Lombardia Beni Culturali
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Carta promissionis

1047 ottobre, Nuvolento.

Auprando <Brusiadus> , figlio del fu Giovanni, di Mozzo, di legge longobarda, si impegna nei riguardi di Giovanni, abate del monastero di S. Pietro in Monte, a non avanzare rivendicazioni di sorta su di un appezzamento di terra montana di proprietà del monastero, consistente in una selva detta Maiore, sita in Meder, Cariadeghe, Ortihano, Vallesurda e <sul monte> Dragone, ricevendo quale launechild un cappello.

Copia semplice del sec. XIII in., ASVat. FV, I, 2602 (SPM, 1) [B]. Copia semplice incompleta del sec. XVIII, LUCHI, Codex Dipl. Brixiensis (BSMn, ms. Labus 84), cc. 50v-51r [D]. Copia semplice incompleta del sec. XVIII, LUCHI, Codex Dipl. Brixiensis (BMVe, ms. lat. V, 17), pp. 90-1 [E]. Copia semplice incompleta del sec. XVIII, LUCHI, Codex Dipl. Brixiensis (BCVr, ms. 1782), p. 68 [F]. Copia semplice parziale del sec. XIX, LUCHI, Codex Dipl. Brixiensis (BQBs, ms. O. VIII. 46.), c. 17v, alla data 1053 [E']. Copia semplice parziale del sec. XIX, Cod. Dipl. di Brescia, ad annum (ASBs, Arch. Stor. Civ.) [E'']. Nel verso di B, di mano del sec. XIII in.: E[xem]pl[um c]ar[te][[...]] (non è possibile determinare lo spazio della lacuna); segnatura del sec. XVI: 13.

Trascrizioni: ODORICI, Storie Bresciane, V, pp. 64-5, n. 65, alla data 1053 ottobre (trascriz. parziale); GUERRINI, Il monastero, pp. 214-5, n. 6 (alla data 1041 ottobre 1).
Cf. GUERRINI, Il monastero, pp. 174, 175-6 (alla data 1041); CASTAGNETTI, Le comunità della regione gardense, pp. 92, 112 (nota 339, alla data 1053 ottobre); NAVARRINI, "Domini" e "Paysani", p. 24; MENANT, Campagnes, pp. 134 (nota 369), 136 (nota 374: alla data 1014, ma cf. p. 660, nota 334), 660-1 (nota 334, alla data 1083-1084); ARCHETTI, Il "Codice diplomatico bresciano", p. 47; FORZATTI GOLIA, Le carte del Piemonte bresciano, p. 188; FORZATTI GOLIA, Istituzioni, p. 396.

I forellini di cucitura visibili nel margine superiore della presente pergamena e quelli nel margine inferiore del foglio che ospita la copia autentica della cartula offertionis del 1041 febbraio, effettuata nel 1219 (doc. 4), puntualmente sovrapponibili gli uni agli altri, mostrano il legame originario dei due pezzi. La loro unione induce a collocare la redazione della copia qui edita nello stesso 1219, forse in occasione di una quaestio sorta intorno ai diritti del monastero sulle terre che nei due documenti risultano essere di proprietà di S. Pietro a partire dagli anni quaranta del sec. XI.
Non essendo stato riportato nella copia il signum notarile (per il quale è stato predisposto, all'inizio e alla fine, l'apposito spazio), l'identificazione con l'omonimo Giselbertus, attivo tra il 1029 e il 1049 (Repertorio dei notai bresciani), non può essere provata con sicurezza.
La datazione del documento è alquanto controversa: Guerrini, 1041; Odorici, 1053; Menant, 1083 o 1084. Un corretto dibattito dovrà innanzitutto tener presente che nella storiografia la progressione degli Enrico della dinastia di Sassonia tiene anche conto di Enrico l'Uccellatore, re di Germania (919-936), che la prassi documentaria esclude invece dal conteggio. Su tali basi non possiamo che proporre la data del 1047 ottobre corrispondente al primo anno di impero di Enrico III. Resta il divario con l'indizione: nel 1047 correva la prima indizione settembrina e non la sesta. Il vistoso sfasamento in nessun altro modo può essere giustificato se non come un errore materiale commesso dallo scriba che ha redatto la copia agli inizi del Duecento. Supponendo un improbabile equivoco inverso e privilegiando l'indizione arriveremmo all'anno sesto di impero e quindi al 1052. D'altra parte, il contenuto del negozio e i suoi rapporti con le altre carte sopravvissute, particolarmente numerose in tutti gli anni quaranta del secolo, confortano la nostra datazione, escludendo sia un collegamento con l'età di Enrico II (1014 oppure 1022 a seconda che si privilegi l'anno di impero o l'indizione) sia un legame con il tempo di Enrico IV (1084 o 1097; va comunque escluso il 1083 congetturato da Menant, p. 660, sia perché nell'ottobre di tale anno era già scattata la settima indizione settembrina, sia perché Enrico IV non era ancora imperatore). Si aggiunga infine che se l'anticipo della data non regge per la semplice ragione che il monastero non era ancora stato fondato, il trasferimento al 1084 o 1097 viene a cozzare con un ostacolo insuperabile di ordine diplomatistico: è noto infatti che in tutta l'Italia settentrionale a partire dalla morte di Enrico III (1056 ottobre 5) l'era del principato viene sostituita in modo stabile con l'era di Cristo.
L'accreditamento del nome di famiglia Brusiadus all'autore della presente carta si basa su di una testimonianza del 1175 ottobre 22 (cf. doc. 87, nota 7).

