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1485. Francesco Sforza ad Antonio Minuti e Matteo da Pesaro 1451 gennaio 22 Lodi

Francesco Sforza rimprovera Antonio Minuti e Matteo da Pesaro per le risposte sfiduciate che forniscono, soprattutto ai castellani, che esige siano puntualmente pagati.

[ 366v] Ser Antonio de Minutis, Regulatori, et Matheo de Pisauro, ex Magistris intratarum.
Nuy ne meravigliamo et dolemo grandemente delle resposte che fa lo vostro officio alli nostri officiali, castellani et altre persone che vengono là per cose che hanno da fare cum lo dicto vostro officio, como accade tutto il dì: et primo dele parole che vuy gli dicete quando essi ve domandano lo facto loro, cioé che vuy non posseti più et che non haveti il modo et aptitudine de satisfarli, perché le intrate nostre sonno manchate et che la spesa è molto più che l'intrate. Le quale parole non sapimo ad che fine se dicano, perché vuy sapeti molto bene che in la lista delle intrate nostre del presente anno, la quale ne detesti vuy l'altro dì, essendo noy a Mediolano, detracto lo paghamento delli salariati, che è ducati 90.000, gli advanza qualche cosa. Della qual cosa ne può sequire questi inconvenienti: primo che, retrovandosse li dicti castellani male paghati et quasi disperati, como se retrovano, et maxime per le risposte che gli sonno facte, che sonno senza alcuno piacere et humanità, accadendo più una cosa che una altra poria generare scandalo et danno al stato nostro che non saria per altra casone che per quella havimo dicto de sopra; et poy etiandio, facendo lo vostro officio le resposte in questo modo che fa et presentendosse dal canto delli nostri inimici che simile parole eschano de bocha delli nostri Magistri delle intrate, le quale se extimano sianno vere, doveti pensare che honore, fama et reputacione ne ha a dare et che fructo ne habbia a sequire al stato nostro, che per certo, senza che noy ve lo dicamo, ne pare che sopra li altri li doveristi havere pure qualche consideratione et pensiero alli castellani che sonno in queste frontere, come sonno quelli del'alexandrino et tordonese ad quello de Pizleone et ad delli altri, como vuy vedeti et sapeti, et tenerli bem contenti et usarli bone parole et humanità, como se convene. Ma se fa tutto lo contrario, perché gli sonno de quelli che restano ad essere paghati de tri et quatri mesi, che non se doveria fare cossì né imbratarli lo salario loro nì altro, ma che lo potessino havere alli tempi debiti. Siché vogliatine subito advisare della casone delle dicte resposte et dove procede, perché poy ve chiariremo della mente nostra. Laude, xxii ianuarii 1451.
Cichus.