Chiesa di S. Marco

Milano (MI)

Indirizzo: Piazza San Marco (Nel centro abitato, distinguibile dal contesto) - Milano (MI)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: A croce latina, a tre navate con cappelle laterali

Epoca di costruzione: ante seconda metà sec. XII - fine sec. XIV

Autori: Castelli, Francesco, rifacimento; Quadrio, Giuseppe, rifacimento; Ruggeri, Giovanni, rifacimento; Maciachini, Carlo, rifacimento: facciata; Mongeri, Giuseppe, completamento: campanile

Descrizione

Se una lunga tradizione storiografica colloca la fondazione del cantiere della chiesa di S. Marco nel 1254, ad opera del frate Lanfranco Settala degli Eremitani di S. Agostino, divenuto in quell'anno generale dell'Ordine agostiniano, numerose altre testimonianze storico-documentarie sembrano concorrere all'ipotesi dell'esistenza di una precedente fondazione, legata ad un gruppo di penitenti seguaci della regola agostiniana, gli Zambonini, cui era appartenuto lo stesso Settala. La fase più antica dell'edificio è testimoniata nell'attuale braccio meridionale del transetto, la cui datazione dovrebbe attestarsi agli inizi del XIII secolo, nell'ambito della riqualificazione di Milano dopo le lotte contro il Barbarossa e in rapporto con la dedicazione del quartiere al santo patrono di Venezia.
Alcune testimonianze degli ultimi anni del Duecento lasciano supporre uno stato dei lavori alquanto avanzato. Possiamo pensare ad un corpo basilicale a tre navate interamente coperto da volte e sostenuto da pilastri cilindrici. Le pareti della nave maggiore, ritmate internamente ed esternamente da semplici lesene, si aprivano in alte finestre archiacute, perdute durante i rifacimenti cinquecenteschi.
Nei primi decenni del Trecento dovette essere innalzata pure la robusta torre campanaria quadrangolare, che insiste su parte della cappella absidale di sinistra ed è avvicinabile, per gli elementi decorativi, ad alcuni coevi campanili di area milanese .
Nella seconda metà del Trecento si moltiplicano i lasciti privati delle famiglie che, fin dall'inizio del secolo, andavano legando il proprio nome alla fondazione agostiniana; decisivo in particolare il contributo finanziario dei Visconti, prima con Giovanni, quindi con Bernabò e Gian Galeazzo. Fu anche grazie a tali interventi che sia la navata principale sia la zona presbiteriale vennero ampliate, quest'ultima con l'aggiunta di una seconda campata e dell'abside poligonale, ricostruite poi tra la fine del Cinque e gli inizi del Seicento.
Intorno alla metà del Trecento dovette essere realizzata anche la facciata, il cui aspetto attuale è frutto dell'intervento di restauro di Carlo Maciachini (1872). Si trattava in origine di una fronte a linea spezzata con ampio rosone centrale; quattro contrafforti delimitavano tre campi verticali, mentre in orizzontale l'uso di due diversi tipi di rivestimento, la pietra viva e il tradizionale cotto lombardo, segna il passaggio tra due fasce di differente luminosità e valore cromatico, sottolineate dalla presenza di un alto fregio centrale ad archetti intrecciati, in cotto lavorato a stampo.
Al centro della facciata è un elegante portale marmoreo con sguanci a fasci di colonnine, coronato da tre statue a figura intera entro nicchie, raffiguranti i santi Agostino, Marco e Ambrogio, opera forse dell'anonimo maestro campionese attivo nel 1348 nella lunetta dell'abbazia di S. Pietro a Viboldone. In merito alla paternità di questa originale soluzione di facciata, la critica ha espresso più nomi. In ogni caso l'indicazione di una cultura campionese aggiornata in senso toscano su Giovanni di Balduccio sembra costituire un corretto punto di riferimento, cui si possono aggiungere influssi veneti e internazionali.
Passando all'interno, le più antiche testimonianze figurative si rintracciano nella cappella absidale di sinistra, un tempo dedicata a Santa Maria.
La massima parte delle opere di epoca gotica si concentra nella zona del transetto meridionale della chiesa. Particolarmente ricca è la presenza di opere scultoree, che offre un'esemplificazione delle due principali linee di sviluppo della produzione milanese di epoca gotica, continuamente intrecciate fra loro: quella toscana, che ruota intorno all'importante figura di Giovanni di Balduccio e della sua bottega, e quella locale, di sapore collettivo e per certi versi 'artigianale', legata all'attività delle cosidette maestranze campionese.

