Collezione di netsuke di Giacinto Ubaldo Lanfranchi del Museo Poldi Pezzoli

Definizione: collezione

Tipologia: amatoriale

Istituto di conservazione: Museo Poldi Pezzoli, Milano (MI)

Consistenza

Composta da oltre 415 oggetti. L'inventariazione eseguita dal Museo Poldi Pezzoli ha consentito di stabilire che alcuni pezzi, pubblicati nel catalogo del 1962, non sono più nella collezione e altri oggetti non sono stati pubblicati in quel catalogo. Gli oltre 415 pezzi sono in gran parte netsuke, cui si aggiungono alcune "parure" complete formate da netsuke, ojime e inro oppure una borsa da tabacco, e un paio di dozzine di ojime solitari. Un piccolo nucleo è costituito da oggetti di vario genere come statuette (sagemono) e portacarte, accomunati ai netsuke dall'uso di materiali analoghi e dalla lavorazione simile nel microintaglio.

Notizie storico critiche

La collezione di netsuke creata dall'industriale di Palazzolo sull'Oglio Giacinto Ubaldo Lanfranchi è stata legata per testamento al Museo Poldi Pezzoli nel 2005 dalla vedova Maria Taglietti.
Il netsuke è un oggetto tipico giapponese, caratterizzato da una funzionalità coniugata ad una spesso elevata qualità artistica. Si tratta di piccole sculture solitamente realizzate in avorio o legno - soprattutto di cipresso e bosso - ma a volte anche in osso, corno - anche di rinoceronte -, lacca, porcellana e metalli. Sebbene le sue origini vadano individuate in Cina in epoche anteriori, come strumento per legare alla cintura il proprio sigillo personale, l'inizio della sua diffusione in Giappone si può far risalire al XVII secolo insieme a contenitori legati alla cintura contenenti tabacco da fumo, monete, medicine, profumi e altri oggetti. Gli abiti tradizionali giapponesi (kimono) non sono dotati di tasche; era per ciò in uso di appendere alla cintura di seta (obi) dei contenitori (inro) legati con un cordoncino (himo) stretto da un anello (ojime) e sostenuto appunto, per evitare che scivolasse via, da un fermaglio, chiamato netsuke, piccolo e compatto, senza protuberanze che potessero impigliarsi nelle vesti. Progressivamente, a partire dalla seconda metà del Settecento, i netsuke si trasformano in sculture tridimensionali figurate e quindi in vere e proprie opere d'arte e, dopo l'adozione in Giappone degli abiti occidentali, persa la loro funzione, i netsuke continuano a essere prodotti come oggetti artistici per il mercato collezionistico. Dalla partecipazione del Giappone alle Esposizioni Universali di Parigi nel 1867 e di Vienna nel 1873, le arti e i manufatti giapponesi diventano di moda in occidente, e i netsuke iniziano a ricevere grande attenzione e interesse anche da parte dei collezionisti europei e americani.
Sebbene il netsuke sia quasi sempre un'opera d'arte unica, per certi versi irripetibile, gli studi più recenti hanno permesso di risalire alle fonti iconografiche di alcuni soggetti più diffusi, rintracciabili tra le incisioni e in repertori utilizzati dagli stessi artigiani.
La scelta dell'animale fantastico, per esempio, rimanda al significato apotropaico dei netsuke, oggetto a strettissimo contatto con le persona che lo sceglieva e che spesso ne sfregava la superficie. L'incredibile varietà dei temi rende la collezione qualcosa di unico.
Con la pubblicazione del catalogo completo - pubblicato nel 1962 dalla tipografia Editrice Secomandi di Bergamo - il Lanfranchi volle rendere nota al pubblico, italiano ed internazionale, la sua collezione in un periodo in cui non vi erano ancora contributi di studio italiani sui netsuke.
Il catalogo è infatti ricco di illustrazioni che, seppur in bianco e nero, costituiscono un generoso repertorio iconografico. Nel testo si affronta gran parte degli elementi utili per lo studio di questi oggetti: dall'analisi dei materiali alle iconografie più comuni esemplificate dai pezzi della collezione.
L'autore poté contare sul confronto con studiosi internazionali e sui maggiori testi di riferimento allora disponibili. Nelle schede sono omessi però elementi oggi considerati fondamentali come le firme degli autori, apposte su gran parte dei pezzi; il Lanfranchi si premurò però di tradurre le iscrizioni, compilando anche un sintetico regesto degli artisti individuati.