Affreschi di villa Visconti Borromeo Litta, Lainate

h3. Introduzione L'apparato decorativo ancora oggi visibile negli ambienti a pianterreno di "Villa Visconti Borromeo Litta":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-03427/ a Lainate è ascrivibile a varie epoche. Affreschi stilisticamente molto diversi ornano le sale secondo un vero e proprio excursus stilistico che dalla fine del Cinquecento arriva al Settecento, comprendendo anche la rarità dei dipinti su ciottoli del Ninfeo. p. Affresco.Tale varietà è facilmente riconducibile alle maggiori fasi edificatorie della dimora, naturalmente anche all'ingegno e ai gusti dei committenti. La trasformazione in residenza nobiliare di una sorta di casa di campagna adibita al controllo ed alla gestione dell'attività agricola, risale a Pirro I Borromeo Visconti, ed avvenne a partire dal 1569 circa. In questi anni Pirro vantava una consistente disponibilità economica, dovuta anche alla sagace e attenta politica matrimoniale, che gli consentiva di effettuare corposi lavori di ampliamento e decoro, e di divenire mecenate di artisti del calibro di Camillo Procaccini (1561-1629), nonché collezionista di numerosi capolavori, di cui si ha notizia negli inventari. Su suggerimento del letterato Giovan Paolo Lomazzo (1538-1602) suo stimato consigliere artistico, egli invitò espressamente il pittore a decorare villa e ninfeo. p. Affresco.Quest'ultimo non solo si attenne al volere del committente, affascinato dalla dolcezza e dall'ardore della pittura emiliana, ma realizzò sequenze affrescate che rimandano alle soluzioni adottate da Correggio (1489-1534) nel duomo e nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma. Lo evidenziano i movimenti arditi delle creature fantastiche, immortalate nel ninfeo e nelle due figure del Mercurio e dell'Allegoria della Fortezza sui soffitti dell'atrio e di una sala al pianterreno. h3. L’edificio tra cinquecento e seicento *L’atrio* Varcato il maestoso accesso e la corte d'onore, circondata sui tre lati da fabbricati, si entra nell'atrio: ambiente a pianta circolare iscritta in un quadrato e arricchito da nicchie angolari, è concluso in alto da una cupola con l'affresco del massiccio Mercurio con il caduceo, del Procaccini. L'opera, eseguita negli anni 1587-1589, offre una virtuosistica vista della divinità immortalata dal sotto in su, quasi costretta nei movimenti all'interno dello spazio circoscritto da solide colonne purpuree. L'azzurro del cielo fa da sfondo alla figura e dilata lo spazio in verticale. L'artista introduce qui invenzioni figurative, nel giro di pochi anni ampiamente studiate ed imitate dai maggiori esponenti della cultura milanese di inizio Seicento. *Le sale a piano terreno* Dall'atrio si può scegliere se accedere ad una sala a sinistra, oppure se entrare nel primo dei tre ambienti a destra. Nel vano di sinistra una pregevole decorazione, presumibilmente realizzata verso la fine del sedicesimo secolo, interessa le pareti e il soffitto. Vi si rappresentano le tormentate vicende di Enea, in piccole scene piacevolmente narrative, tra le quali spicca la Fuga da Troia. La prima delle tre sale collocate alla destra dell'atrio presenta la volta completamente affrescata: al centro quattro putti che volano nell'aria, ritratti di scorcio mentre sono sorreggono un cartiglio trattenendolo per i cordoni che svolazzano negli angoli. La scritta: _OMNIA AD EMPIREUM_ è in asse con lo stemma visconteo, al centro della fascia decorativa che occupa tutta la restante superficie rimasta disponibile nella volta. I simboli araldici sono affiancati da raffinate scenette campestri e marine, inserite in riquadri, all'interno delle quali si distinguono uomini a cavallo, indaffarati nelle attività della caccia, e diverse specie di animali reali ed immaginari. Nell'ambiente successivo si sono conservati fregi decorativi geometrici, ad affresco, solo sulle pareti. Nella terza sala pareti e soffitto sono coperti da una vasta decorazione a vivaci colori ad affresco, tranne lo spazio occupato da un semplice ma pregevole camino in pietra. p. Al centro della volta una corpulenta Allegoria della Fortezza regge con la mano destra la spada su cui si inerpica una serpe, con la sinistra lo scudo decorato con un leone ed una clava. Sopra la figura allegorica aleggia un carteggio sottile. Raffinati episodi paesaggistici, intervallati da figure antropomorfe, e da mascheroni monocromi, ornano le parti restanti della volta e le pareti. Il ciclo pittorico è stato assegnato a Camillo Procaccini ed ai suoi aiuti: del resto sono evidenti le affinità stilistiche tra il Mercurio dell'atrio e questa figura allegorica. *Il soffitto del sottoscala* Sono interessanti anche le decorazioni del soffitto del sottoscala dove, all'interno di lunette graziose figurine delineano il piacevole racconto delle varie fasi della vita umana attraverso la raffigurazione delle attività più consone alle età rappresentate, messe in corrispondenza reciproca tramite i numeri romani indicati sotto ad ogni episodio. *Il ninfeo* Di notevole pregio e assoluta unicità è la decorazione tardo cinquecentesca del ninfeo, all'interno del quale un'inedita tecnica pittorica, realizzata su ciottoli di fiume, è attuata da Camillo Procaccino. Ne parla anche il Borsieri nel suo Supplimento della nobiltà di Milano, edito nel 1619. In queste sale lo spettatore è letteralmente catturato dalle fitte decorazioni che propongono arabeschi, essenze arboree, creature desunte dal bestiario del Lomazzo, animali esotici, come scimmie ed elefanti, altri comuni come grosse bisce, ed altri ancora fantasiosi, come fauni, arpie, draghi, sirene e sileni.

