Comune di Leno (sec. XIII -)

Sede: Leno

Tipologia ente: ente pubblico territoriale

Progetto: Archidata

Numerosi sono stati fino ad oggi i contributi sull'origine, sviluppo e decadenza dell'abbazia di S. Benedetto di Leno(1) I documenti trascritti e commentati dal gesuita Francesco Antonio Zaccaria nel 1767(2)hanno fornito agli studiosi tutti gli elementi per conoscere i rapporti dell'abbazia con il Papa e gli imperatori fin dal sec. IX e nei secoli successivi con il territorio bresciano.
L'abbazia di S. Benedetto di Leno, la più importante e la più ricca dell'alta Italia nel medioevo, a partire dagli inizi del sec. XIII, vede le sue vicende intrecciarsi con quelle della Corte di Leno abitata dagli uomini sui quali vanta potestas temporale e spirituale.
L'università degli uomini di Leno che in un documento del 1224(3), si presenta già organizzata, con un podestà, due consoli, due massari, sul finire del secolo matura l'esigenza e la forza di contrapporsi all'abbazia e di assumere un ruolo politico preciso sul territorio.
Tra il comune di Leno e l'abbazia sorgono contese per la spartizione e il dominio di beni. Le numerose sentenze arbitrali dei documenti dell'archivio nel 1297 delineano lucidamente anche la graduale contemporanea affrancazione del comune dall'egemonia dell'abbazia(4).
In seguito, il comune di Leno si sottomette con devozione al dominio della Repubblica di Venezia il cui Senato in premio della fedeltà nel 1452 e nel 1455 gli accorda gli stessi privilegi, immunità ed esenzioni già concessi al vicino comune di Ghedi; ma, quel che più conta, dichiara il comune libero e sciolto dalla giurisdizione dell'abbazia e sottoposto unicamente alla Signoria(5).
Tra il 1454 e il 1554, Venezia favorisce il comune, esentandolo da tutti i dazi e confermando tali privilegi ogniqualvolta sorgono contese; nel 1510, infine, il Cardinale Caretti, governatore generale in Lombardia, sancisce la separazione di Leno dal Territorio bresciano unitamente ai comuni di Ghedi e Malpaga(6).
Da quel momento fino alla fine del sec. XVIII, il comune fa parte della quadra di Ghedi, sede di Vicariato minore, e da essa dipenderà per l'amministrazione della giurisdizione civile.
La grande mole di documenti, sia gli istrumenti sia i carteggi, conservati nell'archivio di antico regime del comune, contengono notizie esaurienti sui rapporti economici con i comuni vicini, su quelli fiscali con Brescia e politici di Venezia.
Più difficoltoso, invece, è rintracciare l'evolversi dell'istituto comunale, il mutamento della sua organizzazione interna lungo i quasi quattro secoli del dominio veneto.
In mancanza dei libri delle deliberazioni, i 27 capitoli degli "ordini e provisioni stabilite dal Consiglio generale della comunità di Leno per il corretto governo della medesima" del 17 gennaio del 1588 assumono grande importanza e rappresentano il termine dal quale è possibile tracciare con precisione il quadro politico-amministrativo del comune (7).
Questo documento è preceduto dall'ordine con il quale Zaccaria Contarini, capitano di Brescia, invia Pompeo Butturino notaio della cancelleria ad assistere alla seduta della Vicinia "accioche con l'esistenza sua sia levata ogni voce di tumulto, et le cose se hanno trattare, succedano con debita quiete...". Tutti i Vicini sono tenuti a prestare al notaio "obidienza (...) sotto pena alla inobedienti, seditiosi et tumultuanti di scudi 100 per cadauno appresso alla magnifica Camara fiscale, bando, galea et altre pene ad arbitrio nostro"(8).
In questo documento, è confermato il ruolo politico della pubblica e generale Vicinia, assemblea dei capi famiglia di maggiore, medio e minore estimo, che annualmente ha il compito di rinnovare il governo comunale ovvero tutte le cariche e gli uffici. Le modalità di elezione sono dettagliatamente descritte: "in uno capello" vengono messe tante bissole quanti sono i presenti con l'aggiunta di 12 "lupini" neri, quindi ogni vicino si porterà al banco nel momento in cui sarà chiamato dal console che presiede l'assemblea, ad estrarre una ballotta che se sarà nera sarà tra gli elettori. La chiamata continuerà fino all'estrazione di 6 ballotte nere. I sei "eleccionari" hanno l'incarico di scegliere le 6 persone per la carica di sindici generali, 6 per quella di ragionati, 3 per quella di sindici ordinari del Consorzio dei poveri e 24 persone che andranno a formare il consiglio speciale, queste ultime appartenenti agli estimati di meggiore, medio e minore estimo in misura uguale (cap. 3).
Tutte le persone proposte saranno ballottate in vicinia e assumeranno l'incarico soltanto coloro che avranno ottenuto il maggior numero di voti: in fine, soltanto 3 diventeranno sindici generali, 3 ragionati e 3 sindici del consorzio, mentre 12 saranno i componenti del consiglio speciale che a rotazione saranno chiamati ad assumere mensilmente la carica di console e a presiedere le sedute (capp. 3, 4, 5).
Il salario dei consoli è stabilito in lire 15 planette annue e quello dei sindici e ragionati in lire 18 planette (cap. 19).
Tutte le cariche hanno la durata di un anno; al termine del mandato un sindico, un ragionato, un sindico del Consorzio e tre componenti del consiglio speciale possono essere rieletti "se così parerà alla Vicinia et questo si fa affinché li vecchi in officio come più prattici nelli maneggi et raggioni", possano insegnare ai nuovi eletti (capp. 6 e 7).
