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628. Francesco Sforza a Bededetto de Curte 1453 gennaio 27 Milano

Francesco Sforza vuole che Bededetto de Curte, viceluogotenente di Piacenza, induca l'abbate e i monaci del convento piacentino di San Sisto di venire a una composizione con Bernardo e Paolino, fratelli de Cazzanigo, che si querelano con i frati per un appezzamento di bosco zerbia. Non riuscendovi, li induca a scegliersi un giudice, sottolineando come sarebbe poco esemplare che dei religiosi si intestardissero a farsi giustizia da loro.

[ 139r] Benedicto de Curte, vice locuntenenti Placentie.
Bernardo e Paulino, frateli de Cazanigho, n'hano fato lamenta de l'abbato e monaci de San Sisto di quella nostra cità de Piasenza per casone de una petia de boscho zerbia, secundo vedarai per l'inclusa supplicatione. Per la qual cossa, intendendo nuy che la iustitia habia loco nel dominio nostro, e niuno sia oppreso né tortezado, te commetemo e volemo cerchi, con queli boni modi saperai tenire, de concordare le parte insema e, quando questo non potesse havere loco, vede de confortare e indure essi abbati e monaci ad elligere uno iudice nanti el quale essi supplicanti possano dimandare rasone contra de loro, como è honesto e crediamo debiano fare per non dare materia ad esso supplicante de lamentarse che se ministrano rasone per sé e non voliano poi essere convenuti loro, che saria cosa de mal exemplo, presertim essendo religiossi. Mediolani, xxvii ianuarii MCCCCLIII.