Paravicini, famiglia (sec. XIII -)

Progetto: Comune di Aicurzio: fondo famiglia Paravicini

Titoli: conti di Caspano

Le notizie relative alla famiglia Paravicini e a personaggi riconducibili a questo gruppo nobiliare si perdono agli albori del medioevo.
La leggenda vuole che la famiglia Paravicini
"[...] questa nobile stirpe, per stare alle loro informazioni, ebbe origine da un celebre eroe che si chiamava Paravicino, che fu consigliere segreto di Carlo Magno ai tempi della sua incoronazione in Italia ed anche prima e fu uno dei dodici paladini del suo seguito chiamati Pari" (1).
Gli studi sull'origine del cognome e dello stemma aiutano a darci una spiegazione sui luoghi di origine e sulle loro attività.
"Il cognome originario della famiglia è Carcano. [...] Lo stemma dei Carcano di Bregnano e quello dei Parravicini sono identici: un cigno d'argento in campo rosso. Il cognome trova il suo parallelo nel francese Pellevoisin cioè pèle+voisin, in origine un soprannome: in un documento del 1096 si legge Pela vicinum". (2)
Conti di Caspano, in Valtellina, si attestano nella piccola località valtellinese a metà del XIII secolo; scrive di questo borgo Guler Von Weineck:
"Il grande e rinomato borgo di Caspano [...] situato com'è a mezza altezza fra Dazio e la parte superiore della montagna, gode di una larga vista, così verso la Valtellina inferiore come verso la Valtellina di mezzo; di fronte ha sotto i suoi occhi la ridente piana di Dazio. Questo luogo era in origine abitato da pastori; ma verso il 1250, quando infierivano tremende le lotte fra i Guelfi e i Ghibellini, Domenico Paravicini figlio di Straccia, sopraffatto dal prevalere dei nemici, si rifugiò nella Valtellina con un servo e con tutto il denaro e i tesori che poteva trasportare, arrivando su questi monti che a lui non dispiacquero. E poiché la torre dei Paravicini, sua ordinaria residenza che sorgeva non lungi da Lecco, durante la sua assenza era stata abbattuta dai Ghibellini milanesi e tutti i suoi beni erano stati distrutti, si decise a passare la sua vita quassù, dove, edificandovi un palazzo, diede origine al borgo di Caspano. Dal suo matrimonio egli ebbe nel 1259 un figliuolo che egli chiamò Montanaro [...] da Domenico e Montanaro discendono adunque i Paravicini di Caspano, i quali per la benedizione avuta da Dio crebbero a dismisura di numero, propagandosi quassù ed in altri luoghi, così in Valtellina che fuori". (3)
Da Caspano poi i Paravicini si diramarono in molti altri paesi della Valtellina, sfruttando la salubrità del clima e dei terreni; scrive il Besta:
"A Caspano, intorno al 1530 presso i Paravicini, Matteo Bandello trovava cibi delicati e vini preziosissimi, tratti dai solatii vigneti di Traona e le grasse sue novelle allietavano la nobiltà locale e i mercanti grigioni e svizzeri, nonché i gentiluomini milanesi e comaschi che giovavan per la loro salute dei Bagni del Masino". (4)
Ancora oggi a Caspano è visibile il "palazzo del podestà" all'entrata del borgo che rivela, pur nella odierna decadenza, la struttura potente della dimora dei Paravicini. La presenza di una aristocrazia capace, al vertice di una stratificazione di classe a essa subordinata, favorì lo sviluppo delle comunità locali che si integravano nella dinamica di un'economia e di una politica controllate dall'alto. Intorno a Dazio e a Caspano, ma soprattutto al secondo, si trasferirono, sotto il richiamo della potente famiglia, altre gruppi nobili di origine milanese e comense e questa oligarchia a sua volta avocò a sé, oltre al potere, le istanze di una cultura più vasta e aperta che trascendeva i limiti delle nostre vallate alpine.
