comune di Besnate sec. XIV - 1757

La località di Besnate, citata come Besnà negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano del 1346 e facente parte della pieve di Gallarate, era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Rho (Compartizione delle fagie 1346).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVIII secolo Besnate risultava ancora compreso nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cartt. 18-19).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il territorio non era infeudato. La giustizia era amministrata dal giudice regio, il vicario del Seprio, Giuseppe Fortunato Bonacina, al cui regio ufficio, o banca criminale, i consoli prestavano l’ordinario giuramento,
Il comune era sottoposto anche al giudice feudale, Stefano Omazino, che risiedeva in Milano, pagandogli come salario 24 lire ogni anno, oltre a 7 lire per l’assistenza che il medesimo o il suo luogotenente prestavano al riparto del sale.
Besnate era formato da due comuni, cioè dal comune dominante e dal comunetto chiamato il comune del conte di Castel Barcho (Castelbarco), che erano disgregati da molto tempo.
Teneva il consiglio generale solamente in occasione di necessità straordinarie o nel tempo dei rispettivi riparti. Il consiglio era convocato nella pubblica piazza con il suono della campana, vi assistevano il giudice, il console e due sindaci. Il console veniva scelto mediante pubblico incanto; i sindaci venivano nominati uno dal conte di Castelbarco Visconti e l’altro dagli eredi della Sig.ra Ortensia Maderna, o dai suoi affittuarii. Era compito dei sindaci vigilare sopra i riparti e la conservazione del patrimonio pubblico del comune. Il comune minore aveva anch’esso consiglio generale nei tempi e modi suddetti, senza l’assistenza del giudice, ma solamente con l’assistenza del sindaco e console eletti dal feudatario e cambiati a suo arbitrio.
I due comuni non avevano il cancelliere residente nel territorio, ma bensì nel borgo di Gallarate, restando al medesimo affidata la cura delle pubbliche scritture, non esistendo alcuna stanza pubblica o archivio per conservarle.
Le anime collettabili o non collettabili nel comune maggiore erano circa 256; nel comune minore circa n. 200 (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3071, vol. D XIII, Milano, pieve di Gallarate, n. 19, fasc. 3).

ultima modifica: 13/10/2003

[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]