Numerosi i compiti dei sindici generali: essi hanno "tutto il carico de disponere tutte l'intrate, debitori vecchi e novi, angarie e accuse" e debbono curare con diligenza affinché i "pagamenti d'ogni sorte, ordinari e straordinari" siano evasi dai massari (cap. 8).
Un sindico, infatti, deve preparare la partita contabile del massaro che deve essere letta di mese in mese in seno al consiglio speciale e davanti ai ragionati che avendone verificata l'esattezza, saranno tenuti a sottoscriverla al numero di due (cap. 15).
I sindici, unitamente ai ragionati e al consiglio speciale hanno "libertà e potestà di fare quelle provisioni, ordini, patti, capitoli, convenzioni, decreti et cessione di ogni sorte che li parerà et possano mettere quella quantità d'angarie che li pareranno necessarie a far incitare le entrate et datii del comune... " (cap. 9).
I sindici, ancora, hanno il compito di scegliere i massari delle entrate e delle angarie, tra coloro che avranno presentanto idonee segurtà e che una volta ballottati dal consiglio speciale, saranno scelti in numero di 1 o, se necessario, di 2 (capp. 16, 17).
Tutti i salariati del comune, preventivamente scelti tra una rosa di nomi, vengono poi, ballottati in consiglio speciale, presenti i sindici e i ragionati: così vengono eletti i due notai-cancellieri, i 4 campari, i 4 estimatori "delli danni", l'andatore alle liti, 2 ufficiali "un anciano" (cap. 20).
Il consiglio speciale, i ragionati, i sindici possono incantare i dazi, vendere e alienare beni fino a 100 scudi (capp. 10, 11).
I sindici del consorzio dei poveri eletti in numero di tre, amministrano tutte le entrate, registrandole 2 volte l'anno "subito fatto il raccolto del grosso e subito fatto il raccolto del minuto" alla presenza del massaro e dopo averle dispensate ai poveri, alla fine dell'anno debbono saldare i conti insieme ai ragionati e ad un sindico del comune. I libri contabili debbono essere, poi, costoditi nella casa del comune insieme agli altri.
Successivamente, nel 1611, vengono emessi dalla vicinia altri 20 capitoli a conferma e parziale riforma di quelli del 1588, per il governo e il rinnovo delle cariche comunali(9).
Tra gli atti a stampa sono, invece, da segnalare i "decreti stabiliti da Andrea Memmo, podestà e vice capitano di Brescia per il miglior ordine, e governo della comunità di Leno e suo venerando Consortio" del febbraio 1729, confermati il mese successivo dal Senato(10). Si tratta di 14 capitoli nei quali si notano cambiamenti avvenuti nella composizione del consiglio speciale e la presenza di un nuovo organo di governo. Nella seduta dell'inizio dell'anno un consiglio generale composto dal consiglio speciale, ora 18 persone, più 18 aggiunti eletti in seno alla vicinia, delibera in merito alle spese straordinarie che il comune deve sostenere per la composizione di liti, la cura delle acque. Il consiglio generale così composto ha l'obbligo di riunirsi almeno una volta al mese, per approvare le spese mensili e stabilire le affittanze dei beni comunali (capp. 1 e 2). I restanti capitoli dettano norme sulla mercede dei sindici, consoli e ragionati, sull'uso della caneva, sul mantenimento del predicatore, sulla ripartizione della taglia sul colonato e sull'amministrazione del Consorzio dei poveri.
Gli atti d'archivio, talora pur nella loro frammentarietà, suggeriscono altre notizie riguardanti le convocazioni dei consigli: essi si tengono nel "salotto delle case del comune vicino al ponte del Castello"; le sedute non sono valide se non sono presenti i due terzi degli aventi diritto al voto; tutte le decisioni vengono ballottate.
Il settore finanziario del comune di Leno ha testimonianze in atti contabili sparsi nei fascicoli del carteggio. Non vi sono, purtroppo, dati significativi sulle modalità di registrazione delle entrate e delle spese comunali, delle multe comminate ai dannificatori dei terreni coltivati, o ai contravventori di norme.
Preposti alla riscossione dell'entrate e delle angarie vi sono, come dettato nei capitoli, due massari; a guardia della campagne vi sono i campari che hanno anche il compito di presentare le denunce dei danni. Sono da segnalare i numerosi capitoli per l'incanto della massaria delle entrate, del dazio macina e dei beni comunali come i mulini e le acque stabiliti dal consiglio speciale contenuti nel mazzo XXVIII.
L'economia del comune di Leno fu ed è essenzialmente agricola. Giovanni da Lezze dice che "...la campagna è buonissima e li piò più fertili sono di valuta di 100 scudi, gli altri manco per esserne molti de deboli, et li piò puono esser circa 8.000... "(11).
Secondo Angelo Maria Franchi, nella introduzione storico geografica all'indice, il comune di Leno, ritrovata l'autonomia con Venezia, può provvedere all'accrescimento del suo patrimonio e curarne la buona conservazione, può istituire "taverne, beccarie, prestini", erigere "quartiere per le milizie, tezzoni per il pubblico servizio"(12).
Il Da Lezze, riferisce ancora che nel 1609 a Leno vi sono circa 700 fuochi, 2.000 anime di cui utili 714; l'entrata comunale ammonta a lire 5.000 di planetti ricavati dai sette mulini, dalla rasega, dalla pestadora da riso e dalle campagne(13).
L'archivio del comune di Leno conserva queste, ed altre insostituibili notizie sull'economia della pianura bresciana dei secoli di antico regime che si spera possano essere oggetto di ulteriori approfondimenti, ricerche e valutazioni.

