comune di Bergamo sec. XIV - 1797

Passata la breve dominazione del re Giovanni di Boemia, sotto i Visconti la struttura del comune assunse caratteristiche ormai diverse dal passato: al vertice del comune era il podestà, il quale nominava i membri di due nuovi consigli cittadini (il consiglio maggiore, detto anche provisione grande, formato da centoquarantaquattro membri che, a gruppi di dodici, formavano il consiglio minore, detto anche provisione piccola, la successiva bina); tali consigli in un primo momento affiancarono, e in seguito sostituirono i preesistenti consigli generale e di credenza.
Affiancavano il podestà altri magistrati di nomina signorile (un vicario pretorio, un assessore, un giudice al maleficio, un giudice alla ragione, un capitano, un referendario, un notaio del giudice al maleficio e tre militi). Lo statuto del 1331, in pratica, se conferma la ormai definitiva superiorità di Bergamo rispetto agli altri comuni del territorio, segna in modo inequivocabile (e definitivo) la sua soggezione ad un potere superiore ed esterno.
Lo statuto del 1333 concedeva al comune il diritto di appellarsi ad un collegio di sapienti nel caso avesse ritenuto ingiusto qualche provvedimento podestarile, ma già dal successivo tale concessione non compare più.
Lo statuto del 1353 tratteggia una struttura assembleare piuttosto complessa, con due consigli di nomina podestarile, espressione della sottomissione ai Visconti, e due consigli più propriamente “cittadini” ai quali era demandata l’elezione delle cariche comunali (Statuto di Bergamo 1353; Storti Storchi 1984). Nel corso del Trecento, tuttavia, il peso dei consigli di nomina podestarile si estese a tutto svantaggio dei consigli “cittadini” che risultarono alla fine svuotati di ogni prerogativa.
La dominazione dei Visconti durò sino al giugno 1408, quando entrò in città Pandolfo Malatesta, in precedenza condottiero al servizio dei signori di Milano, e da qualche tempo avventuriero in proprio nella Lombardia dilaniata dalla guerra interna ai Visconti.
La ripresa viscontea con Filippo Maria riportò Bergamo in mano milanese (luglio-agosto 1419).
Nel 1426 scoppiò il conflitto fra Venezia e Milano. La prima pace di Ferrara (dicembre 1426) fissò il passaggio di Bergamo (assieme a Brescia e Cremona) alla città lagunare. La guerra riprese nel marzo 1427. In quel mese la valle Calepio venne occupata dalle forze milanesi. In ottobre, con la vittoria veneziana di Maclodio, la guerra poteva dirsi ormai conclusa. Agli inizi di ottobre le valli Brembana Superiore, Seriana Inferiore e Superiore e alcuni comuni (Scanzo, Rosciate, Calepio) si diedero spontaneamente a Venezia, ottenendone in cambio generosi privilegi ed esenzioni fiscali. In dicembre le truppe veneziane occuparono anche la valle Gandino, Trescore e la val San Martino giungendo sino alle mura di Bergamo.
Il 19 aprile 1428 si giunse ad una nuova, definitiva pace di Ferrara, che lasciò ai milanesi la Gera d’Adda, Caravaggio e Treviglio. I primi delegati veneziani in città furono i provveditori Paolo Correr, Andrea Giuliano e Giovanni Contarini, entrati in città l’8 maggio 1428.
Bergamo rimase sotto la dominazione veneziana fino al marzo del 1797, fatta eccezione per gli anni compresi fra la sconfitta veneziana di Agnadello (1509) e il ritorno definitivo sotto la Dominante (1516), anni durante i quali si alternarono alla guida della città e del territorio Francesi, Spagnoli e Veneziani.
Dopo tale tumultuoso periodo, la permanenza del bergamasco all’interno dello stato veneto fu, come si é detto, continua e sostanzialmente tranquilla.
Nel corso del Cinquecento e del Seicento, la macchina amministrativa del comune si organizzò meglio rispetto al periodo precedente. Allo strumento della “deputazione”, attraverso il quale i consigli cittadini (motore politico e amministrativo della città) delegavano temporaneamente propri membri ad assumere informazioni rispetto ad una determinata questione e/o a risolverla, si affiancò, in alcuni casi sostituendosi ad esso, la creazione di collegi ad hoc. È, ad esempio, il caso dei collegi alla milizia (creato nel 1511), alle liti (1519), alle acque (1572), alle pompe (1594) e delle affittanze (1694).
