intendenza politica 1786 - 1791

Con l’editto 26 settembre 1786 l’imperatore Giuseppe II, volendo “dare al corso degli affari nelle provincie della Lombardia austriaca una forma regolare e coerente al sistema politico recentemente introdotto in questa e nelle altre parti della sua monarchia”, divise la Lombardia austriaca in otto province, ossia Milano, Mantova, Pavia, Cremona, Lodi, Como, Gallarate, Bozzolo, quest’ultima trasferita a Casalmaggiore nel 1787.

In ognuna di queste province veniva fissata un’intendenza politica, la quale sotto l’immediata “subordinazione del regio imperiale consiglio di governo” doveva soprintendere e determinare non solamente sopra tutto ciò che riguardava “le pubbliche amministrazioni, ma ancora sopra tutti gli altri oggetti politici ed economici della rispettiva provincia” (art. 2).

Compito degli intendenti politici era quello di “vegliare sulla quiete, buon ordine, sicurezza e vantaggio della provincia”, con la possibilità di “procedere alle provvidenze opportune”, qualora fossero “coerenti alle leggi veglianti” (art. 4) (editto 26 settembre 1786 c).

L’“istruzione generale per le regie intendenze politiche provinciali della Lombardia austriaca”, pubblicata anch’essa nel 1786 e articolata in 48 paragrafi, dopo avere ribadito le finalità generali, consistenti nell’eseguire “attentamente e con prontezza” gli ordini che a esse sarebbero stati “di volta in volta abbassati dal regio imperial consiglio di governo” (par. 1), nella sua “immediata dipendenza” da questo organo (par. 2), e nella “vigilanza sopra l’esecuzione degli ordini in tutta la provincia” (par. 3), specificava dettagliatamente gli ambiti di competenza delle intendenze politiche, precisando che “le facoltà degli intendenti nelle rispettive province” comprendevano: “conservazione dei diritti del principato; censo, amministrazione de’ pubblici, fazioni militari; affari ecclesiastici e delle pie fondazioni; confini; educazione pubblica, studi e scuole; arti e commercio; camere mercantili; fiere e mercati; società patriotica e agricoltura; miniere: acque, navigazioni, argini, dugali e degagn;. boschi; allodi camerali; polizia; sanità; monete; pesi e misure; oggetti araldici”. Gli intendenti dovevano inoltre occuparsi degli affari che avevano “rapporto generale alle poste”, esclusi quelli che riguardavano “l’intera direzione e regolamenti delle medesime” (par. 4).

Oltre a questi affari, sanciti nei paragrafi 5-24 della stessa “istruzione”, l’intendente politico doveva occuparsi anche delle materie ecclesiasticche, come “la materia dell’asilo sacro” (par. 25), la concessione dell’“exequatur” per la pubblicazione di bolle, brevi o concessioni pontifice (par. 26), o l’“assistenza spirituale” con la vigilanza sopra i parroci (par. 29). Aveva autorità in campo militare con l’“assistenza da presentarsi agli uffiziali per la compra dei generi” o lo “scoprimento dei disertori e ingaggiatori esteri” (parr. 34-35). Doveva interessarsi delle norme “da usarsi per rendere migliore l’arte di fabricar le case”, in modo da “contribuire nel tempo stesso alla comodità degli abitanti e particolarmente per li quartieri militari” ed “evitare i pericoli d’incendio” (par. 32), contro i quali doveva insieme alle congregazioni municipali provvedere all’acquisto di macchine idrauliche e definire un “fisso regolamento in simili contingenze” (par. 31). Doveva curarsi di affari di beneficenza, regolando le “questue dei regolari” (par. 28) e l’attività dei monti di pietà (par. 30). Doveva attendere alla pubblicazione degli editti, ordini e avvisi (par. 36), con la “facoltà di ordinare la stampa di qualunque carta previo il parere dei regi revisori” (par. 27). Era tenuto a esprimere sempre il proprio parere motivato in tutti i casi richiesti (par. 45), elaborando tutte le proposte che potevano “produrre il bene generale” (par. 41). Ogni otto giorni l’intendente politico, come le congregazioni municipali (par. 38), doveva trasmettere al consiglio di governo copia del “protocollo” dal quale doveva apparire “la vera ed estrinseca qualità dell’affare” e quale fosse stato “il fondamento e il motivo di ciascuna risoluzione” (par. 37). Infine ogni anno l’intendente politico era tenuto a fare “la visita della provincia”, facendone relazione al consiglio di governo (par. 39) (Istruzioni generali Intendenze politiche, 1786; Mozzarelli 1990).