Altra località che ha dato i natali allo sviluppo della famiglia fu Ardenno, che nel 1442 passò dalla signoria dei Quadrio a quella dei Paravicini, che vi assumeranno un ruolo dominante per i successivi secoli, lasciando diversi segni della loro presenza, fra cui il bel palazzo Parravicini-Savini, nel quale si può ancora vedere il loro stemma, con un cigno bianco in campo rosso, ed il motto "Agitado sed semper firmo" (cioè "attivamente, ma sempre con fermezza").
La famiglia Paravicini ebbe un ruolo molto importante nel diffondersi delle idee religiose riformati in Valtellina; oltre al capoluogo Traona, si formarono nella circoscrizione delle altre comunità evangeliche a Caspano, Mello e Dubino. A Caspano erano i Paravicini i principali fautori delle innovazioni religiose, e furono di tale famiglia i primi predicanti conosciuti, Joh.Andreas e Dr. Raphael Paravicini. La chiesa di S. Bartolomeo serviva ad ambedue le confessioni. Nel comune di Caspano successe nel giugno del 1547 un tumulto dei cattolici, perché in una notte burrascosa nella chiesa di S. Bartolomeo era stato fracassato un crocifisso.
L'impeto della Controriforma sconvolse gli equilibri che si erano instaurati tra le due confessioni, arrivando al 1621, con il cosiddetto "Sacro macello" della Valtellina, ove fu estirpata la pianta della confessione protestante.
Alcuni passi del libro di Cesare Cantù sono dedicati ad alcune figure della famiglia:
"Questi predicavano adunque ai popoli della Valtellina (sotto tal nome abbraccio anche gli annessi contadi di Bormio e Chiavenna) le nuove dottrine. Sul principio, come suole, aborrite da un popolo cui volevano togliere i suoi santi e le sue reliquie, indi per curiosità ascoltate, poi discusse. [...]. Imperocché i signori grigioni, dei quali la parte maggiore si era scossa dall'ubbidienza alla sede romana, non solo diedero alla Valtellina libero esercizio del culto evangelico, ma favorivano chiunque con loro credesse. Era tutt'uno l'abbracciar la riforma ed essere dichiarato uomo delle Tre leghe, aver privilegi, cariche, esenzioni. Né poche famiglie apostatarono: i Lazzaroni, i Besta, i Paravicino Cappelli, i Marlianici, i Malacrida, l'arciprete di Mazzo, i Guarinoni, i Sebregondi, i Piatti ed altri di primo conto, dietro cui, come suole, traeva il popolo imitatore [...] Andrea Paravicini da Caspano, preso dopo molti giorni, fu messo fra due cataste di legna e minacciato del fuoco se non abjurasse: durando costante, fu arso vivo. E si videro spiriti celesti aleggiargli intorno a raccoglierne lo spirito. Né fu questo il solo prodigio, onde le due parti pretesero che il Cielo ad evidenti segni mostrasse a ciascuna il suo favore" (5).
Successivamente i discendenti ritornarono nel grembo della religione cattolica e si distinsero con cariche di prestigio all'interno della curia della provincia di Sondrio e Como.
"Giovan Antonio Paravicini successore del Rusca, nacque di padre riformato in Sondrio, fu rettore di Tirano, poi parroco di Poschiavo, e giovò a mantenervi i pochi cattolici, a ajutato anche di danaro dal cardinale Federico Borromeo: sostenne le inquisizioni del tribunale di Tosana, fu prevosto a Montagna, indi arciprete a Sondrio. Mandato poi a Lucerna per trattare gli affari della patria coi deputati di Spagna e Francia, si dirizzò invece a Roma. Ivi nel 1625 ottenne da Urbano VIII due barnabiti e sei Piaristi, coi quali voleva fondare a Sondrio un'accademia: ma i Cappuccini, gelosi non venisse calo alla loro autorità, impetrarono che, invece delle scuole, si piantasse il loro convento. Egli ottenne pure dal papa che i canonici di Sondrio fossero obbligati alle cure d'anime. Lasciò manoscritti in grossi volumi lo stato della pieve di Sondrio, ed altre cose degli affari correnti, e morì arcivescovo di S. Severina" (6).