Notizie storiche

Fondata dal vescovo Algiso da Pirovano nel 1177, dopo un viaggio a Venezia.
Un lascito del 1250, prova l'esistenza di una costruzione precedente a quella fondata nel 1254, quando Lanfranco Settala, Priore Generale degli Eremitani di Sant'Agostino, fece costruire una chiesa gotica a tre navate inglobando costruzioni precedenti. Anche alcune lapidi dei secoli XI e XII provenienti dal chiostro dei morti confermano una preesistenza.
Ma la vera svolta alla struttura della chiesa venne data dalla concessione del 1302 del papa BonifacioVIII agli agostiniani, mirante ad estendere il privilegio di poter costruire all'interno delle loro chiese cappelle private ospitanti sepolture.
Già nel 1310 per il chiostro viene scolpito il sarcofago di fra' Mirano (Milano) da Bechalòe, membro di una antica e nobile famiglia milanese imparentata con il più famoso ramo dei Bescapè. Questo suo sarcofago o per meglio dire il suo fronte gotico fu poi usato come decorazione alla base della torre neo-gotica di villa Antona-Traversi ora Tittoni a Desio; misura cm 220x80 ed è scolpito da Maestri Campionasi. Oggi è conservato al Museo del Castello Sforzesco.
Alla metà del XIV sec. viene qui sepolto nella cappella gentilizia di appartenenza (seconda del transetto meridionale), Martino Aliprandi, uno dei membri della congiura ordita da Francesco Posterla ai danni di Luchino Visconti: il sarcofago dove è rappresentata al centro la Trinità (la colomba si è persa), raffigurata secondo l'iconografia del Trono di Grazia, è ora posto nel transetto meridionale. Nella cappella nello stesso periodo viene tumulato in un sarcofago pure il giureconsulto Salvarino Aliparandi, immortalato in un affresco mentre offre la cappella alla Vergine in S. Marco (secondo altri sarebbe stato dipinto intorno al 1330). L'autore del sarcofago che raffigura Cristo Giudice al centro con il committente a destra e S. Giovanni Battista a sinistra, potrebbe essere il cosiddetto Maestro di Viboldone.
Nel 1355, in occasione della morte del confessore arcivescovile Lanfranco Settala, viene eseguito il sarcofago di scuola di Giovanni di Balduccio da installare nel coro. Successivamente viene spostato nella parete occidentale del transetto e poi nel 1956 sulla parete di fondo del transetto.
Tra il 1365-'70 viene eseguito l'affresco della Crocefissione.
Nel 1432, vengono stanziato 100 fiorini d'oro per il completamento del secondo chiostro.
Nel 1447 viene edificata la cappella di S. Giorgio.
Nel 1454 viene sepolto in un sarcofago eseguito da Cristoforo Luvoni, qui collocato, uno dei più stretti collaboratori di Francesco Sforza, Andrea Birago, ben presto sostituito da Cicco Simonetta.
La chiesa, inglobata nel XVII sec nel vicino monastero degli Eremitani (demolito nel 1930), era stata con l'occasione completamente rimaneggiata all'interno.
Nel 1862, con l'apertura di Via Cernaja, veniva isolata la parte absidale, che viene restaurata con l'occasione dal Mongeri. Lo stesso che restaurerà e terminerà il campanile.
Nel 1871, il Maciacchini restaura la facciata e la completa nella sua parte superiore con stilemi romanici e pennacchi.
Nel 1934, è la volta del Magistretti che idea la lunga cancellata laterale, al posto di un muro per isolarla dal traffico di Via Fatebenefratelli.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: chiesa

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Accessibilità: Ingresso in chiesa libero durante gli orari di apertura:
tutti i giorni 07:15-12:00, 16:00-19:00

Percorsi tematici:

Credits

Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)

Aggiornamento: Uva, Cristina (2015); Zanzottera, Ferdinando (2015)

Descrizione e notizie storiche: Balzarini, Maria Grazia; Ribaudo, Robert

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Uva, Cristina

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