QInq, Rini 33). Berg., bresc. frasèla "sfasciamento, frantumazione", andà in frasèle "andare in frantumi, in briciole, disfarsi interamente", dal lat. frangĕre "rompere", fragium "rottura" (REW 3472 e 3482). Qui potrebbe valere in generale "possiate andare alla malora!".

(2) Borm. impronàr "rovesciare, buttare giù a terra, prostrare", impronà ó "prono, prostrato, capovolto" (Longa 88). Composto dal lat. prōnus "prono, rovesciato in avanti" (REW e REWS 6779).

(3) Nel senso di "concordemente"?

(4) Qui nel senso di "con appetito".

(5) La credenza che qualche vento maligno si potesse introdurre nel corpo delle partorienti sembra alla base della loro antica denominazione di pagliolente. Per scongiurare questa possibilità, infatti, era tradizione che si dovessero sigillare con paglia tutte le fessure della stanza. Allo stesso retroterra superstizioso conduce anche la locuzione sondal. al g(hi) à bofè sót(a) al vént "il vento le ha soffiato sotto", usata quando, in presenza di piccoli, si vuol dire che una donna "è rimasta incinta" (Dario Cossi).