supremo consiglio di giustizia 1750 - 1786

Con la riconquistata autonomia del ducato di Mantova da quello di Milano e la successiva esecuzione del piano dei tribunali ed uffici della città e ducato di Mantova del 1750 (piano 15 marzo 1750), veniva “solennemente aperto il 1 aprile 1750 nell’antica sede del senato il nuovo consiglio di giustizia” (Mantova 1958-1963). Al supremo consiglio di giustizia, che era formato dal presidente e quattro consiglieri ed era investito di “tutte le facoltà, prerogative e giurisdizioni altre volte competenti al senato di Mantova, in virtù degli ordini ducali de’ 31 ottobre 1571 e 8 aprile 1606”, era demandata “ampia amministrazione di giustizia, coll’autorità di esercitarla nella città e ducato, …, senza pregiudizio però dell’ordinaria giurisdizione de’ giudici commissari per privilegio, estesa a qualunque somma, e riservata al governo la facoltà di avvocarsi per giusti, gravi e particolari motivi , qualunque causa sì civile che criminale, in via di rimedio straordinario, …, e di commetterla per la decisione al senato di Milano o ad una giunta di ministri”. Il supremo consiglio di giustizia aveva la facoltà di stabilire l’iter burocratico in materia civile e criminale, “prescrivendo quÈ stili e modi di procedere nelle cause, che giudicherà opportuni alla più facile spedizione di esse, previa però la consulta da farsene al governo”. Per le cause civili relative ad ebrei, il consiglio doveva averne “cognizione”, rimandando la soluzione del procedimento al “solito commissariato, da esercitarsi per turno da ciascheduno de’ suddetti individui [consiglieri], cominciando dal presidente”.
Oltre alle competenze in campo giudiziario, il supremo consiglio di giustizia doveva approvare, “previo l’opportuno esperimento”, i laureati che avessero voluto intraprendere la “carriera della giudicatura”, come i “causidici” che volessero entrare nel “circolo”. Medesima approvazione era prevista per periti e agrimensori. Il supremo consiglio di giustizia doveva occuparsi inoltre della “materia de’ confini, per custodirli da ogni novità lesiva de’ sovrani diritti”. Doveva interessarsi alle condizioni dei carcerati, facendo una visita mensile “per riconoscere come siano trattati da’ giudici e da custodi, e se siano provvisti del bisognevole e a Pasqua e Natale la visita graziosa, per rassegnare al governo la relazione de’ casi graziabili”. Al supremo consiglio di giustizia era demandato il sindacato dei giusdicenti del ducato, facendone relazione al governo.
Presso il supremo consiglio di giustizia prestavano il loro servizio due segretari, uno dei quali, coadiuvato da uno scrittore, curava alle “spedizioni e ai rogiti nelle materie di ufficio”, mentre l’altro, insieme ad altro scrittore, svolgeva le incombenze che il presidente gli assegnava. Vi erano sei cancellieri, assistiti da sei coadiutori, che all’occorrenza ne assumevano le veci, addetti alle operazioni di cancelleria. Vi erano inoltre due portieri, che assistevano alle sedute del consiglio, e trasmettevano gli atti, e due cursori, deputati alle ingiunzioni. Dipendeva dal consiglio un commissario generale dei confini, che doveva controllare che non accadessero “usurpazioni, invasioni o atti pregiudiziali al diritto territoriale”.
Un prefetto, un vice prefetto o coadiutore, assistiti da uno scrittore, avevano la custodia dell’archivio segreto di corte, con l’obbligo di tenerlo in ordine e di “fare ogni sorta di spedizione occorrente per il servigio con totale dipendenza dal presidente del consiglio” (piano 15 marzo 1750).
Con il piano relativo al “nuovo sistema dei tribunali per lo stato di Mantova”, pubblicato il 31 dicembre 1771, venivano redifinite le competenze del supremo consiglio di giustizia, che doveva occuparsi di tutti gli affari giudiziali, comprese tutte le cause che in passato erano di competenza del maestrato camerale (piano 31 dicembre 1771), sancendo “la fine della promiscuità di prerogative esistita fino a quel momento fra i due principali dicasteri”. “Il tribunale giudiziario era suddiviso in due cmmissioni, una per le cause civili, fiscali o riguardanti il censo e il mercimonio, l’altra per le cause penali, mentre l’assemblea plenaria sarebbe stata convocata per l’istanza di revisione, per la comminazione della galera o della pena capitale, per l’appello di cause riguardanti le comunità” (Mori 1998).
Con l’attivazione nel 1786 del “piano di amministrazione civile politica per la Lombardia Austriaca”, il supremo consiglio di giustizia cessava la propria attività.

ultima modifica: 19/01/2005

[ Giancarlo Cobelli ]