provincia 1859 - [1971]

In seguito all'annessione della Lombardia al Regno Sabaudo, viene emanata la legge del 1859 (legge Rattazzi). La legge si apre col titolo I: Divisione del Territorio del Regno e Autorità governative. Si dispone la divisione del Regno in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni (art.1), nella provincia sono un Governatore, un Vice-Governatore e un Consiglio di Governo (art. 2); nel Circondario è l'Intendente (art. 7), e - ove il circondario sia capoluogo di Provincia - l'ufficio di Intendente è esercitato dal Vice-Governatore.

Del Tit. III (Dell'Amministrazione provinciale), il Capo I stabilisce che la provincia è un corpo morale con un'amministrazione propria che ne regge e rappresenta gli interessi (art. 145); enuncia che l'Amministrazione d'ogni Provincia è composta di un Consiglio provinciale, e di una deputazione provinciale (art. 146).

Il Capo II (art. 148: Del Consiglio provinciale), dispone che il Consiglio provinciale si componga di sessanta membri nelle Province con popolazione superiore ai 600 mila abitanti; di cinquanta membri in quelle la cui popolazione supera i 400 mila abitanti; di quaranta membri in quelle in cui la popolazione eccede i 200 mila abitanti; di venti membri nelle altre province. Nel medesimo Capo II, viene precisato che il Consiglio Provinciale si raduna nel Capoluogo della Provincia (art. 156), e che tutte le sessioni del Consiglio sono aperte e chiuse in nome del Re dal Governatore (art. 157). Il Consiglio provinciale si riunisce ogni anno, il primo lunedì di settembre in sessione ordinaria e può anche essere straordinariamente convocato dal Governatore (art. 158).

Il Capo III (Della Deputazione provinciale), (art. 171) dispone che la Deputazione provinciale sia composta dal Governatore e da membri eletti dal Consiglio provinciale. I membri sono otto nelle Province con popolazione superiore ai 600 mila abitanti; sei in quelle di oltre 300 mila abitanti e di quattro nelle altre Province. La Deputazione provvede all'esecuzione delle deliberazioni consiliari, prepara il bilancio, sottopone al Consiglio le proposte deliberative, stipula i contratti, spedisce i mandati, provvede agli atti conservatori e, in caso di urgenza, agli atti riservati al Consiglio (art. 172).

Il progetto Lanza (24 novembre 1864) e la legge 20 marzo 1865, n. 2248, ricalcano le precedenti disposizioni del 1859 e, praticamente risultano un rimaneggiamento della legge piemontese del 1848 e dell'Editto albertino del 1847. Tuttavia passando all'esame del Titolo III (Dell'Amministrazione provinciale) si nota che il Capo I (artt. 153-154: Delle Province) risulta immutato, mentre il Capo II (artt. 155- 178: Del Consiglio Provinciale) vede modificati (art.172) gli oggetti delle deliberazioni che spettano al consiglio provinciale, con l'introduzione di quelli relativi all'istruzione secondaria, al mantenimento dei mentecatti poveri, alla conservazione e taglio dei boschi, alla nomina e sospensione degli impiegati ecc.

Nuovo è, invece, l'art. 174, che specifica quali sono, per la Provincia, le spese obbligatorie.

Il Capo IV (artt. 190-195: Dell'ingerenza governativa nell'amministrazione provinciale), è completamente nuovo in quanto devolve al prefetto, e non più al Re e al Ministro dell'Interno, il controllo sulle deliberazioni e sulla loro legittimità.

In seguito al successivo ingrandimento del Regno, la legislazione del 1865 viene estesa (d.l. 1 agosto 1866, n. 3130) alle Province del Veneto, e a Roma e provincia (d.l. 15 ottobre 1870, n. 5928), attuando così l'unificazione amministrativa nei territori di nuova annessione. Dopo alcuni tentativi di modifica alla legge 20 marzo 1865, effettuati nel 1867, e successivamente nel 1868, si giunge alla legge 23 giugno 1873, n. 1335, che modifica gli artt. 77 e 165 (relativi al termine di approvazione dei bilanci). Con questa, le sessioni autunnali dei consigli provinciali furono anticipati di un mese, per consentire la deliberazione del bilancio di previsione entro il termine prescritto dalla legge.