Altra figura rilevante all'interno della gerarchia religiosa, questa volta di Chiavenna, fu Francesco Paravicini:
"Francesco Paravicini era nato circa nel 1584, calcolando sulla base dell'età dichiarata, da Fabio Paravicini, di Caspano in Valtellina. Aveva ricevuto la prima tonsura a Como a 25 anni e i primi ordini minori (ordinariato e lettorato) il 19 dicembre 1609 dal cardinale Federico Borromeo, arcivescovo di Milano, mentre frequentava il collegio elvetico.
Gli altri ordini (esorcistato e accolitato) li ebbe il 25 marzo seguente dal vescovo di Como Filippo Archinti, da cui ricevette due giorni dopo anche il suddiaconato.
L'undici febbraio era stato proclamato dottore in sacra teologia dallo stesso cardinal Borromeo. Fu ordinato prete a Como dal vescovo Archinti il 5 giugno 1610 e destinato a Chiavenna come canonico di San Lorenzo. Viveva in casa sua con il fratello e la cognata e celebrava Messa nella Chiesa di San Bartolomeo in Oltremera, di domenica in quella di Campebello. Fu nominato "scolastico", cioè insegnante della Scuola gratuita per i chierici e i poveri del luogo, istituita in canonica per lascito testamentario del 31 maggio 1609, da suo zio Camillo Nasali. Tale incarico conservò fino al 1618. [...] Nel 1616 fu fatto pronotaio apostolico da papa Paolo V. Il Paravicini sarà nominato arciprete di Chiavenna con lettere apostoliche datate Roma, 8 dicembre 1623, succedendo al defunto Giovan Pietro Paravicini. Ebbe la nomina di vicario foraneo dal vescovo di Como Desiderio Scaglia e conferma da parte del successore Lazzaro Carefino.
Fu definito dallo storico Pietro Buzzetti "uomo di severo carattere"; certo fu fermo nei confronti dei canonici che non facevano il loro dovere. Sappiamo che possedeva una biblioteca ricca, per allora, comprendendo 201 titoli, tra cui anche un libro di un medico chiavennasco, il "De Articolorum doloribus" di Cesare Peverelli.
Francesco Paravicini morì di peste il 24 novembre 1629, a 45 anni, dopo quasi cinque anni di arcipretura"(7).
Francesco Paravicini fu testimone e tramandò ai posteri il resoconto della frana che sconvolse e seppellì il borgo di Piuro e i suoi abitanti nell'estate del 1618, mediante quattro fogli manoscritti conservati presso l'Archivio capitolare laurenziano di Chiavenna (cart. Archivio vecchio).
I primi atti relativi a questo ramo della famiglia Paravicini contenuti in archivio sono attestati da un "Receptarium" ove si conserva la contabilità di famiglia all'inizio del XVII secolo e da un testamento del signor Giovanni Battista Paribelli di Sondrio, il quale devolve i propri beni alla moglie Caterina Paravicini, sotto l'assistenza dell'abate Giovanni Antonio Paravicini, arciprete di Sondrio e fratello della suddetta.
Gli interessi della famiglia si orientano in questo periodo principalmente sulle rendite fondiarie di alcuni terreni nel circondario di Morbegno, negli odierni comuni di Morbegno, Cosio, Traona, Delebio, Rogolo, Piantedo, Andalo e Sondrio, ove ricoprono anche cariche pubbliche ed ecclesiastiche, come il succitato Giovanni Antonio Paravicini ed Erasmo, entrambi arcivescovi della Chiesa Collegiata di San Gervasio e Protasio di Sondrio (8); da segnalare la fondazione del Beneficio Paravicini - Taffini nel 1689, in seguito al lascito dell'eredità dei coniugi Giovanni Simone Paravicini e Maria Catterina Taffini.