All’“istruzione generale per le regie intendenze politiche provinciali della Lombardia austriaca”, seguivano “istruzioni particolari sopra vari oggetti contenuti nella istruzione generale per li regi intendenti politici provinciali”, sempre del 1786. Nell’“istruzione per la spedizione degli affari del censo, delle pubbliche amministrazioni e delle fazioni militari”, dopo aver ribadito che erano di competenza dell’intendente politico tutti gli affari che “riguardavano il censo e le pubbliche amministrazioni”, si specificava che egli doveva curare la trasmissione al consiglio, con le opportune avvertenze, di copia dei bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali, delle note annuali della popolazione, dei ruoli personali delle comunità, “esclusa la provincia mantovana”, dove “la collettazione personale” non esisteva, e delle domande “per il titolo de XII figli”. L’intendente politico aveva la facoltà di approvare le deliberazioni delle esattorie comunali, rilasciando all’esattore “l’opportuna patente”, controllandone in seguito l’operato. Egli aveva il potere di approvare e confermare i deputati dell’estimo e l’elezione di tutti gli altri ufficiali delle comunità sempreché le elezioni fossero state fatte “con i metodi prescritti dalla riforma generale”. Aveva la facoltà di “ordinare l’unione dei convocati straordinari”, come di approvare spese urgenti e utili alle comunità o aumenti “dei soldi ai sindaci e consoli”. Doveva controllare “l’elezione parimente de’ parocchi e altri benefiziati” nei casi in cui tale compito spettava alle comunità. Doveva occuparsi delle strade comunali come della costruzione dei cimiteri. Doveva controllare “la condotta de’ regi cancellieri”, affinché adempissero “esattamente a tutti gli obblighi del proprio impiego”, con facoltà di sospenderli. Nella visita annuale della provincia dovevano prestare particolare attenzione agli “affari censuari”. Dovevano avere “particolare attenzione sopra l’articolo delle fazioni militari”, predisponendo il necessario “tanto per gli alloggi di fermo quanto per le fazioni di transito”.

Anche tutti gli affari che riguardavano “la commissione ecclesiastica”, dovevano “passare per mezzo dell’intendente politico”, al cui ufficio doveva essere aggiunto un amministratore che doveva “invigilare alla conservazione e manutenzione de’ fondi de’ vacanti, de’ legati pii e di tutte le rendite destinate nelle rispettive provincie per dote della religione e della pubblica istruzione”. L’intendente politico doveva approvare i contratti temporanei e degli affitti da assegnare al miglior “oblatore”, redigendo un elenco mensile da tramettere al consiglio di governo. Doveva convalidare le riparazioni ordinarie per la manutenzione dei fondi e vigilare sulla conservazione e manutenzione delle chiese. Doveva occuparsi della censura dei libri, sia per la revisione delle stampe da farsi col mezzo dei regi revisori, sia per l’introduzione dei libri forestieri; con il parere dei regi revisori doveva dare l’“imprimetur” o l’“introducatur”.

L’intendente politico doveva essere il tramite tra le pie fondazioni e la commissione delle pie fondazioni. Egli doveva approvare i contratti temporanei relativi ad affitti di case e beni, da assegnare al miglior offerente, redigendo un elenco mensile da tramettere al consiglio di governo. Agli intendenti politici era delegata l’aggregazione o la soppressione di luoghi pii, e la vigilanza del “buon regolamento degl’orfanatrofi, scuole normali, case elemosiniere e di lavoro volontario, ospedali, ricoveri”.

