comune di Dumenza sec. XV - 1757

Dumenza, comunità appartenente al feudo della Valtravaglia, concesso al conte Franchino Rusca con diploma di Filippo Maria Visconti dell’11 luglio 1438, entrò a far parte nel 1583 del feudo delle Quattro Valli, nella squadra del consiglio maggiore (Casanova 1930, pp. 77, 105). Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, la località di Dumenza, sempre appartenente alla squadra del consiglio maggiore della pieve di Valtravaglia, ducato di Milano, era infeudata a Giovanni Emanuele Marliani del borgo di Luvino e pagava al medesimo annualmente di censo comitale la somma di 223 lire e 6 soldi, oltre a 40 lire per il dazio “del bolino d’osteria ” e 8 lire e mezza per il dazio della pelle verde.
L’amministrazione della giustizia era assicurata dall’ufficio di Luvino, dove risiedeva il giudice feudale, all’epoca Antonio Maria Bossio, che veniva retribuito dal comune, unitamente ai fanti. La comunità era sottoposta alla banca del giudice feudale, sia in materia civile che penale.
La comunità aveva sotto di sé in parte la comunità di Runo, per vari appezzamenti di terreno registrati nel catasto di Dumenza. Runo pagava pertanto “gli aggravii reali e locali in ragione dei riparti”, che si facevano annualmente nella comunità “sopra agli stara di sale e fiorini di estimo”.
Il comune, che contava 456 anime, disponeva di un consiglio generale, che si teneva nella piazza pubblica. Vi erano poi due consoli per ciascun anno, che restavano in carica sei mesi per ciascuno ed erano nominati a rotazione tra i focolari, e due campari, nominati ugualmente a rotazione tra i focolari per ogni anno, che avevano competenza ciascuno su metà del territorio. I consoli erano incaricati di portare le denunce all’ufficio di Luvino, mentre i campari servivano “per comendare” il consiglio generale. Viene citato anche il sindaco, che si sceglieva all’incanto nel consiglio nella piazza pubblica, attribuendo l’ufficio per un anno a chi faceva minor oblazione per la comunità.
Il cancelliere veniva scelto “a voce” nel consiglio generale. Si nominava la persona più abile, che restava in carica a tempo indeterminato. Il comune versava al cancelliere, che risiedeva nel paese, 60 lire all’anno. Tra i compiti del cancelliere vi era la cura delle pubbliche scritture, che venivano conservate in una stanza dello stesso cancelliere, dentro una cassa.
Il comune aveva in Milano un reggente, Francesco Botta, di Luvino, che aveva la sua abitazione a Milano (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3038, vol. XX – XXI, Como, n. 1, Valtravaglia, fasc. 17).

ultima modifica: 13/10/2003

[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]