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Introduzione

È qui presentata l’edizione delle quattro carte del monastero benedettino femminile di San Lorenzo di Sondrio, cronologicamente comprese tra il 1100 e 1117.

Questo monastero sorse presso il castello già intitolato ai Santi Lorenzo e Giorgio, soggetto ai Capitanei [1]: assai probabilmente furono proprio alcuni membri di questa famiglia a volerlo riconvertito, al chiudersi dell’XI secolo, in monastero femminile, come sembrano suggerire i documenti qui editi ai numeri 1, 2 e – soprattutto – 3.

Ma sono avare le testimonianze disponibili che attestano, relativamente a quest’epoca, l’operato dei Capitanei «signori generali di detta terra <di Sondrio> et di molte altre terre della lor parte guelfa» [2]. Soltanto nel corso del Duecento esse divengono più frequenti e consentono di rilevare il «robusto potere signorile della famiglia dei domini plebium locali» [3]. La chiesa del monastero, con i suoi tre altari, fu consacrata dal vescovo di Como Guido Grimoldi (1098–1125) nel 1117: non si trattò di un atto isolato, poiché nel medesimo anno il presule diocesano consacrò anche la chiesa di Santa Eufemia di Teglio (l’edizione delle carte di questa chiesa è in corso di realizzazione) ed anche –secondo il Bellasi– la chiesa di San Remigio di Brusio (cfr. tra le carte di quella chiesa, la nota introduttiva al doc. edito al n. 6.

L’archivio del monastero di San Lorenzo oggi non esiste più. Sono sparute le testimonianze che riferiscono di quel tabularium: si tratta di informazioni quasi incidentali. Esse non consentono di ricostruire in modo soddisfacente la fisionomia del complesso delle scritture, non permettono di sapere chi fosse preposto alla loro produzione e chi avesse l’incarico della loro custodia e cura [4]. Le scarne informazioni superstiti, invece, si soffermano isolatamente su alcuni documenti, quelli atti ad attestare i diritti del monastero; viceversa resta completamente all’oscuro la conduzione quotidiana dell’istituto, l’amministrazione dei suoi beni, la gestioni dei rapporti e dei conflitti (…).

Nel corso della ricerca si è potuto aprire qualche spiraglio grazie, soprattutto, ad una fonte poco nota e scarsamente utilizzata in sede storiografica [5]. Il riferimento è al memoriale del monastero, che Francesco Saverio Quadrio nel 1755 attesta presente «nell’archivio di esso monastero di Sondrio» [6]. Si tratta della secentesca Cronaca historiale del venerando monastero di San Lorenzo di Sondrio cominciando dalla sua fondazione sino all’anno 1672, ad oggi inedita [7]. Una copia di questa cronaca è attualmente custodita presso l’Archivio di Stato di Sondrio; un’altra presso l’Archivio storico della diocesi di Como [8]. Tuttavia si sottolinea sin d’ora che sia il ‘genere letterario’ di questa fonte [9] sia l’attestazione di traditiones documentarie che spesso risultano essere assai articolate sono fattori che suggeriscono continua prudenza, al fine di evitare la caduta in semplicistiche interpretazioni.

