consiglio generale sec. XIV - 1757

“Al 4 gennaio del 1311, nel palazzo del comune della terra o borgo di Monza, risalgono le notizie forse più antiche e certamente più complete sulla composizione del consiglio monzese” (Storti Storchi 1993).
Nel capitolo “De Consilio Maiori centum quiquaginta virorum eligendorum” degli statuti di Monza viene indicata la procedura da seguirsi per l’elezione del consiglio maggiore, organo detentore del potere decisionale, denominato nel corso dell’età moderna, soprattutto nel Settecento, consiglio generale: ogni anno, nel mese di dicembre, il vicario – detto anche rettore – riuniva il consiglio maggiore in carica e tra i presenti estraeva a sorte sei consiglieri ai quali spettava indicare i 150 “de melioribus burgi”, coloro che avrebbero fatto parte del consiglio maggiore dell’anno successivo; questo capitolo dello statuto individuava inoltre un corpo più ristretto di 60 consiglieri ai quali, responsabili in solido del loro operato, erano riservate le decisioni più delicate relative alle spese della comunità (Statuti di Monza); nello stesso capitolo “non si dice se i componenti fossero rieleggibili, ma è lecito pensare che lo fossero perchè, data l’allora scarsa popolazione di Monza, sarebbe stato impossibile provvedere ad un rinnovo totale ogni anno” (Barni 1975).
Nel 1492, come conseguenza della tendenza ad un graduale allontanamento di larghi strati della popolazione dalla gestione della vita della comunità, oramai avvertite anche nei territori monzesi, il consiglio maggiore veniva ridotto da 150 uomini, eletti annualmente, a 60 così distribuiti: 45 consiglieri, 12 sapienti e 3 reggenti. Questo provvedimento, pur lasciando sussistere ancora una numerosa presenza nell’organo decisionale, sanciva il definitivo passaggio dell’amministrazione municipale nelle mani di quei soli cittadini “idonei e capaci che si assumevano la responsabilità della gestione della cosa pubblica per essere in grado di rispondere con i propri beni agli impegni finanziari sottoscritti dalla comunità” (Superti Furga 1979).
Nel corso del XVII secolo le riunioni consiliari, che nel Cinquecento si ripetevano anche di più volte al mese, concentrate soprattutto nei primi mesi dell’anno, per il rinnovo delle cariche, divennero molto più rade: di fatto il potere decisionale attribuito dagli statuti al consiglio maggiore veniva via via svuotato e ad esso venivano riservati quasi esclusivamente mansioni di nomina e decisioni di natura finanziaria.
Ancora a metà del XVIII secolo, secondo quanto descritto nelle risposte ai 45 quesiti della giunta dei censimento, la comunità di Monza era rappresentata dal consiglio dei “LX Decurioni ò siano Consiglieri che vengono eletti secondo le disposizioni delli statuti di Monza e perseverano in tale carica vita loro durante”. Al consiglio, a metà Settecento, era riconosciuta autorità decisionale relativamente agli affari di interesse generale della comunità e facoltà di nominare i dodici sapienti, i tre reggenti procuratori e tutti gli altri ufficiali municipali (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3063).
Ancora nel 1757, con la “Riforma al Governo della Comunità di Monza” , il consiglio generale non veniva soppresso ma continuava a svolgere ruoli attivi nella gestione degli affari municipali: “giusta l’antica consuetudine” esso continuava ad essere composto da sessanta consiglieri, “quali persevereranno in tale carica vita loro durante”, ed a svolgere compiti di ordinaria amministrazione e rappresentanza “del Pubblico per tutto ciò che riguarda il governo di esso borgo, la custodia dei privilegj e gli affari alla sua giurisdizione commessi dagli Statuti, e Ordini veglianti, salva sempre l’economica giurisdizione assegnata alla deputazione e al convocato generale degli estimi” (Riforma Monza, 1757; editto 30 settembre 1757).

ultima modifica: 03/04/2006

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