camera di commercio e industria 1910 - 1926

La legge 20 marzo 1910, n. 121 (legge 20 marzo 1910), sostituendo le Camere di commercio ed arti (vedi voce relativa) con le Camere di commercio e industria, intese modificare sostanzialmente la disciplina giuridica e l'assetto organizzativo di questo ente territoriale.

Innanzitutto, i nuovi organismi ricevettero la qualifica di enti di diritto pubblico ed ebbero come precipua finalità quella di rappresentare gli interessi delle categorie produttive della circoscrizione in cui erano istituite. Dal punto di vista delle attribuzioni, poi, la legge n. 121 del 1910 ampliò le prerogative affidate alle Camere di commercio e industria dalla legge 6 luglio 1862, n. 680 (legge 6 luglio 1862); in particolare, alle 'nuove' camere di commercio vennero affidati i seguenti compiti:

  • Attuazione di iniziative rivolte allo sviluppo della produzione;
  • Preparazione di dati statistici ed informazioni periodiche, nonché di pareri nelle materie di propria competenza, da inoltrare alle amministrazioni dello Stato;
  • Compimento di studi ed indagini su questioni attinenti ai problemi commerciali ed industriali locali;
  • Compilazione periodica della raccolta degli usi e delle consuetudini commerciali;
  • Raccolta delle denunzie, rese obbligatorie, delle aziende esercenti commerci ed industrie e rilascio di certificati comprovanti la costituzione, la modificazione o la cessazione delle stesse;
  • Formazione di mercuriali e di listini prezzi;
  • Designazioni di arbitri per la risoluzione amichevole delle controversie fra commercianti e industriali tra loro o tra essi ed i loro dipendenti.

In base alla nuova disciplina, le camere di commercio potevano aver sede anche in centri non capoluoghi di provincia e la propria circoscrizione operativa poteva anche non coincidere con il territorio della provincia in cui erano insediate.

Per quanto riguarda l'ingerenza governativa nelle attività delle camere, essa veniva estesa dall'approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi (già prevista dalla normativa del 1862) al controllo sulla situazione patrimoniale; il governo dunque, pur continuando a trovare nelle Camere di commercio un organo consultivo tecnico di valore, rendeva più pregnanti i propri poteri di vigilanza su di esse.

Un nuovo ordinamento delle camere di commercio fu approvato con il regio decreto legge 8 maggio 1924, n. 750 (decreto legge 8 maggio 1924) che, in armonia con i nuovi criteri del 'dirigismo economico', specificò che le camere dovessero intendersi organi consultivi dello Stato e delle amministrazioni locali per le materie inerenti le industrie ed i commerci. La nuova disciplina accentuò ulteriormente i controlli governativi sulle camere senza tangere in maniera significativa le attribuzioni previste dalla disciplina del 1910. Piuttosto, questo provvedimento ampliò (con la Giunta camerale) la struttura degli organi camerali, la loro composizione e la relativa 'forma di governo'.

A questo proposito, per evitare sperequazioni nella rappresentanza camerale, il corpo elettorale venne ripartito in categorie che riflettevano con precisione la consistenza dei vari rami del commercio e dell'industria. La legge stabiliva che ciascuna categoria procedesse separatamente all'elezione dei consiglieri ad essa assegnati con decreti del ministro dell'Economia nazionale, al quale spettava la determinazione, per ogni camera, sia delle categorie sia del numero dei consiglieri e della ripartizione di essi tra le categorie. L'organo principale delle camere rimaneva, come previsto già negli ordinamenti del 1862 e del 1911, il Consiglio (con un presidente ed un vicepresidente); ad esso però veniva affiancata una Giunta camerale ed al consiglio era data la possibilità di ripartirsi in due o tre sezioni (industriale, commerciale ed eventualmente marittima).

Fra i compiti del consiglio, accresciuto nel numero dei suoi componenti (numero non inferiore a 12 né superiore a 40), vi era l'elezione del Presidente, del Vicepresidente e della giunta della camera, avente il compito di esercitare i poteri del consiglio nell'intervallo delle sue riunioni obbligatorie annuali e di adottare tutti i provvedimenti di urgenza. Il consiglio camerale era eletto per quattro anni ed aveva l'obbligo di riunirsi almeno due volte l'anno in sessione ordinaria.

Il Presidente della Camera di commercio e arti era il rappresentante le gale dell'ente, doveva dirigerne l'amministrazione, convocare e presiederne le adunanze, firmare la corrispondenza e tutti gli atti camerali.

Il Vicepresidente aveva invece il compito di supplire il presidente in caso di assenza (se anche il Vicepresidente fosse stato impedito, le funzioni del presidente sarebbero state svolte dal membro anziano della camera).

La Giunta camerale era composta da un numero di membri compreso fra 5 e 9; facevano parte di diritto della giunta il presidente ed il vicepresidente della camera e, ove istituite, i presidenti delle sezioni. La giunta esercitava i poteri del consiglio camerale nell'intervallo delle sue riunioni ordinarie ed attuava gli eventuali provvedimenti di urgenza. Le deliberazioni della giunta erano ritenute valide se adottate a maggioranza assoluta e, ad ogni sessione ordinaria del consiglio camerale, la giunta aveva l'obbligo di rendere conto delle deliberazioni adottate.

Dal punto di vista dei controlli, inoltre, la legge consentiva al governo, attraverso il ministro dell'Economia nazionale, di effettuare ispezioni e di sostituirsi alle camere che trascurassero l'adempimento di funzioni obbligatorie, provvedendovi a spese degli enti inadempienti.

La legge 18 aprile 1926, n. 731 (legge 18 aprile 1926) trasformò le Camere di commercio e industria in Consigli provinciali dell'economia (vedi voce relativa).

ultima modifica: 12/06/2006

[ Fulvio Calia ]