comune di Cimbro sec. XIV - 1757

La località di Cimbro, citata come “Zimbri con Covirono” negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano del 1346 e facente parte della pieve di Somma, era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Rho (Compartizione delle fagie 1346).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII e XVIII secolo Cimbro risultava tra le comunità censite nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cartt. 45-46 parte I).
Nella relazione Oppizzone del 1633 la località venne citata come “La Cimbra” (Oppizzone 1634).
Il territorio fu infeudato nel 1648, assieme a Quinzano, Montonate, Vizzola, San Pancrazio, Cuvirone e in parte Villa Dosia, a Cesare Visconti, marchese di Cislago. Il feudo non comportava dazi né entrate feudali, ma solo una ricognizione feudale annua di 15 galline e mezzo per l’intero feudo.
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il comune aveva per feudatario a quella data il conte Castelbarco Visconti, al quale peraltro il comune non corrispondeva emolumenti.
Non vi risiedeva alcun giudice. Il podestà feudale era all’epoca Carlo Giuseppe Macchi, abitante in Milano, al quale non si pagava alcun salario; mentre il giudice regio era il vicario del Seprio, Giuseppe Fortunato Bonacina, al cui ufficio si prestava il dovuto giuramento.
Il comune, in cui abitavano circa 155 anime, tanto collettabili che non collettabili, era distinto da ogni altro e non chiedeva di formare alcun comune separato.
Non vi era consiglio generale né particolare. La comunità veniva regolata da un console eletto ogni quindici giorni a rotazione tra tutti gli abitanti di sesso maschile che avessero compiuto gli anni 18. La ripartizione dei carichi reali avveniva nella pubblica piazza, alla presenza dei capi di casa.
Non aveva il cancelliere residente nel suo territorio, ma in Vinago; a lui restava affidata la cura delle pubbliche scritture, non esistendo archivio né alcuna stanza pubblica per la conservazione delle medesime. Il cancelliere percepiva 14 lire di salario.
Il comune non disponeva di un procuratore né di un agente (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3074, vol. D XVI, Milano, pieve di Somma, fasc. 7).

ultima modifica: 13/10/2003

[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]