Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum sorte primaverile 1613 20 aprile 7 maggio 1613

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Persone
Caterina Machini di Cepina
Procedimento giudiziario
Caterina Machini di Cepina contro Margherita detta La Rocca, per ingiuria (20 aprile - 7 maggio 1613)

Querela di Caterina Machini contro una certa Margherita detta La Rocca che l'ha ingiuriata dicendole "strega e pubblica meretrice". Le due donne si accapigliano, ma davanti al consiglio Margherita revoca ogni parola infamante che potesse aver detto contro l'onore di Caterina.

Anno Domini 1613. Die martis 20 mensis aprilis.

Coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus maioribus Burmii etc., comparuit domina Catherina filia ser Antonii quondam Joannis Petri Machini de Cipina et uxor ser Bernardini quondam Andree Guana (1) de Burmio, querelando modo ut infra, videlicet: Già venerdì prossimo passato otto giorni, partendomi io di casa per andar a portar de mangiar a miei lavoranti nell'Alute, passando oltra la torre del signor conte, (2) ivi poco lontano, senti gridar: Missericordia! Et così, andando inanzi, trovai ch'era Margarita detta la Roccha, che si lamentava. Et così, avicinandomi, gli dissi: Tace, betezera! (3) Ten la lingua dentro di denti, che nisun ti darà impaz. (4) Et poi andai per li fatti miei. Et dopo mi fu riferto da Giacomina de Crestofen de Scen, (5) che detta Roccha mi gridò drio: Stria! Ma io non sentì niente. Et così, passati alquanti giorni, che fu hoggi otto, passai oltra de la sua stanza, et la trovai su nell'uscio che parlava con la moglie de messer Daniel Olesio, et io gli dissi: Per che causa me vai dispregiando? (6) Et lei mi rispose: Non mi dar occasione di farmelo tornar a dire, se non tel dirò un'altra volta. Et così andai per li fatti miei. Et l'istesso giorno, circa all'hora di vespero, venendo io fuori della mia porta, viddi essa Margarita apresso al buglio che tolse un baiolo (7) su del buglio, et così m'accostai et la pigliai su int i (8) cavei, dimandandoli che cosa haveva de dir di me. Et così combatessimo insieme un pezzo, et si dessimo di pugni, talmente che si facessimo sangue l'una l'altra. Et tirassimo fuori cortelli, ma non li doperassimo. Et essa gridando m'ingiuriava dicendomi: Puttana publica, tu m'hai invidia di quanti forastieri vengono in Bormio! Et io non l'ingiuriai altrimente. Ma così contrastando, venne Bartholomeo Scioba che ne dispartì, et io andai per li fatti miei. Stando le qual ingiurie, dimando che essa Roccha mantenghi o redigha tal parole, et delle premesse cose dimando siano essaminati l'infrascritti testimonii, cioè Bartholomeo Scioba, Vasino de Gioan de Sentello (9) detto Martol, (10) Abundio figliolo de Borm Vitalino et Cristina figliola de Zenonino.

Quibus sic stantibus, dicta domina Catherina fideiussit in forma de querela manutenenda, juditio sisti et judicato solvi et pacem ac treguam contra dictam Margaritam manutenendi etc.

Fideiussor pro ea se constituit dictus ser Bernardinus eius maritus, obligando etc.

1613. Die veneris 7 mensis maii.

Coram ut ante, videlicet coram magnifico domino pretore et dominis offitialibus ac coram toto magnifico concilio, personaliter constituta dicta Margarita dicta la Roccha, et interrogata: Se egl'è vero che lei habbi mai imputata madonna Catherina moglie de ser Bernardino Guana de Bormio per stria, puttana publica o sia altra sorte d'imputatione.

Alta voce, coram ut ante respondet: Io non so mai che in niuna caggione (11) io habbi imputata essa domina Catherina con ingiuria, n'imputatione alcuna che potesse portar preiuditio all'honor et fama di detta domina Catherina. Et se per sorte in qualche modo, maniera, o con parole alcune l'havesse ingiuriata, il che gli potesse portar preiuditio all'honor et reputatione sua, lo voglio haver mal detto. Nemen la conosei se non per donna da bene et d'honore, uguale ad ogn'altra donna honorata.

