La caccia alle streghe del 1630-32

di Ilario Silvestri

Scorrendo i registri amministrativi degli anni che vanno dal 1629 al 1632, quel che appare come un'ombra che incupisce l'ordinario fluire della vita nel contado di Bormio è la minaccia del contagio pestilenziale. Tale pericolo (ma non soltanto) contribuì certamente a eccitare sentimenti di assoluta intolleranza verso coloro che erano sospettati di avere complicità con il Demonio. Trentaquattro persone, tutte di Valdidentro e Livigno, furono inesorabilmente giustiziate.

Alle consuete attività si aggiunsero comunque importanti iniziative per concretizzare l'istituzione di una scuola retta dalla Compagnia di Gesù; si cercò di adeguare alle disposizioni dettate dal vescovo di Como monsignor Lazzaro Carafino, in visita pastorale nel 1629, le istituzioni ecclesiastiche e, soprattutto, furono difesi con i denti gli antichi privilegi, in particolare quelli relativi al commercio del vino, che Valtellinesi e Grigioni non perdevano occasione di inficiare. Continuarono anche gli onerosi lavori di ricostruzione della chiesa collegiata, distrutta nell'incendio del borgo di Bormio nell'ottobre 1621.

Gli eventi turbinosi che toccarono buona parte dell'Europa non determinarono i lutti e le miserie successive alla rivolta del 1620, se non in misura minima.

L'ininterrotto conflitto tra Casa d'Austria e Francia, sul finire del secondo decennio del Seicento, ebbe come teatro la Lombardia e il Piemonte quando bisognò decidere chi avrebbe dovuto succedere a Vincenzo II Gonzaga, morto senza diretti eredi il 26 dicembre 1627, sullo scranno più alto del ducato di Mantova e Monferrato. La Valtellina e contadi, che ancora non vedevano concordi le predette potenze nell'interpretazione del trattato di Monzon, furono in quegli anni percorse ed obbligate anche ad acquartierare le soldatesche impegnate a risolvere nei campi di battaglia il problema della successione al Gonzaga.

I disagi, i danni e le preoccupazione che tali transiti e acquartieramenti suscitavano sono succintamente descritti da Giasone Fogliani nelle sue memorie degli anni 1629, 1630 e 1631. Egli annota che nel ritornar da Mantova, [le soldatesche dell'Armata Imperiale] portarono seco la peste che manifestamente se gli vedevano le piaghe nella vita a molti di essi soldati. Entrarono questi nel territorio di Bormio, sotto pretesto d'alloggiare solo per passaggio et posti che furono a quartiere nelle case della povera terra di Bormio, ivi si fermarono per sei mesi continui nel qual tempo causarono dei danni più di cento milla scudi fra contributioni, spese … fattesi dare, robbamenti ed altre cose. (1)

Le straordinarie misure precauzionali adottate dagli amministratori bormini mantennero però immune il contado da quell'epidemia che fece scrivere pagine toccanti ad Alessandro Manzoni. L'allarme e i provvedimenti a tutela della salute pubblica da parte delle magistrature ebbero inizio già nel 1627 (2) ma, a partire dal 1629, divennero ben più minacciosi e perentorii. Il 31 ottobre di quell'anno si decretò che stanto li gravi sospetti del male contagioso si sente far gran progressi in molte parti del paese de' Grigioni, per li quali è statto necessità per la salvezza nostra di bandire l'ingresso de' Grigioni per le loro parti nel nostro territorio et il comercio de' nostri nelle loro parti. Però ad effetto di contenere ciascuno dalla violazione delli ordini et per punire chiunque osarà contrafare a quelli s'impone la pena della forca a ciascuno contrafaciente d'essere irremisibilmente eseguita ordinando che a questo effetto siano piantate le forche nelli luochi de' passaggi, come in Livigno, Frahele et altri luochi.(3) Il 12 dicembre si decretò la chiusura della strada verso la Valtellina prohibendo a ciscuno qual venghi dalla parte di Valtellina, sii terriera o forastiera, che non possi haver ingresso nel nostro paese oltra li confinii et passando oltre le guardie, doppo l'esser avisato, possi esser amazato impune et havendo robbe, siano perse, dichiarando che nell'istessa pena incurino se lasciando la strada regale (4) et ordinaria, andando per senteri fuori di strada per fuggir le guardie. Et questo s'intendi per quindeci giorni seguenti et più oltre sino alla revocatione nel resto inherendo all'altre publicationi in tal materie fatte per inanzi etc..(5)

