Santuario di S. Maria dei Ghirli - complesso

Campione d'Italia (CO)

Indirizzo: Viale Marco da Campione (Nel centro abitato, isolato) - Campione d'Italia (CO)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: La chiesetta originaria fu trasformata in oratorio intorno al Trecento secondo gli schemi dell'architettura romanica, a navata unica e con campanile quadrato. L'interno della chiesa, oggi dopo le trasformazioni barocche, che hanno aggiunto il tiburio, si presenta a navata unica e volta a botte, ed è diviso in tre parti: l'aula riservata ai fedeli, il Santuario ed il Presbiterio.

Epoca di costruzione: sec. XIV

Autori: Bianchi, Isidoro, sopraelevazione cupola / rifacimento facciata; De Veris, Lanfranco, decorazione affresco sul lato destro esterno; De Veris, Filippolo, decorazione affresco sul lato destro esterno

Comprende

Descrizione

Dalle origini al XV sec.

Già nominato in un documento del IX secolo, il complesso costituiva anticamente un possedimento del monastero di S. Ambrogio a Milano; della chiesa trecentesca non resta oggi più nulla, dopo il totale rifacimento di epoca barocca ad opera di Isidoro Bianchi e della sua bottega (1623-34), ma si può pensare ad un'aula con soffitto piano e presbiterio coperto da volte. Bianchi diede rilievo al prospetto dell'edificio creando un profondo pronao con funzione dichiaratamente scenografica ed elevando uno slanciato tiburio ottagonale sopra la cupola centrale. Forse più che dal lago, che offre una grandiosa veduta frontale la cui maestosità è accresciuta dall'impressionante elemento della scalinata, la sobrietà della fabbrica gotica si può cogliere, nell'ordine inferiore della chiesa, dalla più modesta veduta di terra. La riqualificazione barocca della chiesa gotica riguardò anche l'interno, dove l'aula pubblica si presenta oggi come luminosa introduzione allo spazio del santuario vero e proprio: l'intelaiatura architettonica delle pareti, con motivi di archi ciechi in stucco riccamente decorati, crea un effetto di sfondamento illusionistico dello spazio che prosegue, più in alto, nelle architetture dipinte delle Storie dell'Infanzia di Cristo, pure opera di Isidoro Bianchi e della sua cerchia.
Le trasformazioni architettoniche impediscono di restituire uno spazio adeguatamente qualificato alla decorazione pittorica di epoca gotica, che occupa la parete meridionale e la controfacciata della chiesa. Qui si snodano, su due registri sovrapposti, venti Storie di san Giovanni Battista. Gli affreschi, scoperti sotto lo scialbo nella seconda metà dell'Ottocento e restaurati negli anni Settanta del Novecento - con la perdita tuttavia delle preziose didascalie delle scene -, costituivano la decorazione di una cappella in parte smantellata durante i rimaneggiamenti seicenteschi dell'edificio. Sotto i riquadri narrativi, ripartiti da sottili cornici dipinte, corre uno zoccolo decorato con specchiature marmoree alternate alle raffigurazioni dei Mesi. Gli affreschi sono opera di un pittore anonimo, probabilmente lombardo, attivo intorno alla metà del Trecento, convenzionalmente denominato Maestro di Campione, rintracciabile in altre opere situate nel territorio del Canton Ticino, area che nel Trecento può a buon titolo considerarsi culturalmente lombarda. Le scene, amabilmente narrative e rigorosamente impaginate dal punto di vista architettonico-spaziale per mezzo di edicolette marmoree la cui esilità ha suggerito confronti con esiti riminesi primotrecenteschi (Mazzini 1988), sono abitate da figure sottili e vivacemente gesticolanti, di cui colpiscono soprattutto l'intensità degli sguardi e gli abiti eleganti, resi attraverso una stesura cromatica di grande finezza, con sorprendenti effetti di cangiantismi e opalescenze.
All'esterno della chiesa, lungo il fianco sud, si trova il grande affresco, ormai guasto in molte parti, firmato nell'anno 1400 dai milanesi Lanfranco e Filippolo de Veris. Il dipinto si articola in due parti principali: in basso, su un intenso fondo rosso, sono alcune scene di tormenti infernali, di forte carica realistica; la parte superiore della composizione, il cui fondo era originariamente dipinto in azzurro, è invece occupata da un grandioso Giudizio universale, con il Cristo giudice al centro circondato da cherubini e angeli con gli strumenti della Passione, i peccatori a sinistra (dal clero corrotto agli omicidi agli amanti troppo appassionati) e il gruppo dei beati sulla destra. Dal punto di vista stilistico sembra ancor oggi assai valida la lettura fornita da Toesca (1912), il quale rilevava lo scomposto dinamismo della scena, la bizzarra struttura del trono del Cristo, l'incisiva espressività delle figure e la tendenza a forzare le fisionomie fino ad arrivare alla caricatura; tratti questi che possono essere spiegati, almeno in parte, attraverso l'influenza della pittura nordica.