Proprio in ordine a tale attenzione, un conforto ad alcuni dubbi deriva dalla possibilità di comparare copie diverse di medesimi documenti che un tempo erano conservati presso l’archivio del monastero di San Lorenzo e che oggi appaiono perduti. Tali copie furono redatte –con scopi diversi, in anni distanti e da molteplici protagonisti– per conto di differenti istituzioni ed oggi sono conservate nei loro rispettivi tabularia. Mi riferisco, in particolare, agli utili confronti che è stato possibile istituire con alcuni documenti custoditi nell’archivio dell’ arciprebenda e con quella del capitolo della chiesa pievana dei Santi Gervasio e Protasio di Sondrio. Le carte più antiche che ivi sono conservate (le uniche anteriori al XII secolo) sono proprio delle copie (risalenti al sec. XVI ex. – sec. XVII in.) di due documenti del monastero di San Lorenzo. Essi erano considerati pregni d’interesse per la Chiesa di Sondrio, ed in particolare per il suo Capitolo, al fine di attestarne l’antichità [10]. Inoltre, ai fini comparativi, è stato possibile contare utilmente anche sulla memoria di documenti del monastero di San Lorenzo conservata presso l’archivio vescovile di Como, all’interno della Tabula dyptica [11]. Va rimarcato il fatto che fu proprio l’archivio del presule diocesano ad alimentare, in modo pressoché esclusivo, non solo la storiografia seicentesca sul monastero (a partire dalle Decadi di Luigi Tatti [12] ), ma altresì frequenti ricostruzioni storiche successive, sin quasi ai nostri giorni [13].

Ma tornando in modo più specifico alla Cronaca, la sua redazione è da collocare cronologicamente nell’ultimo quarto del Seicento. L’identità del suo autore –allo stato attuale delle conoscenze– non è dimostrabile con certezza. Secondo Tarcisio Salice si tratterebbe di Giovanni Pietro Sertoli (†1676), rettore della chiesa di Albosaggia e confessore delle monache negli anni della composizione del memoriale. L’ipotesi è probabile; ma ad oggi non vi sono elementi sufficienti per provare con certezza tale paternità dello scritto [14].

Per contro, appaiono con chiarezza gli scopi per i quali il memoriale venne scritto. Da un lato è evidente «la lodevole premura di conservare e rendere perpetue le antiche memorie della religiosa (…) comunità» [15]. L’autore infatti insiste nel ribadire la volontà di sottrarre dall’oblio nomi e fatti significativi per la storia del monastero e, relativamente ai nomi dei presunti fondatori, afferma: «M’è stato di piacere il ritrovare il loro nome ed ridurlo alla memoria delle monache e di chi forse leggerà questa scrittura, acciocché siccome quello è scritto nel libro della vita per quest’opera, siccome piamente si può credere, così il medesimo nome non resti sepolto nel sepolcro dell’obblizione in terra» [16].

Nel contempo è chiara anche la finalità più prettamente ‘strumentale’ dello scritto. Provare l’antichità delle origini del monastero e dimostrare la fondatezza dei suoi diritti, mediante il rimando a documenti del suo archivio, è requisito fondamentale per poter tutelare nel secolo allora corrente e in quelli successivi tali prerogative. Il Seicento, infatti, vide il monastero protagonista di numerose liti e processi relativi a diritti di celebrazione, di riscossione delle elemosine, di nomina dei confessori (…), soprattutto in opposizione all’ordinario diocesano, come ampiamente documentato presso l’archivio della parrocchia di Sondrio [17]. Avere illuminato la storia del monastero e avere chiarito i termini delle contese in corso sarebbe stato un valido ausilio a disposizione delle monache per difendere ed efficacemente garantire la continuità dei propri diritti. Scrive l’autore, quasi alla conclusione del memoriale: «Questo è il seguìto finora in questa causa con ogni fedeltà raccontata per istruzione de’ posteri, se mai occorresse, che in migliore congiuntura per le monache di nuovo si suscitasse questa controversia» [18].

La cronaca si struttura con una scansione cronologica, «seguendo (…) la traccia delle scritture antiche che in esso <monastero> si conservano». Il racconto della storia del monastero si snoda in parallelo alla lettura dei documenti.