Chiuse le strade a Nord e a Sud del contado ci si affidò innanzi tutto alla protezione di Dio e dei Santi per scampare al terribile flagello. Così nei primi giorni di gennaio del 1630 si deliberò che non trovando modo più espediente al riparo di tal mal contagioso et flagello, che cossì piacesse a Dio per nostri peccati volerne dare che il ricorrere da Sua Divina Maestà et suoi santi nostri protettori, Gervasio et Prothasio, et altri Santi a noi devoti, hanno per devotione particolare stabilito et concluso di voler questo anno far ogni sforzo di metter in ben stato la fabrica della chiesa […] ancora che questo anno sia reffabricato un altare in detta chiesa aggregatosi in particolare il nome delli gloriosi santi Sebastiano et Rocco, in oltre che per dieci anni prossimi si facci una generale processione il giorno di san Carlo alla chiesa di santa Lutia, intitolata a detto Santo, dove se canti messa solenne con particolari orationi in pregare Dio Nostro Signore che per i meriti di detto Santo ne vogli liberare di tal contagio di pestilenza. (6)

Il mese seguente si formularono direttive che permettessero, seppur con grandi cautele, una qualche attività commerciale. Così si stabilì, per esempio, che per ricevere il vino sudetto [dalla Valtellina] sian preparati duoi restelli (7) alla Sera, nel luoco che meglio sarà giudicato che per mezzo quelli sia ricevuto per un canale ben coperto o cornice (8) longo quarte tre (9) in circa con doi restelletti di ferro al capo et fine di detti cornici o canale, qual svodino et sia ricevuto (10) in un brentone o altro vaso conveniente per reportarlo nel paese, così che mentre si riceve il vino restino ben chiusi et riserati detti restelli […], che per ricever vino, vender sale o parlar ad alcuno di Valtellina, niun ardisca passar oltra il portone della Serra senza licenza del deputato assistente. (11)

Le misure adottate evitarono l'infezione, ma la causa di tale ventura non poteva che essere attribuita alla benevolenza di Dio. In suo ringraziamento, nell'estate del 1631, si ordinò che cognoscendo il magnifico conseglio l'obligo grande ha questo contado a Sua Divina Maestà et Santi nostri protettori per la miracolosa preservatione fattaci dal contaggio et liberatione da molti travagli, a fine di rendere le debite gratie a tanto favore et per ottenere l'agiutto divino anco nelli presenti bisogni stando che continua il contaggio in molti luochi vicini et in alcuni altri di novo principio, ha isto magnifico conseglio ordinato che si facci elemosina alla chiesa di san Sebastiano di Bormio di cinquanta ducatoni, quali si habbino ad impiegare nella fabrica di un quadro per l'altare maggiore di quella chiesa, dovendosi perciò eleggere dal magnifico conseglio un deputato sopra questo, quale habbi carico di farlo fare da buon maestro. (12)

Fu certo per onorare Dio e per preservare la religione cattolica da ogni eretica corruzione che, nel settembre del 1630, il podestà Giasone Fogliani di Bormio, secondo gli obblighi assegnati dagli Statuti a chi ricopriva tale incarico, (13) diede avvio e istruì i processi contro coloro che erano sospettati di praticare la stregoneria. Da quanto egli stesso lascia intendere nelle sue memorie, le inchieste dei magistrati avrebbero dovuto estendersi a tutto il territorio del contado. È infatti quasi con rammarico che annotò che le indagini si limitarono alla sola Valdidentro e Livigno. Egli scrisse che vi erano scuole intiere di streghe e stregoni delle quali se ne scoprirono due sole, una a Semogo e ad Isolaccia l'altra a Livigno, le quali furono tocche alquanto dalla Giustizia. (14)

Un altro contemporaneo ai fatti, Gioachimo Alberti, dà relazione in un suo memoriale di quanto avvenne a proposito dei provvedimenti sulla stregoneria in questi termini:

e perché tuttavia continuava la peste né luoghi confinanti a Bormini, si andava riparando col mantenimento delle debite guardie e provisioni. Occorse che un contadino delle Valli si portò in Agnedina Alta da persona ordinaria, che professava dar rimedi per amalati, chiamato l'astrologo di Camoasco. (15) Fu ciò penetrato dai consiglieri, o sia dal Consiglio di Bormio, fu il contadino punito severamente in denari, si scoprì l'occasione per la quale quest'uomo avesse trasgredito gli ordini ed editti publici, cioè che ritrovandosi sua moglie già alquanti giorni al letto immobile, e dubitando di qualche malefizio o stregaria, fosse ivi andato per averne parere dal sudetto di Camoasco, (16) qual gli fece vedere in un ampolla le tre persone concorse al malefizio, cioè in un brazzo di panno rosso, ed essendo queste tre donne conosciute dal contadino, palesò al giudice il seguito. E stante che una di queste era già di voce e fama in pregiudicamento e sospetto di strega, essendo anche già da alcuni anni processata per strega e dimessa dalle carceri tal qual era per non aver potuto averne la verità, si ripigliò la donna e per via di tormenti palesò il seguito malefizio con una truppa di persone, fra le quali v'era una sua figliola ed una parente. Il Giudice di Bormio fece intervenire l'arciprete Simon Murchio, vicario foraneo, per maggiore sicurezza delle loro coscienze con il consenso di monsignor vescovo di Como, e furono fatte decapitare ed incenerire al numero di 34 donne e uomini.

