Archivio del Comune di Bormio, Quaterni inquisitionum foglio allegato 12 maggio 1632

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Persone
Domenica Pradella di Semogo, detta Castelera
Procedimento giudiziario
Inchiesta su Domenica Pradella di Semogo, detta Castelera, per stregoneria (7 novembre 1630 - 16 maggio 1632; 3 - 21 febbraio 1632; ...; 28 febbraio - 6 maggio 1633; 12 maggio 1632; 25 giugno ...)

La vicenda giudiziaria che vide protagonista Domenica Pradella è tra quelle più travagliate per coloro che in quegli anni sedevano in tribunale come giudici. La donna infatti fu rilasciata in un primo momento in quanto gravida e, quando si riaprì il procedimento dopo il parto, bisognò fare i conti con la Curia episcopale di Como che, in quel difficile frangente storico, contribuì non poco ad arginare gli eccidi delle streghe, anche perché il contrasto giurisdizionale per la competenza del tribunale a giudicare coloro che avevano peccato soprattutto contro Dio creava un terreno favorevole all'insediamento, allora molto contrastato dai maggiorenti bormini, del tribunale della Santa Inquisizione.

Domenica riuscì a scampare al tragico epilogo, che invece toccò a molti altri sventurati, accusati dello stesso reato, e la sua salvezza dovette essere vissuta dai giudici come un grande scorno in quanto, come racconta un testimone «lei e[ra] tenuta da tutto il popolo per tale (ossia strega) et era più mormorata che niuno di quelli sono statti giusticiati». Maria di Colombano Guerrini di Isolaccia ribadisce nella sua deposizione: «Quando dissero la messa nova del reverendo prete Nicolò Quadrio, io fui accanto la finestra della prigione di detta Domenica, et parlandogli gli dissi: Comare, se voi non sete stria, hanno fatto torto alla metà. Lei era piccolina piccolina, et era in concetto di esser stria sino allhora, et gli dicevano la striattola di quelli di Pradella».

Anno 1632, li 12 mese di maggio.

Per l'illustrissimo signor podestà, regenti messer Gervasio Grusino et messer Francio Nisina et magnifico consiglio di Bormio, in essecutione d'altra ordinatione fatta d'esso consiglio, della quale appare appresso il signor dottor Baldesar Zuccola, cancelliere, adì *** fu consignata al molto illustre reverendo signor arciprete Murchi, vicario foraneo di monsignor reverendissimo di Como, Domenega, moglie di Andrea Mursello di Semogo, sin al presente nelle carceri di Comunità detenta per la causa della quale consta de processi contra d'essa, alli quali per querela presentare al sudetto reverendissimo monsignore vescovo di Como, nostro superiore ecclesiastico, secondo contiene nella sicurtà fatta dalla sudetta Domenica o suoi agenti, delegata dal signor Zuccola sudetto, et hoggi personalmente insieme con le scritture de processi et lettere da parte de[l] signor vicario et come esso signor vicario s'è contentato sopra la richiesta. Il quale reverendo signor vicario adì sudetto, illico doppo la sudetta consignà (1) l'istessa Domenega, ha dato et consignato la detta donna in mano di suo fratello Abondio, il quale ha promesso et iurato in forma di rettinere et senza dimora di consignare la detta Domenica sorella al sudetto (a) molto reverendo insieme con le scritture de processi et lettere et in sua absentia al molto reverendo signor sudetto vicario, con obligo di riportarne la ricevuta in debita forma. Per questo è stato sicurtà per detto Abondio è stato Andrea Morsello, obligando etc. Et che dette scritture non siano molestate né viste d'altri in pena de scudi 50.

(a) Segue: reverendo.

(1) Non è certo che si tratti del perfetto del verbo.