Appare assai significativa in questa ottica l’intitolazione del memoriale riferita da Enrico Besta, forse dipendente da un altro esemplare attualmente deperdito, o forse da una antica ‘camicia d’archivio’ che lo conteneva, attualmente smarrita. Il Besta, infatti, attribuisce al memoriale –da lui conosciuto «attraverso una copia favoritami con somma cortesia dal nobile avvocato Gian Giacomo Paribelli»– la denominazione di Registro delle scritture antiche del venerando monastero di San Lorenzo di Sondrio dell’ordine di San Benedetto insieme con buone notizie di molte cose occorse in esso dal suo principio fino all’anno 1672 [19]. Questa calzante intitolazione valorizza la natura della Cronaca, soprattutto se si rimarca il fatto che il suo autore –cosa di grande rilievo per gli scopi ora indagati– dimostra buona attenzione alla fonte documentaria, distingue sempre se aveva di fronte un originale o una copia e –in questo caso– ne riferisce il contesto di redazione e il nome del redattore.

In tale ottica, riguardo ai documenti anteriori al XII secolo, si rimanda alle note introduttive che precedono la loro edizione. Qui ci si limita a rilevare che queste informazioni, pur numericamente esigue ed apparentemente incidentali, hanno contribuito ad arricchire un poco le conoscenze sull’archivio del monastero in oggetto. Proprio seguendo tale pista esplorativa e di lettura della Cronaca è stato possibile ricostruire un piccolo prospetto dei documenti anteriori al XII secolo che, nel Seicento, appartenevano all’archivio di San Lorenzo. Di alcuni di essi, si è potuta raggiungere la fonte (che viene pertanto quindi edita); per altri ci si è arrestati alla semplice menzione, che tuttavia non pare essere infruttuosa. Ecco di seguito il quadro scaturito dalla ricerca:

11100 ottobre 8, SondrioCarta offersionisdoc n. 1
21100 ottobre 8, SondrioMemoria investituraedoc n. 2
31110 novembre 26, Laterano<Paschalis II papae privilegium>doc n. 3
41117, <Sondrio>Memoria consecrationis Guidoni episcopidoc n. 4
51117 ottobre 30, <Sondrio>Decretum consecrationis Guidoni episcopi (altaris Sancti Laurentii) DEPERDITO. Menzione nella ‘Cronaca historiale’, ASDC, Curia, Religiosi, b. 34, pp. 4–5.
61100 ottobre 31, <Sondrio>Decretum consecrationis Guidoni episcopi (altaris Sancti Georgii), «a mano destra» DEPERDITO. Menzione nella ‘Cronaca historiale’, ASDC, ivi, p. 5.
71117 novembre 1, <Sondrio>Decretum consecrationis Guidoni episcopi (altaris Sancti Michaelis), «a mano manca» DEPERDITO. Menzione nella ‘Cronaca historiale’, ASDC, ivi, p. 5.

In conclusione, si sottolinea che l’analisi dei dati rinvenuti porta l’attenzione sul fatto che la dispersione dei documenti più antichi era già avvenuta nell’ultimo quarto del Seicento e che le poche carte superstiti, già a quell’epoca, appaiono essere conservate in copia tre–quattrocentesca. Questo dato circa la precoce dispersione documentaria pare accomunare la sorte dell’archivio di San Lorenzo con quella dei tabularia dell’arciprebenda e del Capitolo di Sondrio (le cui carte più antiche, come si è già avuto modo di riferire, sono copie di documenti di San Lorenzo). Resta insistente la domanda se vi sia una qualche ragione comune in relazione a questa precoce e generalizzata scarsezza documentaria. Per ora l’interrogativo rimane in sospeso [20].

Note

[1] Riguardo a questa famiglia, cf. soprattutto BESTA, I Capitanei sondriesi, pp. 259–287. Questo studio comprende l’analisi di una cronaca cinquecentesca, recante intitolazione I signori della Valtellina de Capitanei e Baccaria, che tuttavia non riferisce dati relativi al monastero in oggetto e ai Capitanei menzionati nei documenti qui editi. Di questa cronaca è attualmente nota una riproduzione anastatica conservata presso la Biblioteca Civica Pio Rajna: Valt., Misc., 146–32, realizzata da Giulio Guicciardi nel 1968, dall’originale conservato presso la Biblioteca Braidense che attualmente risulta essere irreperibile (a questo proposito cf. anche DELLA MISERICORDIA, La disciplina contrattata, pp. 367–368).