I primi documenti attestanti acquisizioni di beni immobili nella Provincia di Milano risalgono al 1677, quando la marchesa Ottavia Malaspina Merzagora vendette a Carlo Borsano fu Giovanni Paolo, a nome di Benedetto Paravicini, il proprio possedimento di Bellusco, detto "Gerretta".
Successivamente gli eredi della famiglia Paravicini si distinsero per l'acquisizione di altre proprietà sia in provincia di Milano che in quella di Como, in particolare a Montevecchia (1677), Concorezzo (1679), Mezzago (1693), Aicurzio e Lesmo (1695), Como (1746), Menaggio (1778), Cascina Rossino (Ornago) (1856), Cascina Borella (Ornago) e Cascina Secca (Vimercate) (1858).
La progressiva importanza acquisita dalla famiglia comportò la nomina di alcuni suoi membri ad alcune cariche pubbliche a livello locale, risulta infatti che nel 1797 Pietro Paolo Paravicini fosse podestà di Morbegno ed incaricato di assicurare la pubblica giustizia nella zona delle comunità riunite di Morbegno, Delebio, Forcola, Piantedo e Andalo; nel XIX alcuni membri della famiglia furono nominati a membri dei Consigli degli estimati, in particolare Pietro Paolo Paravicini a Mezzago (1808) e a Bellusco (1809), Raffaele Paravicini ad Aicurzio (1826), a Concorezzo (1846), Paolo Paravicini a membro della Congregazione di Carità di Milano (1871) e a sindaco di Ornago (1895), Raffaele Paravicini a membro della Congregazione di Carità e a revisore dei conti del Comune di Aicurzio e a rappresentante, per il comune di Aicurzio, nel Consorzio per il Servizio sanitario nei comuni di Aicurzio e Sulbiate (1914), infine a podestà e poi sindaco di Aicurzio (1943-1945; 1945-1951).
Con la presa del potere di Napoleone in Lombardia, Raffaele Paravicini entrò nell'organigramma dei quadri dirigenziali della Repubblica Cisalpina, poi Italiana e durante il Regno d'Italia. Ricevette infatti la nomina a Prefetto del Dipartimento dell'Agogna a Novara (6 maggio 1802), titolo che mantenne fino alla sua revoca del suo mandato di Prefetto, avvenuta il 15 agosto 1805; in seguito fu nominato membro del Consiglio degli uditori a Milano (1807), Ispettore generale di pubblica beneficenza (nominato da parte di Eugenio Napoleone il 23 novembre 1809) e Presidente della Adunanza dei Collegi elettorali del Dipartimento dell'Adda (17 ottobre 1812). (9)
Con il ritorno al potere degli Absburgo a Milano conservò il titolo di Consigliere di Stato, che conservò fino alla pensione (1845). Durante questo periodo trasferì progressivamente gli interessi famigliari nella Provincia di Milano, vendendo i possedimenti nella provincia di Como ed alcuni beni immobili in Valtellina.
Al momento della sua morte, avvenuta a Milano il 6 febbraio 1853, il patrimonio fu diviso tra i propri figli maschi fino alla progressiva concentrazione nelle mani dell'ultimo figlio maschio superstite, Ascanio.
Molto probabilmente l'ultimogenito del prefetto Raffaele Paravicini, anch'egli di nome Raffaele, fu un discreto musicista. Nato nel 1820, il suo nome figura nel Catalogo delle pubblicazioni dello Stabilimento Ricordi del 1875, ove sono segnalate diverse opere. (10)
Queste opere seguono il gusto borghese dell'epoca e nonostante oggi sentano il peso del tempo, offrono un'idea della società milanese di quel periodo, della quale i Paravicini erano degni rappresentanti.