Note
1 La bibliografia sull'abbazia di S. Benedetto di Leno è molto ampia, si indicano qui soltanto studi molto recenti e locali. Cfr. L. Cirimbelli, "Dove sorgeva un'antica abbazia", Leno, 1971, L. Cirimbelli, "La pieve di Leno dal 1700 ai giorni nostri", Bagnola Mella, 1985, L. Cirimbelli, "La soppressione dell'abbazia di Leno", Brescia, 1975; "Francesco Antonio Zaccaria e Leno, Atti del convegno di studi, Leno 18 aprile 1983", Brescia, 1984; A. Baronio, "Monasterium et populus. Per una storia del contado lombardo: Leno", Brescia, 1984, (Monumenta Brixiae Historica, Fontes, VIII).
2 Cfr. F. A Zaccaria, "Dell'antichissima badia di Leno", 3 voll., Venezia, 1767.
3 Cfr. serie 1, filza I, n. 1
4 Cfr. serie 1, filza I, n. 3, 18, 23; filza II, n. 36
5 Cfr. serie 1, filza A, n. 2; serie 2, mazzo XVIII, n. 17
6 Cfr. serie 1, filza A, n. 11
7 Cfr. serie 2, mazzo XXX. n. 1 e 7. Cfr. F. B. Spoti, "documenti dell'archivio antico del comune di Leno", tesi di laurea, Università Cattolica di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofica, a.a. 1976-1977, pp. XXXII-XLVI
8 Cfr. serie 2, mazzo XXX, n.1
9 Cfr. serie 2, mazzo XXX n. 7
10 Cfr. serie 2, mazzo XXX n. 4
11 Cfr. G. Da Lezze, "Il catastico bresciano, 1609-1610", ed. anast., 3 voll., Brescia, 1969-1973, (Studi Queriniani, III), vol. II, p. 568
12 "Indice delle scritture delle comunità di Leno", in Archivio del comune di Leno, tomi 4, ms. a cura di A.M. Franchi, 1754; id., datt., 1958, vol. I, pp. 7-19, cfr anche unità 1653, 1636, 1637, 1638
13 Cfr. G. Da Lezze, "Il catastico...", cit., vol. II, pp. 567-568