Val San Martino sec. XIV - 1797

Il primo cenno, indiretto, alla val San Martino si ha a metà del XIII secolo. Negli statuti di Bergamo del 1331, invece, si cita il comune di “Somasca vallis Sancti Martini” per differenziarlo da “Somasca vallis Pontidae”. Nel 1359 si ha cenno di un vicario “vallium Brembane et Sancti Martini et Insule”; probabilmente non si trattava di un unico distretto ma di tre entità distinte accomunate sul piano amministrativo. Il 13 gennaio 1361, infatti, un consiglio tenutosi a Pontida elesse un procuratore per la scelta di tre uomini, non di Bergamo, per essere nominati vicari delle valli Brembana, San Martino e dell’Isola.
Nel dicembre 1362 si ha notizia di due vicari distinti, uno per Almenno e pertinenze, l’altro per la val San Martino, quest’ultimo con carica non definita quanto a durata (uno o due anni) con attribuzioni civili e giudiziarie. La sua sede era a Pontida. Nello stesso luogo si ha notizia di riunioni del consiglio dei comuni che formavano la valle (30 novembre 1372: Rossino, Carenno, Lorentino, Monte Marenzo, Parentela dei Capitani di Monte Marenzo, Brivio de zà, Pontida, Caprino, Gronfaleggio, Valmora, Canto). In quel momento il vicario di val San Martino estese la propria area di azione anche sulla valle Imagna. Per lungo tempo, infatti, la val San Martino comprese la valle Imagna, alcuni comuni dell’Isola, ma non Villa d’Adda (borgo ghibellino, sin dal 1193) e Palazzago. Dopo il 1428 si staccarono Palazzago e i comuni di Pontida, Gromfaleggio, Valmora e Canto. Dopo il 1431 Villa d’Adda fu posta sotto la valle così come, nel 1443, i quattro comuni staccatisi nel 1428. Dopo il 1454, però, Villa d’Adda passò definitivamente nella quadra d’Isola. Vale la pena di ricordare che la val San Martino fra il 1427 e il 1431 fece parte ancora del ducato di Milano.
La valle, secondo quanto previsto negli statuti approvati il 30 marzo 1435, era retta da un consiglio che eleggeva i funzionari principali e da un vicario, denominato commissario, che risiedeva a Caprino. La valle era esente da dazi e il vino prodotto sul territorio poteva essere venduto in tutto il bergamasco con la sola fede del commissario (statuti di val San Martino, sec. XVII).
Fino a Somasca era soggetta spiritualmente all’arcivescovo di Milano. Alla fine del Cinquecento ne facevano parte i comuni di Caprino, Vercurago, Calolzio, Erve, Carenno, Camartinone, Cà Zanelli, Canto, Torre dé Busi, Celanella, Cisano, Corte e Foppenico, Costa Lottaro, Favirano, Lorentino, Moioli, Monte Marenzo, Gromfaleggio, Gandorla, Opreno, Parentela dé Cattani, Perlupario, Pontida, Roncaglia, Rossino, Sala, Sant’Antonio, San Gregorio, Sopracornola.
Secondo un decreto dei rettori, dodici famiglie con un estimo superiore a 3 lire potevano costituire un comune, e abbastanza facili erano anche le unioni di comuni a fini fiscali, con mantenimento però di autonomia politico amministrativa. Durante il dominio veneto, infatti, la val San Martino vide la costituzione di numerosi comuni.
La val San Martino viene descritta dal Da Lezze come “montuosa con pocco piano, che al più in alcuni luogi di pianura non vi é largezza di due tirri de archibuso”. Le condizioni fisiche non garantivano l’autosufficienza alimentare: “Produce formenti, segala, et altri grani per li viver di otto mesi dell’anno che del resto provedono per la via del Milanese col mezzo de contrabandieri con pericolo delle loro vite, vino in abudanza, castagne convenientemente”. Le condizioni economiche generali rispecchiavano il quadro: “Non vi sono ricchezze d’importanza et pochi vivono o possono viver d’entrada, ma ben con industria tenendo bottege di merci et altre arti. Pochi panni et rasse non essendovi se non trei o quatro mercanti in tutta la detta valle che in summa possono fare circa 40 pezze de panni”. Vi risiedevano 5154 persone, delle quali solo 1514 utili, suddivise in 1140 fuochi.
Dal punto di vista fiscale …”La valle non ha entrada di alcuna sorte perché se bene é essente de tutti i datii, pagando per quelli in Camera la limitatione con gl’aggionti, però nella valle a suo benefitio non se incanta dacio di alcuna sorte, ma ognuno vende pane, vino, carne et ogn’altra cosa et fa hostaria senza alcun pagamento di dacio; anzi che tutto il vino si traze di detta valle non paga alcun dacio nel Bergamascho con la fede di quel commissario o del venditor di esso vino”. Le ruote di mulino erano una trentina, i bovini 1500, 237 i muli e i cavalli, 3444 le pecore (Da Lezze 1596).
Nel corso del Seicento numerose furono le controversie relative a questioni confinarie che videro contrapporsi comuni della valle quali Erve e Vercurago e altre comunità bergamasche, come ad esempio Sottochiesa in valle Taleggio, e milanesi (Belotti 1942).
Geograficamente era situata nella parte occidentale del territorio bergamasco ed era delimitata a nord dalla valle Imagna, ad ovest dal corso del fiume Adda e dal confine con lo stato di Milano, a sud dalla quadra d’Isola e ad est dal corso del fiume Brembo e dalla quadra di Mezzo (Tagliabue 1939 e Da Lezze 1596).

ultima modifica: 09/01/2006

[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]