Nonostante non sia possibile stabilire con certezza se questo Raffaele sia effettivamente il succitato musicista, noi sappiamo che nel testamento redatto alla sua morte lasciò in eredità la sua casa di via Durini a qualunque direttore d'orchestra avesse un'opera da rappresentarsi al Teatro alla Scala, segno di una passione per la musica che andava oltre il semplice ascolto.
Fugaci notizie su di un altro figlio del prefetto Raffaele, Pietro Paolo, si ritrovano leggendo alcuni volumi di storia della Valtellina. Egli infatti non s'interessò mai molto dei possedimenti nella Provincia di Milano e dopo la morte del padre si trasferì a Morbegno, ove fu eletto consigliere provinciale di Sondrio dal 1860 al 1862.
Nel carteggio di Giovanni Visconti Venosta sono presenti 16 lettere indirizzate ad Emilio, a Gino e alla loro madre Paolina Borgazzi dai familiari Antonio Merizzi, Giuseppe Tarra, Gaetano Tarra, Rosa Borgazzi ed Eugenio Parravicini durante gli eventi del 1849, il carteggio ci fornisce un'ampia panoramica sulla situazione politica e sulle aspettative a seguito dei moti insurrezionali. Interessante notare sul retro di uno di questi scritti una caricatura del Mazzini (11)
La famiglia Paravicini mantenne il suo interesse esclusivo sui beni fondiari fino al XX secolo, quando l'ingegner Raffaele Paravicini intraprese un'attività commerciale fondando una società di import-export verso il Sud America (1920).
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Note
1. J. Guler Von Weineck, "Raetia", versione dal tedesco della sola parte che riguarda la Valtellina e la Valchiavenna di Giustino Renato Orsini, Sondrio, Camera di commercio e agricoltura, 1959.
2. A. Keller - J. W. Busch, Statutencodices des 13. Jahrhunderts als Zeugen pragmatischer Schriftlichkeit : die Handschriften von Como, Lodi, Novara, Pavia und Voghera, Munchen, Fink, 1991.
3. J. Guler Von Weineck, "Raetia ", cit.
4. E. Besta, Storia della Valtellina e della Val Chiavenna; I. Dalle origini all'occupazione grigiona, Milano, Giuffrè Editore, 1955.
5. C. Cantù, Il Sacro Macello di Valtellina. Le guerre religiose del 1620 tra cattolici e protestanti tra Lombardia e Grigioni, Milano, 1832, p. 15.
6. Ivi, p. 41.
7. G. Scaramellini, "La descrittione della rovina di Piuro" di Francesco Paravicini, da "Clavenna" XXXIX (2000), pp. 137-148.
8. L'attività di arcivescovo non è presente in questo archivio ma è riscontrabile in due dipinti un tempo situati in Villa Paravicini ad Aicurzio ed ora nell'ufficio del Sindaco di Aicurzio in Municipio (Villa Pasqualini-Aceti-Malacrida).
9. In seguito al ripristino dei titoli, Raffaele Paravicini ebbe il titolo di conte concesso da Napoleone con Decreto 1 luglio 1810, confermato con lettera patente 16 dicembre 1810.
10. Catalogo Stabilimento Ricordi 1875: Valzer per pianoforte: "Melodie del lago", "Le Rose", "Pere Moscatelle" (a tutte le donne belle), "La Camargo", "Brindes de Meneghin"; Polke per pianoforte: "Le nozze campestri"; Sinfonie ed ouvertures per pianoforte a quattro mani (Sinfonia n. 4 e n. 5 con accompagnamento di fisarmonica o harmonium, ovvero di flauto o di violino).
11. Archivio di Stato di Sondrio, Archivio della nobile famiglia Visconti Venosta - "Inventario sommario dell'archivio della famiglia Visconti Venosta", datt., a cura di P. Rinaldi, 1990 (Segnatura antica: b. 27 - 956, classificazione: 12.2; segnatura: b. 50, fasc. 2).

Compilatori
Merlini Alessandro, Archivista
Pozzi Paolo, Archivista