comune dello stato di Mantova 1784 - 1797

Le riforme che nel 1784 investirono il mantovano, ridisegnarono l’organizzazione amministrativa delle comunità, trasformandone radicalmente il quadro istituzionale e riducendone “il sistema a uniformità col milanese” (dispaccio 5 novembre 1784).

L’istruzione del 6 agosto 1784, promulgata dalla real giunta del censimento di Mantova, dopo aver stabilito che cessava “l’autorità, ingerenza e unione delle attuali vicinie e reggenze sotto qualsivoglia nome” esistessero, stabiliva che la comunità, assistita dal regio cancelliere del censo, era rappresentata dal “convocato generale di tutti i possessori estimati del suo territorio” (art. 8), a esclusione delle donne, pupilli minori e incapaci, che erano rappresentati da tutori, curatori e amministratori, dei militari non soggetti al giudice ordinario, dei forestieri non sudditi della Lombardia austriaca, di coloro che avevano pendenze con le amministrazioni comunali o che avevano interessi in affari da trattarsi nella riunione, e dei parroci (art. 13). Nel convocato, riunito “con avviso pubblico del cancelliere di concerto con i deputati dell’estimo” (art. 19), doveva “consolidarsi la facoltà di deliberare e disporre delle cause comuni”, assumendo le facoltà delle passate vicinie. Il convocato generale eleggeva cinque deputati dell’estimo, il primo dei quali era scelto tra i primi cinque estimati, il secondo fra i cinque secondi, mentre gli altri tre erano eletti tra gli estimati intervenuti al convocato stesso, e demandava loro “la rappresentanza e amministrazione della comunità per le giornali occorrenze” (art. 38), autorizzati a esercitare la legittima procura generale degli affari correnti della comunità. I deputati, che dovevano insieme al sindaco presenziare al convocato, al quale doveva prender parte anche il cancelliere del censo che ne rogava le deliberazioni pena la nullità della riunione, dovevano avere particolare cura nella “conservazione dei beni e ragioni della comunità”, nella difesa “dalle altrui usurpazioni” e nella promozione legittima dei “di lei vantaggi” (art. 39). Tre dei deputati dovevano sottoscrivere i mandati di pagamento, insieme al cancelliere del censo. I deputati dell’estimo, in carica per un anno, alla scadenza del mandato dovevano render conto della loro amministrazione, mentre i deputati subentranti dovevano fare “i revisori della scaduta amministrazione” (art. 43). Questi ultimi erano tenuti a “esaminare tutta l’amministrazione di quell’anno, rivedendo le partite dei conti e prendendo cognizione dell’operato degli scaduti deputati, del sindaco e dell’esattore”, facendone relazione (art. 44). Il sindaco della comunità, eletto e nominato dai deputati dell’estimo previa approvazione del tribunale dell’estimo, svolgeva la funzione di legittimo procuratore, rappresentando la comunità in ogni sua azione, “previa partecipazione e assenso delli deputati dell’estimo” (art. 47). Il sindaco delle comunità non sede di distretto doveva tenere regolare carteggio con il cancelliere del censo (art. 48).

Nell’organigramma delle comunità era previsto infine la presenza di “uno o più consoli, secondo il bisogno”, che dovevono invece “apprestarsi a tutti i bisogni della comunità sotto gli ordini delli deputati, del sindaco e del cancelliere”. Eletti dal convocato generale, assolvevano alla loro funzione dietro corresponsione di un salario e duravano in carica un anno, come peraltro i deputati dell’estimo e il sindaco (art. 52) (istruzione 6 agosto 1784).

L’istruzione del 6 agosto 1784 venne confermata nel giugno del 1797 dalla commissione amministrativa francese del mantovano (disposizioni 19 giugno 1797), ma sostituita dalla legge sull’organizzazione delle municipalità 29 messidoro anno V (avviso 1 termidoro anno V) (19 luglio 1797).

ultima modifica: 12/06/2006

[ Saverio Almini ]