Quibus auditis dicti magnificus dominus pretor, domini officiales cum consensu totius magnifici concilii Burmii liberaverunt et liberant dictam dominam Catherinam ab ipsis imputationibus, ita ut ab aliquibus aliis personis premissa de causa umquam imputari possit, et denique liberando dictam Margaritam a fortiis Communis.

Actum Burmii in Pretorio Communis etc. (12)

(1) Sopravvive la località detta i Guàna sotto Santa Lucia, lungo il corso dell'Adda. L'etimologia non è accertata. Si è proposto di partire dal lat. aquana "ninfa delle acque", che ha lasciato numerose attestazioni in area veneta (REW 573).

(2) Non è chiaro a quale torre di proprietà del conte di Colico Alberti ci si riferisca. Probabilmente si tratta di qualche dettaglio architettonico nella residenza in Dosso Rovina. Il conte Alberti avrebbe dovuto risiedere in quel tempo nel Palazzo sopra il Cuèrc', nella piazza di Bormio. La torre in Dossiglio, oggi detta "torre Alberti" era oggetto, ancora nel 1613, di aspre contese tra gli eredi di Bernardo Marioli (cf. BSAV 1 (1998), pp. 96 ss.), fra i quali il genero Sebastiano Alberti discendente però del secondo ramo degli Alberti, quello di Giovanni Francesco detto Madona.

(3) Borm. beteciàr (cf. SB055).

(4) "Fastidio, noia", voce corrispondente per il senso all'it. impaccio. Borm. impaciàs "intromettersi", valli impacès (Longa 88).

(5) Scèn grande scalino roccioso che sovrasta Isolaccia, al sasc, al salt de Scèn, negli Statuti boschivi valle de Xano (Longa 314). Probabilmente dal lat. scamnum "sgabello, banco", per la conformazione del ciglione di roccia (REW 7649; Bracchi, BSSV 51, 91). Una località S'cén foneticamente affine, nonostante qualche divergenza (da *sclanum < *scamnulum), è segnalata anche in Val Grosina (Sertoli 115, IT 14, 121; DTL 492 e 494).

(6) Borm. desc'présgi "disprezzo", desc'presgiós "schernitore" (Longa 52), it. dispregio e disprezzo, contrari di pregio, prezzo, dal lat. pretium (REW 6746), con dis- sottrattivo.

(7) Borm. baielón, liv. bailón, baelón "bacchio, arcuccio per portare a spalla le secchie, bigollo", formazione allargata mediante il suffisso accrescitivo -ón, in opposizione alla variazione offerta dall'attestazione citata qui, che rispecchia il tipo meno frequente bàilo, bàsgiol (Longa 24 e 28; Monti 12), valt. bàgiol "paletto da portare in bilico sulle spalle i secchi" (Monti 11), dal lat. baiulus "portatore, strumento per portare" (REW 888). Alcune imputate di stregoneria confesseranno di essere volate di notte verso il sabba sul baialone onto, cioè dopo averlo spalmato con l'unguento preparato su ricetta demoniaca.

(8) Ora si direbbe in di cavéi "nei capelli". Il documento conserva l'avverbio nella sua forma originaria, int i < lat. intus "dentro" (cf. SB051: su int i piedi).

(9) Variante dell'attuale cognome Santelli, diffuso specialmente in Oga (Longa 329). Deriva probabilmente da una località caratterizzata dalla presenza di una cappella, in dial. santèla (Longa 217). L'evoluzione da san- a sen- non è sconosciuta a contatto con nasale.

(10) Il soprannome Màrtol significa alla lettera "martora", ma in senso traslato vale "stupido, sciocco, minchione" (Longa 142), com. màrtol, martorèl "meschino", martolàda "scempiaggine, azione da gonzo" (Monti 138).

(11) Nel senso di "occasione".

(12) Non compare alcuna sentenza nei verbali di consiglio.