Il periodo barocco

L'intervento di Isidoro Bianchi nel santuario della Madonna dei Ghirli prese avvio nel terzo decennio del Seicento, quando, divenuto l'erede artistico del maestro varesino Morazzone e attivo al di là della diocesi comasca, iniziò a raccogliere vasti consensi. Il cantiere rimase aperto per alcuni decenni e Isidoro vi lavorò con i suoi figli, gli stuccatori Pompeo e Francesco Bianchi, con i quali condivise tutte le sue imprese risalenti allo stesso periodo, svolte presso la corte sabauda. È possibile che l'intero piano di ristrutturazione del santuario venne predisposto dallo stesso maestro. Infatti, Isidoro vantava una formazione artistica poliedrica estesa anche all'arte del costruire. Il suo progetto incluse l'ingrandimento dell'aula medievale corrispondente alla prima campata dell'edificio seicentesco, dove ancora si vedono gli affreschi del XIV secolo del Maestro del Battista. In seguito edificò la seconda campata, il presbiterio e la cappella maggiore. Infine costruì gli ampi archi a tutto sesto del presbiterio, il tiburio ottagonale e sostituì il soffitto ligneo. Tutti questi interventi si compirono in modo da garantire la conservazione e l'integrazione nel nuovo edificio del grande affresco gotico firmato e datato (1400) da Lanfranco e Filippolo De Veris raffigurante il Giudizio Universale, e delle testimonianze, pittoriche e plastiche, tardorinascimentali. L'ampliamento seicentesco avvenne nel segno della valorizzazione dell'arte "delle origini", di cui prima Carlo e soprattutto Federico Borromeo vollero perpetuare sia i valori dottrinali che estetici. Isidoro Bianchi questi principi li applicò anche nell'impresa pittorica. Le due grandi scene da lui affrescate lungo le pareti del presbiterio (raffiguranti lo Sposalizio della Vergine e la Presentazione al Tempio) sono infatti un omaggio esplicito all'eleganza semplice testimoniata dal "pittore primitivo" Bernardino Luini, particolarmente ammirato dai Borromei, nel Santuario di Saronno. Nel rispetto dei medesimi assunti nel santuario dei Ghirli, le Sibille e soprattutto i Santi neomedievali affrescati in nicchie illusioniste, sono testimoni e garanti delle Virtù della Vergine, dando all'intera messa in scena un carattere solenne. Gli stucchi di gusto classicheggiante, a volte attraversati da guizzi di notevole vivacità comunicativa, contribuiscono ad impreziosire la decorazione. In queste parti plastiche l'impresa mostra solidi agganci con i lavori dei figli di Isidoro, Pompeo e Francesco realizzati a Torino nel castello del Valentino, ai quali - nel cantiere campionese - probabilmente si affiancarono altri artigiani vicini, questa volta, al temperamento sregolato e "grottesco" dello stuccatore caronese Alessandro Casella. Nel primo Settecento, venuta meno l'urgenza della strategia del controllo territoriale, la committenza predispose l'edificazione di un importante apparato scenografico composto da una doppia scalea e di un grande pronao ad arco all'ingresso della chiesa. L'intero complesso architettonico da questo momento acquisì una valenza nuova e diversa, nella quale il teatro del sacro per la Chiesa divenne il mezzo idoneo e necessario per riaffermare a se stessa, agli occhi.