[2] SILVA, Cronacha, nell’ edizione a cura di CAVALLARI–LEONI, p. 24.

[3] DELLA MISERICORDIA, La disciplina contrattata, p. 249.

[4] Questi aspetti divengono chiari soltanto relativamente all’epoca moderna. Tra le testimonianze disponibili per quel periodo, si riferiscono qui soltanto le prescrizioni contenute nell’ordine 10 degli atti della visita pastorale di Sisto Carcano, compiuta per conto del vescovo Desiderio Scaglia (1622–1625) nell’anno 1624. Nell’ordine sono prescritte le norme finalizzate ad una aggiornata produzione e ad una più accurata custodia delle scritture, mediante la nomina di una tra le monache al compito specifico di segretaria: «A fin che le scritture spettanti a cotesto monastero si conservino meglio, et nell’avenire si habbi più certa notizia di tutto quello che tocca all’interesse del monastero et delle monache, strettamente comandiamo che in termine di 15 giorni si deputi per secretaria una monacha che sappia scrivere, il cui officio sia di scrivere in un libbro grando le cose infrascripte <amministrazione corrente, nomi monache e incarichi, entrate e uscite, deliberazioni del capitolo, antichi diritti, nda>» (ASDC, VP, b. 30, pp. 492–493). È certamente significativa la relazione tra questa prescrizione e il contesto documentario seicentesco del monastero, quale emergerà tra poco.

[5] Riferimenti in QUADRIO, Dissertazioni, I, p. 168–176; II, p. 170–171; BESTA, I Capitanei sondriesi, pp. 273–275; SALICE, Stato della pieve di Sondrio, p. 95n e nel recente GUSMEROLI, Io stesso le zappai, p. 110.

[6] QUADRIO, Dissertazioni, I, p. 175.

[7] La Cronaca è attualmente in corso di edizione.

[8] La prima copia, conservata mutila, si trova presso l’ASSo, all’interno del fondo Romegialli. Si tratta di una copia, realizzata da un redattore anonimo nel secolo XIX da un’altra copia attualmente perduta (probabilmente del 1796, come apparirà tra poco): ASSo, Fondo Romegialli, b. 22, fasc. 6. È significativo rimarcare che questo fondo conserva materiale documentario miscellaneo, proveniente da diversi archivi pubblici e privati, raccolto dallo storico Giuseppe Romegialli (1779–1861) e da suo figlio Francesco (1819–1893), con evidenti interessi storici e con intenti collezionistici. L’archivio fu poi acquistato dall’ingegner Giuseppe Paribelli e da lui donato al comune di Sondrio in memoria del figlio Giacinto, caduto nella prima guerra mondiale. In un primo tempo l’archivio venne dato in gestione alla biblioteca civica Pio Rajna; nel 1953 fu poi depositato presso l’ASSo, dove ora sono si trova conservato (Archivio di Stato di Sondrio, pp. 259–261). La seconda copia è conservata presso l’ASDC, nel fondo Curia, all’interno della sezione Religiosi (la busta è la n. 34). Si tratta di una trascrizione realizzata nel 1918 dall’ingegnere Antonio Giussani, come appare da un’annotazione, sulla base di «una copia <del 1796, nda> esistente nell’archivio Romegialli, ora di proprietà del municipio di Sondrio» (p. 1). I riferimenti alla Cronaca historiale, in questa presentazione e nei testi introduttivi alle edizioni dei singoli documenti, si basano sempre sulla copia dell’ASDC, a causa della sua integrità e della maggiore attenzione nei confronti dell’antigrafo.