Incursioni pittoriche ad affresco segnalano anche l'invito ad evadere lo spazio reale grazie all'inserimento di figure antropomorfe, fitomorfe e zoomorfe, oltre che di scene paesaggistiche. h3. L’edificio settecentesco La voluta sinergia tra interno ed esterno della villa, in cui si ammira un impressionante intento illusionistico viene a perdersi negli affreschi conservati nel cosiddetto "Quarto Nuovo", ovvero nell'edificio settecentesco, a cui si accede dalla corte d'onore, realizzato dopo il 1721 su commissione di Giulio Visconti Borromeo Arese. Personaggio di notevole spessore politico e culturale, quest'ultimo decide di modificare la dimora di rappresentanza aggiungendo un'intera ala nuova, la cui caratteristica predominate è data dall'ampia facciata in mattoni a vista e dal porticato che richiama quello cinquecentesco architravato con colonne binate in granito. Negli numerosi ambienti del pianterreno sono presenti in alcuni casi fregi decorativi del tardo Settecento, ascrivibili al periodo in cui la villa divenne proprietà di Pompeo Litta, nipote di Giulio. I nomi degli ambienti è ricavato da quanto ritratto sulle volte o sulle pareti. Si susseguono: la sala delle Virtù, in cui si conserva un interessante camino in pietra e gli stemmi araldici; la sala del Sole; la sala dei Baci; e la sala delle Assi. La cosiddetta sala da pranzo è decorata con motivi geometrici e greche monocrome da Giuseppe Levati, responsabile anche della ristrutturazione del ninfeo, eseguita con Francesco e Donato Carabelli. Un ampio scalone conduce al piano nobile con numerose stanze lungo l'ala occidentale. Il vano di maggior pregio è dato dal salone da ballo d'impostazione settecentesca arricchito dalla presenza di balconate sorrette da plastici telamoni. La villa presenta dunque aspetti decorativi molto dissimili tra loro stilisticamente, che rispecchiano però le varie epoche edificatorie che l'hanno interessata, dando una visione nitida del trascorrere dei secoli e soprattutto degli inevitabili cambiamenti di gusto dei padroni di casa.

Testo a cura di Beatrice Bolandrini