preture urbane di Milano 1818 - 1859

Nel Regno Lombardo-Veneto la giustizia civile fu amministrata, durante il periodo della Restaurazione, da tribunali di prima istanza, da preture forensi e da preture urbane, che avevano ed esercitavano la loro giurisdizione nel distretto del tribunale di prima istanza cui appartenevano. In ogni capoluogo di provincia infatti risiedevano un tribunale di prima istanza e una pretura urbana. A Milano, particolarmente, risiedevano due preture urbane: la prima esercitava la sua giurisdizione sulla “parte sinistra della città, da porta Orientale a porta Ticinese, seguendo la corsia dei Servi, quella del Duomo, attraversando la piazza fino all’angolo de’ Mercanti d’oro […]”, la seconda aveva invece giurisdizione su tutta la parte destra della città (Avviso 20 febbraio 1818). Fuori dai capoluoghi di provincia, invece, le funzioni di giustizia civile venivano svolte dalle preture forensi. Per quanto fossero istituzioni dedite appunto all’amministrazione della giustizia civile, le preture potevano essere anche delegate dai tribunali di prima istanza a compiere le prime “inquisizioni” per gli affari criminali.
La materia e le competenze delle preture e dei tribunali di prima istanza furono stabilite dalla notificazione del governo del 3 febbraio 1818. Il 2 marzo 1818 queste entrarono in attività e conseguentemente cessarono le loro attività le corti provvisorie di giustizia, i tribunali di prima istanza e le giudicature di pace esistenti nelle province lombarde.
In base a questa normativa i tribunali di prima istanza avrebbero esercitato nel distretto la giurisdizione negli affari civili – ad eccezione di quelli riservati alle preture urbane – e in tutta la provincia la giurisdizione negli affari criminali, in quelli di scioglimento del matrimonio, nelle cause contro comunità o corporazioni, come persone morali, e negli affari di commercio (tutte materie che non venivano riconosciute appunto di competenza delle preture) così come le cause in cui “ha parte il Regio fisco per sé o per qualcun altro da lui patrocinato”, che rimanevano di competenza del solo tribunale civile di prima istanza di Milano.
Le preture esercitavano nel loro distretto la giurisdizione negli affari civili, ad eccezione di quelli indicati, e per ciò che riguarda gli affari di commercio avrebbero continuato – fino ad ulteriori disposizioni – ad esercitare la giurisdizione che era stata di competenza alle “giudicature di pace” (cioè di conciliazione). Come accennato potevano inoltre venire delegate dai tribunali di prima istanza “ad assumere e compiere l’inquisizione” negli affari criminali, sottomettendo però ad essi gli atti per la “prolazione” del giudizio. Di norma comunque le preture assumevano gli atti iniziativi delle inquisizioni che avevano luogo nei loro distretti, e li rassegnavano al rispettivo tribunale di prima istanza. Inoltre le preture urbane, esercitando la giurisdizione civile, decidevano e facevano eseguire i loro giudicati nelle cause in azioni personali il cui pagamento non eccedesse la somma di 150 lire. La normativa stabiliva inoltre che le preture urbane avrebbero esercitato la loro giurisdizione soltanto negli oggetti di contenzioso, e non avrebbero avuto alcuna ingerenza negli atti di volontaria giurisdizione o di concorso (notificazione 3 febbraio 1818).
Ulteriori disposizioni riguardanti la sistemazione delle preture urbane, date a Milano il 1 maggio 1832, attribuirono alle preture nel proprio circondario giurisdizionale la competenza sugli affari di giustizia punitiva per gravi trasgressioni di polizia. All’ufficio del pretore, che pur non essendo membro appartenente ai tribunali civili di prima istanza godeva del rango di consigliere di prima istanza, erano assegnati proporzionalmente un certo numero di alunni di cancelleria, che non fosse comunque maggiore di quattro. Inoltre le preture venivano abilitate a giudicare “come per lo passato nel loro distretto […] le liti di denuncia per finita locazione e rilascio delle cose locate; […] le azioni procedenti da ingiurie in quanto non siano di competenza politica o criminale; le domande dipendenti da azioni per crediti od altre pretensioni non oltrepassanti il valore di lire 250” (notificazione 1 maggio 1832).
Con la circolare del 6 ottobre 1838 – che confermava il principio della competenza del tribunale criminale per le iniziative e quindi l’obbligo delle preture di trasmettere al tribunale militare stesso qualunque denuncia che a loro provenisse per gravi trasgressioni di polizia – si stabilì che in questi casi, cioè “in occasione che il consesso della pretura urbana si è già recato sopra il luogo, debba il consesso non arrestarsi da ogni operazione, ma bensì assumere l’iniziativa del procedimento criminale nelle forme criminali pel riconoscimento del fatto e per ogni altra istantanea verificazione e pratica in luogo per indi tosto rimettere gli assunti atti al detto tribunale” (Circolare 6 ottobre 1838).
L’organizzazione giudiziaria del Regno Lombardo-Veneto fu successivamente stabilita dalla sovrana risoluzione del 3 gennaio 1851. Con il decreto del ministero di giustizia 11 ottobre 1852 alla prima pretura di Milano si assegnava l’amministrazione della giustizia penale, alla seconda “si demandano affari di diritto civile”.
Dopo la norma di giurisdizione del 1853 le preture urbane accrebbero notevolmente il lavoro, “da richiedere alla spedizione degli affari un discreto numero di consiglieri”, ma rimasero comunque “giudizi personali”, cioè rappresentato da una sola persona – il pretore – così come le preture foresi. Ad esse rimasero di competenza l’ufficio delle “giudicature di pace (di conciliazione), la direzione delle materie contenziose e la volontaria giurisdizione od ufficio onorario del giudice”, cioè le materie di eredità, di tutela e di cura (Atti della commissione Giulini 1962).

ultima modifica: 27/03/2003

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