La legge 30 dicembre 1888 n. 5865, emanata nell'ambito delle riforme crispine, apporta alcune modifiche alla precedente legislazione, e si può dire che, insieme con quella del 1848, costituisca tuttora l'ossatura dell'attuale ordinamento provinciale (legge 30 dicembre 1888). Tra le innovazioni più rilevanti figurano:
L'affidamento alla magistratura della presidenza degli uffici elettorali; le modalità inerenti allo scioglimento dei consigli provinciali previsto sia per gravi motivi di ordine pubblico, sia nel caso che gli stessi consigli provinciali persistano nell'inosservanza degli obblighi loro imposti per legge (art. 84); la gestione commissariale delle Province, prevista per quelle i cui consigli siano stati disciolti (art. 85 ); la stessa legge 30 dicembre 1888 n. 5865 dispone che, fermo il controllo di legittimità del prefetto, la tutela sulle Province venga esercitata, in luogo della Deputazione provinciale, da un organo di nuova istituzione che ne surroga le competenze, la Giunta provinciale amministrativa, composta dal prefetto, presidente, da due consiglieri di prefettura e da quattro membri effettivi (più due supplenti), nominati dal Consiglio provinciale (art. 64).

Poiché la legge concede al Governo la facoltà di coordinare in testo unico le proprie disposizioni con quelle della legge del 1865 e delle altre che l'avevano modificata, a tanto si provvede col T.U. 10 febbraio 1889, n. 5921 (legge 10 febbraio 1889).

La legge 11 luglio 1894, n. 287, contiene una norma (art. 9), che stabilisce la durata dei consigli provinciali in 6 anni e dispone anche che il Presidente della Deputazione provinciale rimanga in funzione per un triennio.

Il T.U. del 4 maggio 1898, n. 164, riporta le norme relative al contenzioso amministrativo in materia provinciale. Tutte le altre disposizioni ricalcano quelle già riportate nel T.U. 10 febbraio 1889, n. 5921 (legge 10 febbraio 1889).

Durante il Governo Giolitti il nuovo Testo Unico R.D. 21 maggio 1908, n. 269 le cui disposizioni fondamentali non appaiono mutate rispetto la legislazione precedente, riporta limitate modifiche su vari aspetti introdotte con leggi emanate in precedenza: le funzioni e le competenze dei segretari provinciali (legge 7 maggio 1902, n. 144); la finanza locale e l'assunzione di mutui (legge 9 luglio 1905, n. 378); le elezioni (legge 2 giugno 1907, n. 294); la permanenza in carica del presidente della deputazione e della deputazione provinciale per 4 anni (legge 11 febbraio 1904, n. 35).

Breve è il passaggio dal T.U. del 1908 al successivo R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, le cui modifiche riguardano principalmente la materia elettorale, come per il precedente. Infatti con la legge del 30 giugno 1912, n. 665, sono ammessi all'elettorato attivo tutti i cittadini (maschi) di almeno 30 anni di età, anche se analfabeti, e quelli, tra i 21 e i 30, aventi alcuni titoli di capacità o di censo.

In seguito alla riforma Crispi era stato introdotta l'identità tra le qualifiche dell'elettore politico e di quello amministrativo; con la legge 19 luglio 1913, n. 640 tale riforma viene estesa anche alla parte amministrativa; la stessa legge detta anche nuove disposizioni in materia di formazione e tenuta delle liste elettorali e stabilisce in 4 anni la durata dei consigli provinciali, portando a 30 il numero minimo di consiglieri provinciali, in precedenza fissato a 20.

L'avvento del fascismo segna un arresto dello sviluppo democratico delle autonomie locali, fino a un radicale mutamento delle concezioni tradizionali riguardanti i rapporti tra gli enti comunitari e lo Stato.

Il R.D. 30 dicembre 1923, n. 2939, passato alla storia come "prima riforma fascista della legge comunale e provinciale", su progetto dell'on. Bonomi, attua la soppressione degli organi elettivi, comunali e provinciali, modificando il T.U. del 1915 (decreto 30 dicembre 1923 d).

Tale "riforma" vuole fare della Provincia un organo importante di decentramento istituzionale e il mezzo di collegamento e di soddisfazione degli interessi generali dei comuni compresi nella sua circoscrizione, riconducendo le Province alla loro vera essenza di organo amministrativo più tecnico che politico. A tale scopo se ne ampliano alcune funzioni.

Il R.D.L. 23 ottobre 1925, n. 2113, istituisce il servizio ispettivo e prescrive il giuramento di fedeltà al regime per gli impiegati comunali e provinciali.

Con il R.D. 21 ottobre 1926, n. 1890 sono ridotte 94 sottoprefetture e, poi, soppresse tutte, col successivo R.D. 2 gennaio 1927, n. 1, determinando la scomparsa del circondario, una delle circoscrizioni amministrative in cui è diviso il Regno fin dalla nascita. Sempre con il R.D. 2 gennaio 1927, n. 1, vengono istituite n. 17 nuove province, soppressa la provincia di Caserta e sciolti i Consigli di quelle Province, il cui territorio era modificato (decreto legge 2 gennaio 1927).

