amministrazione provinciale di Milano 1757 - 1786

I principi di uniformità e accentramento che presiedettero alla riforma teresiana delle amministrazioni comunali furono assai meno presenti nelle riforme attuate, negli stessi anni, a livello provinciale. L’unificazione amministrativa, resa necessaria all’interno di ciascuna provincia dello stato milanese dal venir meno delle antiche distinzioni tra estimi civili ed estimi rurali, fu attuata in forme e modi tali da salvaguardare il predominio della città sulla campagna e i privilegi dei ceti decurionali (Capra 1984).
La riorganizzazione amministrativa della Lombardia austriaca elaborata dal real giunta del censimento presieduta da Pompeo Neri si concretizzò nel 1757, quando fu pubblicato il nuovo compartimento territoriale dello stato di Milano (editto 10 giugno 1757).
Con l’editto di Maria Teresa del 1757 vennero rispettate le circoscrizioni territoriali già esistenti nello stato milanese. Nel compartimento del 1757 figuravano inoltre le “terre separate”, che furono mantenute indipendenti dalle rispettive province: Treviglio nel ducato di Milano.
Negli anni a cavallo tra la “riforma al governo e amministrazione delle comunità dello stato di Milano” del 30 dicembre 1755 e l’editto di compartimentazione territoriale del 10 giugno 1757 furono emanati singoli provvedimenti volti a riformare l’amministrazione delle città e delle province dello stato, spesso seguiti a lunghi dibattiti in sede locale.
Lunghe e difficili da conciliare si dimostrarono le riforme per la provincia del ducato milanese: gli interessi del decurionato prolungarono infatti le trattative fino agli inizi del 1758, quando venne istituita una nuova congregazione di patrimonio nella città di Milano, alla quale venne appoggiata “l’universale amministrazione tanto per la città, che per la provincia” (riforma 10 febbraio 1758).
Ma se da un lato la riforma stabiliva chiare disposizioni relative alla durata delle cariche (mandato vitalizio per i sindaci e quadriennale per tutti gli altri ufficiali), complicate erano invece le procedure previste per la loro nomina, soprattutto per quella degli estimati non appartenenti al ceto decurionale.
Numerose erano le competenze che la riforma attribuiva alla congregazione e ai suoi singoli membri. Di regola doveva appartenere ai sindaci della città l’esecuzione delle incombenze riguardanti la città, e di tutte le altre dipendenti dal tribunale di provvisione, anche nel territorio del ducato. Ai sindaci del ducato spettava l’esecuzione delle incombenze non dipendenti dal tribunale di provvisione, salvo variazioni stabilite dalla congregazione in casi particolari.
Alla nuova congregazione erano attribuite le facoltà della vecchia congregazione, era inoltre stabilita come “giudice in prima istanza in materia di carico”. La nuova congregazione di patrimonio si vedeva assegnati anche compiti della congregazione militare.
Le vaste competenze di natura amministrativa, militare e soprattutto fiscale stabilite per la congragzione del patrimonio furono frenate dalla notevole influenza ancora esercitata, nonostante la riforma, dal consiglio generale. Esso infatti non solo forniva quattro membri della congregazione su quattordici e influenzava l’elezione di altri otto, proponendo al governo una lista di possibili candidati, ma conservava diversi poteri di controllo, soprattutto di natura fiscale-finanziaria, quali ad esempio, il diritto di censurare le spese straordinarie che eccedessero le 20.000 lire annue e il diritto-dovere di controllo sul bilancio annuale della congregazione stessa.
Gli archivi della vecchia congregazione di patrimonio e del ducato vennero messi alle dipendenze dalla nuova congregazione, restando la custodia dell’archivio del patrimonio al decurione eletto dal consiglio generale come archivista, e la custodia dell’archivio del ducato ai due sindaci del ducato, in attesa che fossero riuniti in un unico luogo “senza confusione di scritture sotto doppia chiave”.

ultima modifica: 19/01/2005

[ Cooperativa Archivistica e Bibliotecaria - Milano ]