Sempre nelle “istruzioni particolari sopra vari oggetti contenuti nella istruzione generale per li regi intendenti poitici provinciali”, si diponeva che annualmente l’intendente politico, insieme al perito d’uffizio, doveva visitare i confini statali, stabilendo che il cancelliere censuario delle giurisdizioni poste ai confini dello stato dovesse fare visite mensili lungo le frontiere segnate da fiumi, soprattutto dopo le piene, ovvero ogni tre mesi lungo i confini che non fossero costituiti da fiumi, e che i sindaci delle comunità di confine visitassero settimanalmente le frontiere costituite da fiumi, e mensilmente le altre.

L’intendente politico doveva avere particolare attenzione “alla conservazione della cattolica religione”, vigilando sul catechismo e sulle scuole, occupandosi della censura dei libri. Aveva competenze in campo sanitario, vigilando sulle malattie epidemiche di animali e uomini e sull’osservanza della normativa sull’inumazione dei cadaveri, controllando la vendita del vino e altre bevande, sorvegliando ciarlatani, saltimbanchi, dentisti e venditori di medicamenti, tenendo d’occhio l’igiene delle abitazioni e la pulizia delle strade. Aveva facoltà di intervenire in materie economiche, dovendo promuovere lo sviluppo del commercio, l’impianto di manifatture.

Annualmente l’intendente politico provinciale era tenuto, come si è detto, alla visita della propria provincia, “avendo per oggetto di vedere da vicino, non solo i disordini sul punto delle particolari amministrazioni censuarie, ma eziandio quelli che avessero rapporto alla politica ed economica ispezione”. Nella visita, oltre al controllo delle amministrazioni comunali e della condotta dei cancellieri censuari, egli doveva esaminare la salubrità dell’aria, favorendo l’impianto di fontane pubbliche con acqua potabile, verificare le condizioni delle case rustiche, vigilare sulle frodi perpetuate da macellai, “prestini” e “postari”. Doveva informarsi sull’esistenza di orfani, mendicanti invalidi o infermi e sulle loro condizioni di sussistenza. Doveva interessarsi anche della condotta di parroci, capellani, medici, chirurghi ostetrici e maestri di scuola. Doveva considerare la possibilità di impiantare nuove manifatture, verificando la prosperità o il decadimento di quelle esistenti. Doveva infine controllare lo stato delle strade e le condizioni dei fiumi e dei torrenti, per prevenire eventuali inondazioni. Dopo la visita della provincia, a cui poteva delegare l’aggiunto dell’intendenza in caso di impedimento, l’intendente doveva fare una dettagliata relazione al consiglio di governo.

L’ufficio dell’intendenza politica provinciale era formata da diversi funzionari, oltre all’intendente che era a capo della cancelleria. Vi era un aggiunto, che suppliva l’intendente in caso di sua assenza o di malattia, un segretario che stendeva e compilava le relazioni e le lettere, distribuendole ai vari “cancellisti” per la redazione. Vi era inoltre il registratore che era tenuto alla custodia degli atti, redigendo i relativi repertori o indici delle materie. L’ingegnere, oltre alle commissioni assegnategli dall’intendente, era addetto a verificare le “usurpazioni dei fondi comunali e li danni recati ai sudditi in occasione d’inondazione e simili altre cose”; doveva redigere i disegni per le relazioni dell’intendente, esaminare le “perizie sopra gli adattamenti delle strade comunali”, accompagnare l’intendente o l’aggiunto nella visita annuale della provincia. Vi erano infine i portieri che erano tenuti a “insinuare le persone” che domandavano udienza, a tenere pulita la cancelleria, a recapitare le lettere dell’ufficio. In caso di necessità, l’organico dell’ufficio poteva essere integrato da praticanti e da scrittori (Istruzioni particolari Intendenze politiche, 1786).

Le regie intendenze politiche provinciali della Lombardia austriaca furono abolite con l’editto del 30 gennaio 1791 (Mozzarelli 1990).

ultima modifica: 12/06/2006

[ Saverio Almini ]