ministro plenipotenziario 1745 - 1796

In un primo tempo la carica di ministro plenipotenziario ebbe carattere solo straordinario, e venne affidata a persone di grande rilievo per particolari necessità militari o diplomatiche.
Già nel 1745 il patrizio genovese Gian Luca Pallavicini era stato nominato ministro plenipotenziario (dispaccio 24 marzo 1745), carica che aveva tuttavia dovuto abbandonare a causa del sostegno che Genova, sua città natale, prestò alla fazione avversa agli Asburgo durante la guerra contro i Borboni. Tra il 1745 e il 1750, negli anni che precedettero la nomina del Pallavicini alla carica di governatore, l’imperatrice Maria Teresa ampliò notevolmente i poteri del ministro plenipotenziario, precisandone le competenze via via che le venivano inviate rimostranze da parte degli organi di governo lombardi che da esso si sentivano minacciati. Intorno alla fine degli anni ’50 il ministro plenipotenziario andò infatti riunendo in sé il comando generale delle truppe d’Italia, la sovrintendenza sulle opere censuarie e sui fondi camerali e militari, ottenendo praticamente il controllo di tutte le magistrature e la più ampia facoltà di portare avanti le riforme; competenze che provocarono inevitabilmente le reazioni del ceto patrizio lombardo.
Ma i poteri del ministro plenipotenziario vennero ulteriormente rafforzati, nella persona di Beltrame Cristiani, nel 1753 in occasione della stipulazione di un importante accordo con Modena, accordo significativo per l’equilibrio della penisola italiana, ma soprattutto per l’assestamento del potere asburgico in Lombardia. Il piccolo ducato di Modena era retto da Francesco III d’Este, ultimo discendente della dinastia, che da giovane aveva militato al servizio di Carlo VI contro i turchi ma che in seguito nell’ultima guerra di successione si era schierato dalla parte dei Borboni. Era necessario quindi, per la sicurezza dei domini asburgici nella penisola italiana, assicurarsi la lealtà di quel piccolo staterello, che dominava le vie della Liguria e dell’Italia centrale. E grazie ad una astuta politica diplomatica il Cristiani ne ottenne non solo l’alleanza bensì la successione. Essendo la dinastia dei d’Este prossima all’estinzione, ed avendo Francesco III un solo figlio, Ercole Rinaldo, separato dalla moglie e quindi incapace di dare al Casato altro erede se non la figlia Beatrice, il Cristiani prospettò abilmente al duca di Modena la possibilità di un matrimonio tra la nipote Beatrice e un arciduca di stirpe imperiale: lo sposo austriaco avrebbe un giorno regnato sul Modenese e al contempo lo stato estense non avrebbe dovuto essere incorporato nella monarchia austriaca ma avrebbe costituito uno stato separato, regolato dalle vigenti leggi e consuetudini. Queste furono le clausole del trattato concluso tra le parte il 3 gennaio 1753: l’arciduca promesso in matrimonio all’erede d’Este, non appena avesse compiuto la maggiore età, in attesa del trono estense, sarebbe stato preposto al governo della Lombardia; nel frattempo Francesco III venne nominato Capitano generale ed Amministratore in sua vece, con gli stessi poteri e titoli. Tuttavia la nuova carica di Amministratore si rivelò ben presto figurativa, e molto meno autorevole di quella di governatore: l’autorità effettiva passò al ministro plenipotenziario, oramai lunga mano di Vienna nelle faccende lombarde.
Dopo la morte del Beltrami la carica di ministro plenipotenziario assunse carattere ordinario, divenendo la maggiore dello stato. Egli assisteva il governatore in tutte gli affari di governo, interni od esterni; era tenuto ad assistere a tutte le conferenze, ordinarie e straordinarie, convocate dal governatore; era investito del potere di sostituire il governatore qualora fosse stato assente; teneva un carteggio regolare con Cancelliere di Corte e di Stato, con sede a Vienna, sugli affari d’Italia; rappresentava l’intermediario della corrispondenza governativa con la Corte; e ancora sbrigava tutta la corrispondenza relativa ai pubblici affari con gli ambasciatori imperiali e stranieri, secondo le istruzioni del Cancelliere di Corte e di Stato.
Con la soppressione della carica di gran cancelliere e di reggente il ministro plenipotenziario divenne a tutti gli effetti il fulcro della politica lombarda, il vero ed unico tramite tra Milano e Vienna e tale rimase sino alla sua soppressione nel 1796. (Annoni 1966; Arese 1979-1980; Capra, Sella 1984; Pugliese 1924; Valsecchi 1959).

ultima modifica: 29/05/2006

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