Notizie storiche

Dalle origini al XV sec.

Di proprietà del Monastero di S. Ambrogio di Milano, come l'intero paese, frutto di una donazione del VIII sec. Tale situazione rimase invariata fino al 1797 quando con le soppressioni del periodo napoleonico degli ordini religiosi, videro entrare anche l'edificio religioso a far parte del dipartimento del Lario, rimanendo legati al territorio italiano.
Quindi se Il nucleo principale risale sicuramente al VII sec. seppur con il nome orioginario di S. Maria in Willari, l'impianto del Santuario della Madonna dei Ghirli (interpretato dai più come termine che sta per "rondini"), è trecentesco. Ma oggi è più facilmente leggibile il rifacimento del sec. XVII, soprattutto in facciata col profondo pronao barocco, fondale di una scengrafica scalinata che scende a lago.
L'interno presenta affreschi del periodo gotico di un anonimo maestro lombardo.
Le decorazioni del fianco destro, adombrate da un porticato successivo, presentano due fasce di affreschi tardo-gotici di Lanfarnco e Filippolo de Veris, del 1400
Le vicine storie di Adamo ed Eva sono invece del secolo successivo e attribuite a qualche maestro di scuola luinesca.
Sono stati condotti restauri tra gli anni anni 1962 - 1970.

Il periodo barocco

In un'epoca in cui il paesaggio lacustre era disseminato di piccoli nuclei abitativi lungo le sponde del Ceresio, le presenze architettoniche più eclatanti erano gli edifici religiosi visibili - soprattutto grazie ai campanili - anche a distanza. La scelta dei luoghi e della tipologia di queste costruzioni, nonché lo stretto rapporto fra esse con la via di comunicazione più praticata - il lago - non furono mai dettate dal caso, in particolare quando la loro edificazione coincise con il periodo della controriforma.
Per queste ragioni, all'indomani del Concilio di Trento, il neo eletto arcivescovo di Milano Carlo Borromeo iniziò un'implacabile riforma del clero, secolare e regolare, che in pochi decenni finì per incidere sia nei costumi che nello stile di vita della popolazione. A questo scopo mise in campo norme e regole finalizzate sia all'abbellimento e all'arredo degli edifici sacri che alla difesa e al presidio del territorio. Fin dalle prime battute della sua azione il Borromeo poté contare su sostenitori convinti della giustezza della sua strategia.
Il santuario campionese della Madonna dei Ghirli. Fondato nell'VIII secolo, divenne feudo del monastero dei Cistercensi milanesi di Sant'Ambrogio. Questo rapporto si perpetuò nei secoli segnando profondamente il destino di Isidoro Bianchi che, nato e cresciuto artisticamente con le maestranze di Campione, in età matura e a successo ormai raggiunto, lavorò in entrambi i cantieri.

Uso attuale: intero bene: santuario

Uso storico: intero bene: santuario

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Accessibilità: Per la visita ci si può rvolgere al rettore del Santuario, parroco di Campione d'Italia: Tel. 0041.91-649.8448.

Per visite di gruppo ci si può rivolgere all'Azienda Turistica di Campione d'Italia in Via Volta, 3 (tel. 0041.91-649.5051 ; fax 649.91.78; www.campioneitalia.com ; e-mail aptcampione@ticino.com)
Per raggiungere il bene da Milano:
in auto prendere l'A8 fino a Varese, poi seguire per valichi svizzeri.

Percorsi tematici:

Credits

Compilazione: Leoni, Marco (2006)

Aggiornamento: Ribaudo, Robert (2009); Caspani, Pietro (2015)

Descrizione e notizie storiche: Balzarini, Maria Grazia; Bianchi, Federica; Ribaudo, Robert

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Caspani, Pietro

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