comune di Scalve sec. XII - 1797

La prima notizia sull’esistenza di un’entità comunale e di consoli si ha nel 1195: in quell’anno il console di Scalve e il rappresentante delle “vicinie” si recarono a Bergamo per chiedere che uno dei consoli di Bergamo si trasferisse a Scalve per delinearne i confini. In quella data si ha notizia dell’esistenza anche di un consiglio di credenza. I confini definiti in quella occasione includevano Vilmaggiore e Vilminore. Si ha anche notizia di un diploma dell’imperatore Enrico III (1047) che conferma e amplia quanto già concesso in precedenza (per il Lupi da Ottone I nel 961) agli abitanti della valle, in particolare la libertà di vendere il ferro per tutto il territorio soggetto alla sua autorità. Il 6 novembre 1222 la valle venne ceduta dal vescovo di Bergamo, il quale l’aveva ottenuta in seguito alle permute con la canonica di Tours, ai Capitanei di Scalve. In precedenza, nel 1179, il vescovo aveva concesso agli abitanti della valle il diritto di libera esplorazione e sfruttamento delle miniere. L’infeudazione ai Capitanei non fu bene accetta dai locali. Il 29 marzo 1231 si giunse, quindi, ad un accordo: i Capitanei cedevano alla valle i diritti feudali, ad eccezione della decima del grano, del lino e della canapa e del tributo sul bestiame (un agnello ogni dieci, un capretto ogni cinque, un denaro per vitello); la comunità si impegnava, per parte sua, a non imporre fodro, gabella o dazio ai signori e ai loro discendenti. Il riscatto costò 2.400 lire imperiali oltre al canone dovuto dai Capitanei al vescovo.
Nel 1331 la valle di Scalve fu dichiarata valle esente da Giovanni di Boemia. Con il passaggio sotto la dominazione dei Visconti ha inizio la presenza di vicari rappresentanti del potere centrale. Per quanto riguarda l’organizzazione giuridica e amministrativa del territorio, si ha notizia di Statuti nel 1372 riformati piuttosto radicalmente, almeno per quanto attiene all’amministrazione della giustizia, nel 1577-78. Fra i privilegi concessi da Venezia citiamo: l’importazione libera di sale di Germania via Valtellina e Valcamonica; libero trasporto dei grani dalla Valcamonica o altro luogo; trasporto in valle senza dazio di quanto derivante da terre di scalvini in altri luoghi; conferma al podestà del mero e misto imperio (Bonaldi 1982). A fine Cinquecento l’intera valle contava 800 fuochi e 4951 persone (Da Lezze 1596).
Dal punto di vista amministrativo, il comune di Scalve (denominato dal Maironi, a fine Settecento, “comune grande di Scalve”) era formato da entità di fatto comunali denominate “vicinie” o “contrade” , dotate di organi deliberativi ed esecutivi. Il comune di Scalve era, quindi, una sorta di “federazione” di comuni. A quanto pare di comprendere dall’analisi di testi e documenti, il termine “vicinia”, il quale sin dai primi tempi dell’emancipazione della valle aveva indicato gli ambiti organizzativi e decisionali alla base del più vasto comune, andò sempre più definendo l’insieme degli abitanti “originari” di una zona; tali istituzioni, quindi, andarono sempre più assumendo il ruolo di gestione dei beni comunali. Per contro, sotto la denominazione di “contrada” sembra affermarsi l’istituzione di fatto comunale, avente forza deliberativa ed esecutiva. In una dichiarazione della cancelleria di Scalve del 1765, ad esempio, si può leggere che a Vilminore si riunivano tre “… governi, uno dall’altro totalmente separati…”, vale a dire il consiglio di valle, il consiglio della contrada di Vilminore, al quale partecipavano anche i “forestieri”, e il consiglio della vicinanza. Non é un caso, inoltre, che in calce agli statuti riformati del 1578 siano le firme dei rappresentanti delle contrade e non quelli delle vicinie.
Tuttavia, non pochi statuti del Sei-Settecento menzionano la “contrada seu vicinia di …”. In molti casi vicinia e contrada coesistevano sul medesimo territorio (o almeno coincidevano quanto ad indicazione toponomastica); in altri, invece, una contrada vedeva la presenza di più vicinie. Fino al 1578, tra l’altro, è testimoniato un consiglio generale, assemblea dei capifamiglia, in seguito sostituito da assemblee nelle quali ogni vicinia eleggeva i propri funzionari, fra i quali i rappresentanti nel consiglio di credenza. A fine settecento, vivevano in valle di Scalve circa 2.800 persone (Maironi da Ponte 1776).

ultima modifica: 09/12/2003

[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]