Monsignor Lazzaro (17) Carafini, vescovo di Como, portò alli giudici di Bormio scrupolo di coscienza per il di loro tanto rigore, né per questo pretendesse di entrare nei termini di giurisdizione con i Bormini, ma solo in quelli di consiglio per soddisfare anch'esso alla sua propria coscienza, stante il ricorso di tante persone dimandandogli rimedi ed inibizioni.

La donna del contadino non ostante li debiti esorcismi continuò in quel stato di mortalità per più di due mesi, conservando però nella faccia il suo natural colore, ma l'occhio era torbido e senza che essa mangiasse cosa veruna, ma bensì sorbendo di quando in quando dell'acqua per un dente che vi mancava. Dagli religiosi e medici si andava molto discorrendo sopra tal persona, cadendo in questo, che il Demonio gli portasse il vitto e che anche la tenesse netta dagli escrementi; doppo due e più mesi fu liberata dalla malia e malefizio e palesò essere vero che gli fosse stato [dato] un brazzo di panno rosso per fare un orlo o mostra al piede di un vestito. Fu osservato che questa donna s'affacciasse alla finestra ed accorgendosi d'essere osservata, ritornava al posto suo primiero d'immobilità. (18)

Il conflitto giurisdizionale con il vescovo di Como a cui fa cenno l'Alberti fu cosa di non poco conto, tant'è che, se non fosse sorto, si sarebbe probabilmente continuata la persecuzione delle sospette streghe come il podestà Giasone Fogliani sembrava proporsi, estendendo le indagini alle altre vallate. L'ingerenza del vescovo, a cui alcuni imputati si appellarono, (19) creò grande imbarazzo nei giudici che furono costretti da allora a procedere con grande prudenza ed infine ad evitare ogni iniziativa che potesse giustificare la preminenza del Tribunale ecclesiastico su quello civile dopo che fallì il tentativo di compromesso che trapela dalla richiesta avanzata alla Curia vescovile di affiancare ai giudici di Bormio un assistente per quanto s'aspetta al spirituale al fine di proseguire in causa contra malefici et malefiche. (20)


(1) Archivio di Stato di Sondrio, Fondo Romegialli. Citazione tratta dalla parziale trascrizione del memoriale fatta dallo storico Giuseppe Romegialli.

(2) ACB, Quaterni consiliorum, sorte invernale 1627-28, dicembre 15 e 23.

(3) ACB, Quaterni consiliorum, sorte invernale 1629-30, ottobre 31.

(4) Le strade regali, ossia le strade pubbliche per eccellenza, erano tre: quelle di Fraele e Ombraglio che portavano in Tirolo e quella di Val Fin che portava ai confini meridionali del Contado, verso la Valtellina e la Lombardia.

(5) ACB, Quaterni consiliorum, sorte invernale 1629-30, dicembre 12.

(6) Ibidem, gennaio 5.

(7) Una specie di palizzata in legno.

(8) Tubo di legno.

(9) Cinquantuno centimetri.

(10) "riceputo" nell'originale.

(11) ACB, Quaterni consiliorum, sorte invernale 1629-30, febbraio 8.

(12) Ibidem, sorte estiva 1631, giugno 17.

(13) Ibidem, Statuti, cap. 1.

(14) Tazzoli, vol. IV, pp. 113, 114. La proposizione non compare nella copia delle Memorie di Giasone Fogliani di Giuseppe Romegialli. Il Tazzoli comunque aveva a disposizione l'originale.

(15) "Camonsco" nel testo.

(16) "Camonsco" nel testo.

(17) "Labaro" nel testo.

(18) Alberti, pp. 182, 183. Il fatto, così come riferito dall'Alberti, fu ripreso in forma pressoché identica dagli storici locali che scrissero nei secoli seguenti. Cfr. per esempio Quadrio, vol. II, p. 409; Romegialli, vol. III, pp. 363, 364, 365; Sissa, p. 197; Spinetti, p. 60.

(19) Cfr. per esempio il processo a Domenica Pradella detta Castelera, il cui incartamento non si fermò a Como ma finì addirittura a Roma.

(20) ACB, Quaterni inquisitionum, sorte invernale 1631-32 e sorte primaverile 1632, ottobre 27.