Questa sorta di “decentramento” amministrativo é confermato, ad esempio, dalla minore frequenza delle sedute dei consigli cittadini, compreso il consiglio minore, in precedenza organo attraverso il quale passavano gli affari del comune (rimanendo il consiglio maggiore investito, in pratica, della sola elezione di organi e uffici cittadini).
L’estensione delle competenze e delle responsabilità ai collegi cittadini andò di pari passo con l’aumentato ruolo della cancelleria, nella quale passava e lasciava traccia direttamente o indirettamente (dato che i cancellieri erano anche cancellieri di quasi tutti i collegi) ogni atto relativo alla gestione politica ed economico-amministrativa del comune (AC Bergamo, inventario Archidata; AC Bergamo, inventario Archimedia).
Complessivamente, il rapporto tra Bergamo e il Territorio e tra Bergamo e Venezia rimase sostanzialmente stabile fino alla fine del Settecento.
Bergamo contava, alla fine del Cinquecento, 5.866 fuochi e 23.393 abitanti (Da Lezze 1596).
Importante era il patrimonio “immobiliare” del comune secondo un inventario della metà del Seicento:
”nella contrada di Broseta, una raseca (segheria), un molino detto del Rocco, uno molino detto della Galinazza,
tre botteghe (del macello) attaccate a quest’ultimo mulino, una bottega sotto i portici contigua all’andito, due botteghe sotto i portici con una lobbia, un mulino detto del Muletto,
un casotto al porticho della contrada di Zambonate,
tutte le muraglie vecchie, tutte le ripe delle seriole,
alla torre del Raso un edificio de molini chiamati alla Torre del Raso apresso San Bartolomeo nella vicinanza di Santo Giovan dall’Hospitale (edificio in parte trasformato dopo il 1726 in pareggiaria de panni), follo appresso San Bertolameo, follo overo Cottonadore appresso l’hospitale, mulino al Pradello, mulino alla porta di San Bartolomeo, maglio del rame in Borgo Santa Caterina, mulini appresso il maglio in Borgo Santa Caterina, maglio del ferro nel borgo Santa Caterina, mulino in capo del borgo Santa caterina alla rasega di Plorzano, mulini del Plorzano del borgo Santa Caterina, altri molini del Plorzano contigui alli suddetti, rasega in sito del borgo Santa Caterina detta del Plorzano, Lazaretto nella Valtesse, porta di Broseta, porta di Osio, porta di Colognola, il giardino, porta di Cologno, porta di Sant’Antonio, pradello appresso la porta Santa Caterina, porta del borgo Santa caterina, quartiere per soldati appresso San Matteo, casetta ove habita il Contestabile della porta di San Lorenzo, casa al portone et torre di San Lorenzo, loco delle preggioni pretorie in piazza Vecchia, il pallazzo della Magnifica Città, case della corona vechia contigue al Palazzo nuovo, la casa nuova, loco della munittione, case dell’habitacione dell’eccellentissimo signor giudice al maleficio, case ove habita il cancelliere, case dell’eccellentissimo signor vicario pretorio, habitacione dell’eccellentissimo signor giudice alla raggione, loghi della torre habitata da balot[…), case del ven. cancelliere pretorio, case del contestabile et Cancelliere, case sotto il portegho di San Michiele, casa al portone di San Lorenzo, quartiero alla Fiera, quartiero contigua al suddetto, hortino al sal vecchio, terreno soto le case dimandate il Polaresco, casa appresso Porta Penta, Bagni di Trescore”.
A tale esaustivo elenco di proprietà ne sono da aggiungere poche altre, entrate evidentemente a far parte in un secondo momento del patrimonio comunale o incomprensibilmente scor date:
mulino nuovo in Broseta, mulino del Zoffo (o a Zandone del Zoffo in contrada de Broseta, già citato dagli inizi del ’400), casa in Corserola, follo in Prato alla torre del Raso.
La municipalità provvisoria che sostituì la Serenissima entrò in carica il 13 marzo 1797.

ultima modifica: 19/01/2005

[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]