gran cancelliere 1535 - 1753

Al vertice dell’amministrazione dello stato il gran cancelliere era, dopo il governatore, il funzionario più importante. Uomo di fiducia di Madrid prima e di Vienna poi egli, purché grande esperto della realtà dello stato, veniva scelto – a differenza del governatore – sia tra le fila della nobiltà spagnola e poi austriaca sia tra i membri della nobiltà lombarda, e ricopriva l’incarico a vita.
Le mansioni a lui delegate non erano sempre ben definite: controllore di tutta la vita civile dello stato, “così nelle cose di giustizia come in quello che tocca alle entrate ordinarie e straordinarie, diritti e ragioni della camera et confiscazioni” (Pugliese 1924), il gran cancelliere doveva in particolare assicurarsi che ogni magistratura o corpo amministrativo eseguisse i propri compiti senza ostacolare le competenze degli altri offici: egli ad esempio non godeva della facoltà di ingerirsi nelle “cose di giustizia” di competenza del Senato, bensì doveva controllare l’esecuzione materiale delle sentenze dal Senato emanate.
E proprio per questa sua funzione di controllore-conciliatore delle attività svolte dai vari organi di governo, al gran cancelliere spettava spesso l’incombenza di dirimere i conflitti di competenza e di preminenza tra i diversi offici e di “accomodare” le delicate questioni che spesso insorgevano tra le potenti famiglie patrizie milanesi.
Al gran cancelliere era inoltre attribuita la carica di presidente del Consiglio segreto, organo consultivo a cui era solito rivolgersi il governatore, e di presidente della Giunta Interina, che doveva reggere lo stato nell’intervallo di tempo che intercorreva tra la partenza o morte del governatore e l’arrivo del successore.
Il gran cancelliere, esercitando tali funzioni diveniva quindi il responsabile del governo sovrano in loco, e tale dignità, come dimostrano “il suo assoluto diritto di precedenza” nelle giunte e nelle cerimonie pubbliche, gli era riconosciuta ufficialmente (Annoni 1966; Pugliese 1924).
L’autorità e le competenze attribuite al gran cancelliere rimasero pressoché invariate per tutto il periodo della dominazione spagnola; fu solo in seguito all’affermarsi del potere e della politica riformatrice della sovrana Maria Teresa che gli organi dell’amministrazione superiore, come quelli centrali, periferici e locali, subirono profonde trasformazioni.
Già le prime riforme, pur nella frammentarietà delle iniziative, furono caratterizzate da una forte tendenza all’accentramento ed alla diretta subordinazione degli uffici: radicata era infatti la convinzione che il vigile controllo dello stato si sarebbe attuato sia attraverso un concentramento degli organi del potere centrale, con una attiva e costante presenza nell’amministrazione provinciale e locale, sia attraverso una profonda trasformazione dell’amministrazione superiore.
Le nomine a questa carica si susseguirono infatti sino al 1753 quando il conte Beltrami Cristiani, gran cancelliere, venne investito anche della carica di ministro plenipotenziario.
Con la morte del Cristiani venne meno anche la carica di gran cancelliere. Attribuita in via onorifica al presidente del Senato nel 1749, tale carica venne qualche anno più tardi ufficialmente soppressa: le sue funzioni furono in parte assorbite dal ministro plenipotenziario ed in parte attribuite al neo costituito consultore di governo, una sorta di consigliere ed assistente del ministro plenipotenziario incaricato soprattutto di sopperire alle sue inesperienze in materia di legislazione locale (Annoni 1959; Annoni 1966; Arese 1979-1980; Bendiscioli 1957 a; Bendiscioli 1957 b; Pugliese 1924; Signorotto 1996; Valsecchi 1959).

ultima modifica: 19/01/2005

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