ministero di giustizia 1802 febbraio 25 - 1814 luglio 31

Nella costituzione della Repubblica italiana votata dalla Consulta di Lione nel gennaio del 1802 sono ricordati solo tre ministri: il ministro del tesoro pubblico, quello delle relazioni estere e il gran giudice ministro della giustizia, incarico che Bonaparte affidò allora a Bonaventura Spannocchi, già presidente del Tribunale di revisione in Milano (costituzione 1802), che si insediò il 25 febbraio 1802 (avviso 25 febbraio 1802).
Alla carica di gran giudice, che si poteva perdere solo “per rinunzia o condanna” (art. 67), la carta costituzionale riconosceva le seguenti prerogative: 1. “stabilire i regolamenti d’ordine pei tribunali”; 2. sospendere per un semestre i giudici negligenti; 3. presiedere, se richiesto dal governo, il Tribunale di cassazione “con voce preponderante” (art. 68).
Nell’articolo seguente si ipotizzava invece la nomina da parte del governo di un segretario di stato della giustizia incaricato di tale dipartimento; nomina che per il gran giudice avrebbe comportato la cessazione dalle funzioni ma non dal titolo. Al segretario di stato della giustizia sarebbe infatti spettato l’esercizio delle funzioni di ministro della giustizia, ma non delle prerogative del gran giudice (art. 69) (costituzione 1802).
Attribuzioni e competenze di giurisdizione del gran giudice ministro di giustizia vennero stabilite con maggiore precisione il 23 novembre 1803. Il decreto in questione riconosceva al gran giudice la sorveglianza su tutti i giudici e i tribunali e sulle camere di commercio, nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, cui egli doveva fornire anche “le norme ed istruzioni necessarie” (art. 3); il titolare del dicastero, che aveva “sotto la sua immediata direzione gli oggetti tutti relativi al notariato, al patrocinio delle cause”, di cui prescriveva le coerenti discipline (art. 5), doveva inoltre vigilare affinché la giustizia fosse bene amministrata (art. 4); ad egli spettava poi inoltrare al presidente o al suo vice, “per la decisione del Consiglio legislativo”, tutte le cause riguardanti “quistioni sull’applicazione delle leggi e regolamenti di pubblica amministrazione” (art. 6); vegliare “all’esecuzione delle leggi e dei decreti di governo relativi al potere giudiziario” e presentare “al governo stesso i progetti di legge per la migliore amministrazione della giustizia” (art. 9); il gran giudice, cui era affidata la “polizia disciplinare” sugli addetti ai tribunali e alle carceri e sui carcerati stessi (art. 10), doveva infine occuparsi “dell’organizzazione giudiziaria, delle rettificazioni del compartimento giurisdizionale dei giudici, tribunali e delle Camere di commercio” (art. 13) (attribuzioni 23 novembre 1803)
Dopo la creazione del Regno d’Italia l’incarico di gran giudice ministro di giustizia passò nelle mani del conte Giuseppe Luosi (decreto 9 giugno 1805 a), che lo mantenne fino alla soppressione del dicastero, stabilita con determinazione del feldmaresciallo Bellegarde del 27 luglio 1814, che ne demandò le attribuzioni a giudici, tribunali e corti (determinazione 27 luglio 1814 a).
A quel tempo il Ministero era organizzato in una segreteria generale, cinque divisioni e un ufficio speciale di cassazione, incaricato di tenere il protocollo degli affari criminali della Corte di cassazione e il registro delle decisioni in materia civile.
La prima divisione aveva il compito di conservare il registro particolare delle decisioni di massima prese dal ministro e quello delle udienze, oltre a sorvegliare le scuole di diritto. La seconda, ripartita in due sezioni, doveva invece occuparsi della nomina e destituzione del personale e della organizzazione delle corti e dei tribunali. La terza, pure divisa in due sezioni, si occupava tra l’altro della formazione dei quadri, dell’esame degli affari di massima e dell’interpretazione autentica delle leggi civili. Le due sezioni in cui si ripartiva la quarta divisione avevano infine l’incarico di soprintendere alle carceri, dell’esame delle denunce dei delitti più gravi, dei rapporti con la forza armata e delle domande di grazia e commutazioni di pena, delle questioni relative ai tribunali militari e marittimi e di quelle politiche, in relazione sia a provvedimenti criminali, correzionali e di polizia, delle competenze e funzioni delle corti ordinarie e speciali. Alla quinta spettava infine curare la contabilità.
Il ministro della giustizia e gran giudice godeva di un posto riservato nel Senato consulente, presiedeva inoltre la Corte di cassazione, le Commissioni reali per la codificazione, il Consiglio generale delle prede, il Consiglio privato delle grazie (Roberti 1946-1947).

ultima modifica: 19/01/2005

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