[9] Cf. ARNALDI, Cronache con documenti, cronache ‘autentiche’ e pubblica storiografia; inoltre, più specificamente per l’ambito monastico, ALBUZZI, Il monachesimo femminile nell’Italia medioevale, p. 159 e seguenti. Riguardo allo stile del memoriale e all’uso frequente –tipico dell’epoca e di questo genere di testi– di intercalare le trascrizioni o le menzioni ai documenti d’archivio con massime moraleggianti e richiami alle sacre scritture, si riporta di seguito un solo esempio tratto dalla Cronaca, che risulta particolarmente efficace: «E quanto convenientemente si cangiò un castello in un monastero! Un castello destinato ad esser rifugio a quelli che da nemici più possenti sono perseguitati, in un monastero ove ritirar si dovevano parte sacrate vergini per mettersi in sicuro dalle insidie del mondo e della carne, et ove piantar dovevano la batteria per assalir il cielo e prenderlo a forza! Certo dir possiamo che "intravit Deus in quoddam castellum" (cf. Lc 10, 38), dopoché entrarono queste religiose; e che ivi abbia Gesù trovato a Maddalena e Marta (cf. Lc 10, 39–42), perché sebbene l’istituto di queste monache è attender all’officio di Maddalena, non trascurarono però né anche quello di Marta, giovando ove possano in molte maniere al prossimo» (Cronaca historiale, pp. 3–4).

[10] Ma sui limiti delle interpretazioni secentesche di questi documenti XERES, L’origine della parrocchia di Sondrio, pp. 65–79.

[11] Dyptica episcoporum comensium tabula successionis ordine exarata, in appendice a Sinodus dioecesana Comensis V.

[12] TATTI, Annali sacri, II, p. 312.

[13] Cf., ad esempio, ROVELLI, Storia di Como, II, 146 oppure SAVIO, Gli antichi vescovi d’Italia, Parte II – vol. I, p. 332. Un importante spartiacque per le ricostruzioni storiche del monastero è costituito dall’edizione del 1969 dello Stato della pieve di Sondrio dell’arciprete Gian Antonio Paravicini a cura di Tarcisio SALICE (PARAVICINI, La pieve di Sondrio), che contiene inserti i documenti qui editi ai nn. 1 e 2.

[14] Purtroppo elementi risolutori a questo proposito non sono emersi neppure dalle verifiche effettuate presso l’archivio parrocchiale di Albosaggia, che custodisce numerose carte prodotte durante la reggenza da parte del Sertoli di quella parrocchia, a partire dalla sua investitura del 1642 martedì 14 gennaio (APLBS, b. 1, n. 3: Investitura del Sertoli).

[15] Cronaca historiale, p. 1.

[16] Cronaca historiale, p. 4.

[17] Assai significative sono le carte conservate in APSo, nella serie Monastero di San Lorenzo, in particolare cf. il fascicolo con segnatura antica 3 e intitolazione originale «Monastero di San Lorenzo, Giurisdizioni – Esenzioni – Deputazioni – Esami per la clausura – Decreti per il regolamento. Ragioni dell’arciprete di Sondrio circa il confessare ed altro». Vi si trova ampia documentazione relativa alle «monache di San Lorenzo di Sondrio in Valtellina dell’ordine di San Benedetto, esempti della giurisdizione del vescovi di Como et immediatamente soggette alla Santa Sede apostolica, come costa per molte bolle de sommi pontefici e diversi privilegii», nella quale è esplicito il riferimento all’«inimicizia che monsignor vescovo professa contro il detto monastero e suoi officiali per causa della sopradetta esemptione e ricorsi fatti alla santa sede» (citazione da una lettera presente nel fascicolo, priva di dati cronici, ma riferibile al sec. XVII ex.– XVIII in.).

[18] Cronaca historiale, p. 21.

[19] BESTA, I Capitanei, p. 273.

[20] Un tentativo di risposta sarà formulato in un momento successivo, quando verrà redatta una introduzione generale concernente i fondi minori, dopo aver misurato se e quanto fosse generalizzato il fenomeno.

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