S. Antonio abate protegge la città di Pavia durante l'assedio dei Francesi del 1522

Lanzani, Bernardino (?) (maniera)

S. Antonio abate protegge la città di Pavia durante l'assedio dei Francesi del 1522

Descrizione

Autore: Lanzani, Bernardino (?) (maniera) (1460 ca.-1526 post), esecutore

Ambito culturale: scuola lombarda

Cronologia: post 1522 - ante 1524

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: intonaco/ applicazione su tela; intonaco/ pittura a fresco

Misure: 333 cm x 360 cm

Descrizione: Veduta della città di Pavia, a volo d'uccello, ripresa da sud, dal Borgo Ticino. In primo piano l'imponente figura di S. Antonio abate, titolare della cappella e protettore del Borgo Ticino, dove sorgeva l'ospedale a suo nome, seduto su di un tronco, benedice alla greca con il bastone monastico a forma di T corredato del campanello, suo tradizionale attributo. Il Santo giganteggia vicino alle minuscole figurine delle lavandaie e del cinghiale, solitamente suo attributo è un porcellino. A sinistra il Ponte Coperto come si presentava nel XV secolo, fortificazione difesa da due porte-torri, collegato tramite Strada Nuova, cardine massimo al Castello Visconteo, raffigurato ancora intatto con le quattro torri, l'originaria facciata prospettante a ovest, le mura e la Cittadella. Comprese entro la cinta muraria le principali architetture civili e religiose: a sinistra piazza Grande con il Broletto, piazza Piccola o Atrio di S. Siro porticata, con la statua equestre del Regisole e le cattedrali gemine, S. Teodoro con il tiburio sormontato dal lanternino cinquecentesco e privo del campanile aggiunto nell 1592 ca, a destra la facciata con rosone di S. Tommaso, verso la cinta S. Michele, reso col rosso e non con il bianco dell'arenaria e all'estrema destra la perduta S. Giovanni in Borgo

Notizie storico-critiche: La prima campata della navata minore sinistra conserva due straordinarie Vedute di Pavia, a volo d'uccello, eccezionale documento iconografico dell'assetto urbanistico della città nel periodo rinascimentale.
Sulla controfacciata è collocata la seconda versione, la definitiva. L'affresco, strappato e riportato su tela, un tempo ricopriva il primitivo incompiuto, avente il medesimo soggetto, attualmente posizionato sulla parete laterale. Nel 1956, in occasione dei restauri condotti dal milanese Ottemi Della Rotta, ci si rese conto dell'esistenza di un secondo affresco occultato e si procedette al recupero. L'eccezionalità di questo rinvenimento non risiede nella scoperta, non rara, di un palinsesto, quanto piuttosto nel ritrovamento di due affreschi, di medesimo soggetto, praticamente uguali, posti l'uno sopra l'altro.
Le vedute vengono commissionate dal colto parroco Giovanni Luchino Corti, nell'ambito del generale rinnovamento della chiesa da lui promosso intorno al 1510. Terminati i lavori di restauro, ha inizio la campagna di decorazione pittorica secondo un programma iconografico di "esemplare chiarezza narrativa" suggerito probabile dal raffinato parroco umanista (che detta anche un epigramma latino, in cui compare il suo nome, dipinto nella seconda versione sulle mura della città, oggi non più leggibile). La peculiarità dell'affresco è che la città, da sfondo diventa vera protagonista della composizione. Si tratta di una precisa ricostruzione topografica che si propone di rendere in prospettiva, seppur non sempre esatta, la struttura d'assieme della città, in cui è possibile riconoscere ogni singola architettura.
All'interno di un tessuto urbano così esatto e particolareggiato, viene lasciato spazio alla narrazione storica, infatti viene immortalato il momento in cui Pavia è caduta sotto il dominio francese, e anche alla vita domestica che tutti i giorni qui si svolge: lavandaie, contadini, animali rappresentati nelle mansioni che sono loro proprie. La particolarità di questa veduta cittadina sta proprio nella fusione di elementi eterogenei, quali la narrazione storica, la rappresentazione della città e la vita quotidiana che qui si svolge. Nell'esatta rappresentazione dei principali edifici cittadini prevale la cromia rosata del laterizio, il materiale di costruzione più diffuso a Pavia, che caratterizzava la maggior parte delle architetture. L'affresco viene realizzato come "singolare ex voto civico" per ringraziare Federico Gonzaga, duca di Mantova, che aveva difeso la città dall'assedio francese del Lautrec del 1522, si presta anche ad una rilettura in chiave antifrancese. Le scene di guerra e le numerose iscrizioni esplicative trascritte dagli storici locali e un tempo leggibili sull'affresco, non lasciano dubbi circa l'identificazione del momento raffigurato. Un distico latino, dettato dal poeta umanista mantovano Mario Equicola (morto nel 1525), probabilmente al seguito di Federico Gonzaga a Pavia nel 1522, era volta ad esaltare la figura del Gonzaga come salvatore della città. Entrambe le vedute colgono Pavia, contenuta entro la cinta urbica, da sud, solo che nella redazione finale è rappresentata anche la sponda destra del Ticino, del Borgo, in cui si riconoscono le lavandaie con i panni, il fiume solcato da imbarcazioni e il Ponte Coperto.
Queste rapide figurine, appena abbozzate, ma di grande efficacia sono rese rapidamente con colore scuro sul fondo chiaro, non sono solo un motivo decorativo, ma hanno un preciso riferimento storico, si apprestano infatti alla difesa della città, attaccata dai francesi nel 1522. Non è ancora stato risolto il problema relativo alle due versioni della Veduta di Pavia che hanno in comune la porzione superiore con l'Eterno Padre, i santi Siro, Teodoro e Agostino e Sant'Antonio abate, titolare della cappella che ricorda la liberazione della città dall'assedio del 1522. Albertario ipotizza che la prima versione, insieme alle figure dei santi patroni e alla decorazione della volta con raffinate grottesche su sfondo giallo, sia da ricondurre all'intervento del Maestro delle Storie di S.Agnese, mentre la seconda redazione con l'icastica e monumentale immagine di S. Antonio abate, presenta certe durezze di segno che fanno pensare all'intervento di un secondo pittore, forse il Lanzani. Tanzi, invece, nel 1988 ascrive entrambe le versioni al Maestro delle Storie di S.Agnese. Inoltre, Inoltre, allo stato attuale degli studi non è chiara la motivazione per la quale la veduta fu rifatta: si esclude l'errore del frescante nella valutazione dello spazio, il quale aveva a disposizione la sinopia, disegno preparatorio con il quale avrebbe potuto calcolare bene le dimensioni. Si è pensato ad una ragione storica, forse la rappresentazione così precisa dell'assedio francese alla città infastidiva qualcuno. Le numerose iscrizioni presenti sulla seconda versione, non è dato sapere se fossero presenti anche sulla prima, costituiscono quindi un altro dilemma.

Collocazione

Provincia di Pavia

Credits

Compilazione: Arisi Rota, Anna Paola (2005)

Aggiornamento: Manara, Roberta (2014)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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