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1726. Francesco Sforza al capitano del lago di Como 1453 maggio 19 Milano

Francesco Sforza aderendo alla lamentela del comune e degli uomini di Porlezza del ducato di Milano dice al capitano del lago di Como e cancelliere di Parma, familiare ducale, di non molestare i ricorrenti per il pagamento dei contributi con il comune e gli uomini del lago di Como, cosa da loro mai fatta. Se vi fosse alcunché giuridicamente valido in contrario, lo si avvisi oppure i messi degli uomini del lago che devono andare a Milano si presentino al Consiglio segreto che renderà loro ragione, ma nel frattempo si astengano dall'infastidire quelli di Porlezza.

[ 354v] Capitaneo nostro lacus Cumarum et canzelario de Parma, familiari nostro.
Per parte dil comune et homini de Proleza del ducato nostro de Milano havimo gravissima querella perché li vogliati astrinzere, contra ogni rasone e contra l'usitato sempre, a contribuire con lo comune e homini del lago nostro da Como neanche per veruno modo e cossa conveniente, perché essendo loro del ducato de Milano non deno contribuire con queli del lacho da Como che sono dela iurisdictione, secundo che per la supplicatione loro, quali ve mandiamo introclusa, poteriti cognoscere. La qual cossa non parendone debita né honesta che queli del ducato contribuiscano, contra il consueto per lo passato, sempre con quello del vescovato, ve commandemo e volemo intendiate questo fato et essendo vero le cosse prenarrate, non molestati per veruno modo li dicti supplicanti ad contribuire alcuna con li predicti del lacho né fati (a) ho lassati vel permettiti molestare. Et si qua alcuna iusta casone de querella (b). Data Mediolani, die xviiii maii 1453. Et se pretendeti quelli nostri lachuale havere cossa alcuna iuridica in contrario, avisatine ho faciti che li messi deli dicti lachuali che deno venire qua receveno al nostro Consiglio secreto, quale farà rasone interamente; et interim supersedeti da dare molestia ad essi supplicanti. Data ut supra. (c)


(a) né fati ripetuto.
(b) Così A.
(c) A margine: ordinata per Antonium de Canubio.