Chiesa S. Maria di Piazza

Busto Arsizio (VA)

Indirizzo: Piazza Santa Maria (Nel centro abitato, isolato) - Busto Arsizio (VA)

Tipologia generale: architettura religiosa e rituale

Tipologia specifica: chiesa

Configurazione strutturale: Cubo sormontato da un tiburio ottagonale.

Epoca di costruzione: sec. XVI

Autori: Dolcebuono, Gian Giacomo, progetto; Rodari, Tommaso, costruzione; Maciachini, Carlo, costruzione campanile e restauro complesso

Descrizione

Esternamente S. Maria di Piazza appare come un rigoroso solido geometrico, di cristallino nitore: un cubo sormontato da un tiburio ottagonale con galleria di archi e parapetto a balaustrata, coperto da un tetto a sella ornato da pinnacoli culminante in una lanterna a due ordini sovrapposti, di costruzione tardocinquecentesca. Ciascuna delle facce del cubo è scandita da quattro lesene, di cui le due interne affiancano il portale. Un secondo portale si apre sul lato meridionale dell'edificio, illuminato da tre oculi come la facciata. Semplice, elegante, poderosa nella compattezza plastica del cubo di ascendenza bramantesca, S. Maria di Piazza mostra invece nel tiburio più di una concessione alla fantasiosa tradizione lombarda della decorazione architettonica, tra l'Amadeo e Tommaso Rodari.
All'interno lo spazio si fa ottagonale, impostato su pilastri ad angolo rientrante che rinserrano altrettanti archi. Sulle diagonali del quadrato si aprono quattro nicchie angolari. La struttura è arricchita da un ampio presbiterio a pianta rettangolare. La cupola, a otto spicchi, è sostenuta da un tamburo ornato da una sequenza di nicchie con figure scolpite.
L'edificio risente certamente, nell'impianto planimetrico quadrato cui si sovrappone, in alzato, un ottagono, dello schema di alcune chiese di poco precedenti, come S. Maria di Canepanova a Pavia e, soprattutto, la vicina S. Magno a Legnano, iniziata nel 1504 e opera forse di Gian Giacomo Dolcebuono. Tutti questi edifici potrebbero dipendere dal comune modello bramantesco della sagrestia di S. Maria presso S. Satiro a Milano, a sua volta connessa con esempi paleocristiani milanesi come quello del sacello di S. Aquilino in S. Lorenzo.
Quanto alla paternità del complesso, risulta di fondamentale importanza un documento del 1522 che testimonia la presenza nel cantiere di Tommaso Rodari, cui spettano senz'altro i due portali; maggiore cautela richiede l'attribuzione allo scultore e architetto ticinese dell'intero progetto dell'edificio, stante la difficoltà di definizione del suo ruolo in altri importanti cantieri lombardi del tempo, a partire da quello del Duomo comasco. Schiettamente rodariane sono poi le gugliette del tetto a sella e la linea interna delle trentadue nicchie che corrono alla base della cupola, con chiari riferimenti, in entrambi i casi, al Duomo di Como.
Esauritasi l'epidemia di peste del 1524, il nuovo slancio devozionale e l'impegno economico congiunto di privati cittadini e istituzioni consentì la realizzazione del compatto, raffinato tessuto pittorico che decora internamente il santuario. Nel 1531 Giovan Pietro Crespi, nonno del Cerano, affrescò la cupola con un fitto fantasioso ornato di lacunari rettangolari e ottagonali in prospettiva, traforati a giorno e illusionisticamente aperti su un cielo notturno sul quale campeggiano stelle dorate. La decorazione così concepita sottolinea abilmente il movimento ascensionale della cupola e i suoi valori volumetrici e plastici.
Nel 1542 Giovan Battista della Cerva, allievo di Gaudenzio Ferrari, eseguì gli affreschi del presbiterio (l'Annunciazione sui pilastri d'accesso e, sulle pareti, l'Adorazione dei pastori e l'Adorazione dei Magi), lavori di chiara impronta gaudenziana con precisi riferimenti alle opere del maestro per il Sacro Monte di Varallo Sesia. Al Della Cerva sono tradizionalmente attribuiti anche gli affreschi delle voltine sopra gli arconi d'angolo, con gruppi di Angeli musicanti.
Allo stesso anno 1542 dovrebbe risalire il vasto polittico di Gaudenzio per l'altar maggiore, che raffigura al centro l'Assunzione della Vergine e ai lati, su due registri, i Santi Giovanni Battista e Michele arcangelo, Gerolamo e Francesco. I dipinti sono inseriti in una ricca carpenteria lignea dalla solenne struttura a serliana, impostata su colonnine fogliate.

Notizie storiche

Dedicata all'Assunta e detta, forse già dal Cinquecento, 'Madonna dell'Aiuto', la chiesa di S. Maria di Piazza a Busto Arsizio sorse a partire dal 1517 sulla base di una preesistente struttura risalente, secondo fonti storiografiche locali, alla metà del Trecento. È plausibile che l'iniziativa dell'edificazione della nuova chiesa sia da leggere in relazione al periodo di fioritura culturale della città che corrispose al potere del conte Galeazzo Visconti, consigliere del duca di Milano Gian Galeazzo Sforza e feudatario di Busto Arsizio dal 1488, seppure con alterne fortune a causa delle drammatiche vicende della guerra tra Francia e Impero. È anche possibile che tra i promotori della nuova fabbrica comparissero personalità di spicco sulla scena locale, come il grammatico e poeta Gian Alberto Bossi e gli umanisti Bernardino e Alberto Crespi, fondatori della biblioteca pubblica della città. Il primo rettore della chiesa fu poi, probabilmente, Francesco Crespi de Roberti, dotto ecclesiastico, latinista, musico e miniatore. L'intera cittadinanza, secondo le testimonianze della storiografia locale, contribuì in modo sostanzioso al finanziamento dell'impresa, in particolare attraverso le donazioni di numerose confraternite laiche, scuole o consorzi.

Uso attuale: intero bene: chiesa

Uso storico: intero bene: chiesa

Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico

Accessibilità: apertura 7-12 e 15.30-19; anche a richiesta per gruppi
Per prenotazioni o informazioni:
telefono 0331638232
Raggiungibile in auto con l'A8, uscita Castellanza, poi proseguire per Busto.

Percorsi tematici:

Credits

Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)

Aggiornamento: Caspani, Pietro (2015)

Descrizione e notizie storiche: Balzarini, Maria Grazia

Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book; Caspani, Pietro

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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