In Cristi nomine. Secundo Henricus gr(ati)a Dei imperator augustus (1), anni imperii eius primo, mense octub(ri), indic(tione) .VI. Tibi Ioh(anne)s, abbas ex monasterio Sancti Petri quod dicitur Monte, ego Auprando, filius condam Iohanni, de loco Muzo, qui professus sum ex nacione mea lege vivere Longobarda, p(resens) p(resenti) dixi: promitto et spondeo ego qui supra Auprando, una cum meis filiis et heredibus, tibi qui supra Ioh(anne)s abbas tuisque successoribus vel pars ipsius monasterii ut amodo nullu(m)quam in t(em)pore non habeam licentiam nec potestate per nullumvis ingenium nullamque occasionem quod fieri potest agere nec causare nec interdicere nec per placitum fatigare nominative pecia una de terra montiva et silvata iuris ipsius monasterio, que reiacet non longe a predicto monasterio, nominative silvulla (a) que dicitur Maiore, locus ubi dicitur Medero, Caratica, Ortihano, Vallesurda, Drachone; coheret ad ipsa pecia: a mane rebus de plebe Gavardo, a meridie predicto monasterio, a ser(a) plebe Nave, a muntis (b) rebus de Caine et Valli, dicendum quod michi exinde aliquit pertinet aut pertinere debet et omni t(em)pore pertinet aut pertinere debet, set omni t(em)pore ego et meos heredes exinde tacitis et contentis permaneamus; quod si amodo aliquando in t(em)pore ego qui supra Auprando aut meos heredes adversus te qui supra Ioh(anne)s abbas tuisque successoribus vel pars predicto monasterio de predicta pecia de terra silvata agere aut causare vel removere presu(m)pserimus per nos aut per nostras su(m)mittentes personas et omni t(em)pore exinde (c) taciti et contenti non permanserimus, tunc obligabo (d) semper ego qui supra Auprando, una cum meos heredes, tibi qui supra Ioh(anne)s abbas tuisque successoribus vel pars predicto monasterio pena argentum denarios bonos libras centum; et in eo tinor ut supra l(egitur) accepi ego qui supra Auprando ad te ia(m)dicto (e) Ioh(anne)s abbas exinde launechild capello uno, ut mea promissio firma permaneat atque persistat. Actum locus Nuvolento. Feliciter. + Signa manuum s(upra)s(crip)ti Auprandi qui hanc cartam promissionis fieri rogaver(unt) (f) et s(upra)s(crip)to launechild accepi ut supra. + Signa man(uum) Alberici et Arderici seu Vuilielmi testes lege Langobardorum viventes.
Ego Giselbertus notarius sacri pal(acii) scriptor huius carte promissionis post tradita co(m)plevi et dedi.


(a) Il primo tratto di -v- corr. su l.
(b) B mu as.
(c) Segue om(n)i t(em)p(o)r(e) exin(de) iterato.
(d) -bo corr. da -m.
(e) ia(m)- nell'interlineo, in corrispondenza di sup(r)a- depennato.
(f) Così B.

(1) Enrico III (cf. nota introduttiva).

Edizione a cura di Ezio Barbieri ed Ettore Cau
Codifica a cura di Gianmarco Cossandi

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