governatorato generale del regno Lombardo-Veneto 1857 febbraio 28 - 1859 maggio 6

Il 27 febbraio del 1857 l’Imperatore Francesco Giuseppe esonerò il feldmaresciallo Radetzky dal posto di comandante dell’armata e di governatore generale del Regno Lombardo-Veneto. La carica di governatore fu rilevata dal fratello dell’Imperatore, l’arciduca Francesco Massimiliano. Comandante generale del Regno fu nominato il generale Francesco Gyulai. Contemporaneamente alla nomina di Massimiliano fu ristabilita l’amministrazione civile e cessò quindi il governo militare.
In seguito alla riorganizzazione delle province italiane dopo gli eventi bellici del 1848 e dopo la cessazione del governatorato generale civile e militare venne quindi istituita la cancelleria arciducale (Atti della commissione Giulini 1962). A differenza della cancelleria vicereale le attribuzioni e le competenze della cancelleria furono esclusivamente di ispezione e di collegamento tra i ministeri viennesi e le luogotenenze: “i dispacci arrivano aperti dal ministero alla cancelleria arciducale, che li trasmette alle luogotenenze senza alcun suo particolare ordine” (Atti della commissione Giulini 1962, p. 199).
Nonostante i limiti imposti al suo ruolo, Massimiliano comunque “pretese dai suoi più diretti collaboratori di essere informato di ogni questione, di ogni problema, sia amministrativo che politico, nonché della situazione economica” (Marchetti 1960, p. 605); forse anche per questo, secondo l’analisi della cancelleria che fece la commissione Giulini “[…] l’Arciduca, pur immischiandosi di tutto, non ha effettivamente la direzione di nulla”, poiché il suo compito era limitato al limite ad aggiungere le proprie osservazioni su quanto corrisposto dalle due parti (Atti della commissione Giulini 1962).
L’amministrazione del Regno Lombardo-Veneto non fu sottoposta all’arciduca nemmeno nominalmente, anche se Massimiliano si dedicò ad una intensa attività di progettazione di riforma istituzionale, chiamando a collaborare anche esponenti del mondo lombardo tradizionalmente ostili all’Austria quali Cesare Cantù – che nel 1833 era stato incarcerato in seguito agli arresti che avevano smantellato la struttura della Giovine Italia – per lo studio di una riforma degli studi che “avrebbe dovuto eliminare le tracce della “germanizzazione” dal curriculum degli studenti lombardo-veneti” (Meriggi 1987); Valentino Pasini, per un’indagine sulle finanze del viceregno e, ancora, Stefano Jacini, per analizzare le condizioni della Valtellina, attraversata in quegli anni da una grava crisi economica. Anzi, nel suo proclama di insediamento Massimiliano affermò che lo scopo della sua missione sarebbe stato di promuovere il benessere morale e materiale delle due regioni […] e di assicurare lo sviluppo autonomo delle province affidate alle sue cure” (Raponi 1967, p. 227). Ma le tendenze federaliste dell’arciduca e la sua intenzione di staccare il Regno dalla amministrazione centrale di Vienna erano in netto contrasto non solo con la sua funzione, ma anche con le istruzioni che da Vienna e da suo fratello l’Imperatore aveva ricevuto (Mazhol-Wallnig 1981, p. 43). Ad eccezione di alcuni risultati di un qualche rilievo – la quasi completa abolizione del privilegio fiscale, la conversione delle Accademie delle belle arti in sezioni dei rispettivi Istituti di scienze, lettere e arti, e la loro riorganizzazione con nuovi e più rispondenti criteri – la svolta politica che Massimiliano tentò di imporre non approdò sostanzialmente a nulla: il suo programma, preparato agli inizi del 1858 – che prevedeva, o chiedeva, la risistemazione edilizia del centro di Milano, una serie di lavori pubblici di particolare urgenza (strade in Valtellina, arginatura di corsi d’acqua, ecc.), interventi statali a favore dell’industria, richieste di esenzioni doganali per l’importazione di macchine agricole e per l’industria, istituzione di una Banca di sconto lombarda – non trovò alcun ascolto a Vienna, che al contrario ridusse la spesa per i lavori pubblici nel Lombardo-Veneto (Raponi 1967, p. 234-235). È comunque indiscutibile che il ristabilimento dell’amministrazione civile e la cessazione del Governo militare, avvenuti contemporaneamente alla nomina di Massimiliano, ebbero come effetto immediato un alleggerimento della pressione poliziesca, un certo allentamento della censura e di conseguenza una maggiore vivacità politica” (Raponi 1967, p. 231).
L’arciduca lasciò Milano alla vigilia delle ostilità con il Piemonte: la notificazione della luogotenenza lombarda del 6 maggio 1959 comunicò che, a causa dello stato di guerra, le funzioni di governatore generale del regno erano state assunte dal generale Gyulai, mentre il tenente maresciallo di Kellemes era stato nominato governatore militare di Lombardia. Luogotenente lombardo diveniva infine il barone Ernesto di Kellersperg (Atti della commissione Giulini 1962; Marchetti 1960; Mazhol-Wallnig 1981; Meriggi 1987; Raponi 1967).

ultima modifica: 19/01/2005

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