Valassina sec. XIV - 1757

La Valassina, costituita in comunità federativa, fu feudo degli arcivescovi di Milano sino alla prima metà del XV secolo. L’arcivescovo Cassone infatti già nel 1311 asseriva che la valle era fin “ab antiquo” di diritto e padronanza della mensa arcivescovile. Ancora l’arcivescovo Giovanni Visconti dichiarava nel 1344 che la Valassina era di spettanza della Chiesa milanese da tempo immemorabile. La signoria degli arcivescovi milanesi sulla valle rimase indisturbata sino alla metà del XII secolo e continuò, con qualche rapida interruzione dovuta alle guerre, sino al 1409 quando, unita al ducato di Milano, venne assegnata dal duca Gian Maria Visconti al capitano di ventura Facino Cane in forza del trattato del giugno dello stesso anno. Da allora la valle seguì le sorti di Milano anche se la sua dipendenza dal governo cittadino fu più nominale che effettiva, in quanto quasi sempre infeudata (Anderloni 1915, pag. 170). Difatti nel 1441 unitamente alla pieve di Incino, venne concessa dal duca Filippo Maria Visconti in feudo ai conti Dal Verme. Con istrumento del 16 giugno 1533, venne poi concessa dal duca Francesco II Sforza al senatore Francesco Sfondrati, conte della Riviera alla cui discendenza rimase in feudo sino al 1788. Con diploma dell’imperatore Carlo V del 23 ottobre 1537, la Valassina venne eretta in baronia (Casanova 1904).
Già dal 1343 la valle disponeva di statuti che regolavano la vita delle comunità che la componevano. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, dagli statuti è possibile rilevare che la valle disponeva di un consiglio composto da sedici consiglieri, quattro per ogni “quadra” in cui era divisa la valle. Essi, che dovevano aver compiuto il ventesimo anno d’età, avevano il pieno potere di amministrazione della valle compreso quello di riforma degli stessi statuti. La loro carica durava per tre mesi e, all’atto della nomina, erano tenuti a prestare giuramento. Tra gli altri ufficiali che gli statuti prevedevano sono da ricordare il camparo ed il canevario.
La valle era soggetta alla giurisdizione di un proprio podestà, detto anche vicario o rettore, al quale erano tenuti a ricorrere tutti gli abitanti delle comunità valligiane, quanto meno in prima istanza, e al quale i consoli dei comuni erano tenuti a notificare i delitti (Anderloni 1915, pagg. 169 – 217).
Dal punto di vista del territorio, dagli estimi del ducato di Milano del 1558 e dai successivi aggiornamenti del XVII secolo, risulta che nella valle erano comprese le località di Asso, Barni, Bruzona, Caglio, Ciemo, Cernusco Lombardone (Dicinisio), Civenna, Lasnigo, Limonta, Magreglio, Megna, Oliva, Hono, Pagnano, Rezzago, Scarenna, Sormano, Valbrona e Visino (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cart. 48 part. II).
Dal “Compartimento territoriale specificante le cassine” del 1751 emerge invece che la Valassina comprendeva i comuni di Borgo d’Asso, Scarenna, Barni, Caglio, Lasnigo, Magreglio, Onno, Pagnano, Gemù e Galegno con Mudronno, Brazona, Frajno, Rezzago, Sormano, Dicinisio, Valbrona, Visino e Megna (Compartimento Ducato di Milano, 1751).
L’“Indice delle pievi e comunità dello Stato di Milano” del 1753, comincia a delineare la politica di aggregazione dei comuni che verrà ufficializzata quattro anni più tardi dall’editto teresiano del 10 giugno 1757 per il comparto territoriale dello stato milanese. Secondo tale indice il numero dei comuni che componevano la valle veniva ridotto da 17 a 11: Asso con Scarenna, Barni, Caglio, Lasnigo, Magreglio, Onno, Pagnano con Gemù, Gallegno, Mudrone, Brazzova e Frajno, Rezzago, Sormano con Dicinisio, Valbrona, Visino con Megna (Indice pievi Stato di Milano, 1753).

ultima modifica: 09/01/2006

[ Domenico Quartieri ]