La legge 27 dicembre 1928, n. 2962, trasforma l'ordinamento delle province e istituisce il preside e il rettorato, in sostituzione degli organi elettivi. Il preside e il vicepreside sono nominati con decreto reale e durano in carica 4 anni, e possono essere revocati, senza possibilità di gravame; il rettorato è composto da 4 a 8 membri, nominati con decreto reale, ed esercita le funzioni che le leggi precedenti attribuivano al Consiglio Provinciale, restando assegnate al rettore le funzioni già spettanti al Presidente della Deputazione provinciale e alla Deputazione stessa.

Il Testo Unico approvato col R.D. 3 marzo 1934, n. 383, coordinativo e modificativo delle precedenti disposizioni della legge del 1915, del R.D. 1923, n. 2839 e delle altre leggi e disposizioni emanate e da emanare fino al 31 dicembre, apporta notevoli modifiche alle normative precedenti. Tra queste figurano: l'attribuzione della nomina dei Rettori provinciali al Ministro dell'Interno; il riordinamento dei controlli sulle Province con attribuzione al prefetto del controllo anche di merito sulle deliberazioni non sottoposte alla giunta provinciale amministrativa; la soppressione dell'azione popolare (legge 3 marzo 1934).

Il R.D.L. 4 aprile 1944, n. 11, in seguito alla caduta del fascismo, disciplina l'amministrazione delle province, in attesa di poter tornare al sistema elettivo. Tale R.D.L. dispone che l'Amministrazione provinciale è composta da un presidente e da una deputazione provinciale; presidente e deputati provinciali nominati dal prefetto, con potestà di revoca. Convocazione, composizione e funzionamento degli organi restano regolati dalle norme del T.U. 1915, modificate dal R.D.L. 30 dicembre 1923, n. 2839. Il D.L.L. n.11 provvede anche al riordinamento della giunta provinciale amministrativa, stabilendo la nomina, da parte della Deputazione provinciale, dei 4 membri effettivi e dei 2 supplenti, di provenienza non burocratica, previsti per la formazione dell'organo (legge 4 aprile 1944).

Il D.L. 1 febbraio 1945, n. 23, estende il diritto di voto alle donne.

La legge 8 marzo 1951, n. 122, relativa alla elezione dei Consigli provinciali, ripristina le disposizioni del R.D. 1923 sulla composizione del consiglio provinciale, portando modifiche alla composizione della Giunta provinciale, graduata in relazione all'entità demografica della provincia.

La legge interpretativa 18 maggio 1951, n. 328, subito dopo seguita, nel confermare che il termine Giunta provinciale (adottato per la prima volta dalla legge 8 marzo 1951, n. 122) sostituisce quello di deputazione provinciale, chiarisce che le attribuzioni e il funzionamento degli organi provinciali sono regolati dal T.U. 1915 con le modifiche del 1923.

La legge 19 ottobre 1951, n. 1168, accresce le competenze della Giunta provinciale, assegnando alla medesima poteri deliberativi su alcune materie già attribuite al Consiglio provinciale.

La legge 10 settembre 1960, n. 962, infine, modificando le norme elettorali provinciali, stabilisce anche che si procede alla rinnovazione integrale del Consiglio provinciale, quando per dimissioni o altra causa esso abbia perduto la metà dei suoi membri. Con la modifica delle norme elettorali, con il ripristino degli organi elettivi provinciali e con la regolamentazione della loro formazione, composizione e competenza, nasce la necessità di modificare, sia pure in modo parziale, varie disposizioni del T.U. del 1934. Alcune di esse riguardano i dipendenti provinciali, altre riguardano il bilancio preventivo o consuntivo e la contabilità provinciale. Per effetto dei decreti del decentramento dei servizi delle amministrazioni statali si ampliano le funzioni delle Province.

Con la Costituzione repubblicana, approvata con deliberazione dell'assemblea costituente in data 22 dicembre 1947, si fissano i principi inerenti al nuovo ordinamento dei Comuni e delle Province, unitamente a quelli riguardanti gli altri enti territoriali, le Regioni. Un intero capitolo della Carta costituzionale, il V, con 20 articoli, dal 114 al 133, è dedicato alla configurazione della struttura dell'amministrazione locale, imprimendo al principio dell'autonomia locale un valore determinante, in senso qualificatorio dello Stato.

ultima modifica: 12/06/2006

[ Caterina Antonioni ]