comune di Borsano sec. XIV - 1757

La località di Borsano venne citata negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano come facente parte della pieve di Dairago. Era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di S. Pietro all’Olmo (Compartizione delle fagie 1346).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII e del XVIII secolo Borsano risultava ancora compreso nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cartt. 14-15).
La stessa località appare anche nella relazione Oppizzone del 1633 tra le terre dello stato di Milano che pagavano una quota di sale (Oppizzone 1634).
Il comune censuario di Borsano venne rappresentato da solo nella mappa del 1722 del Catasto detto teresiano. Nel 1757 appariva tra i comuni della pieve di Dairago nel compartimento territoriale dello stato di Milano.
Secondo le risposte ai 45 quesiti della II giunta del censimento dello stato di Milano del 1751, il comune risultava infeudato al principe Marco Antonio Rasino, cui si pagavano ogni anno 70 lire “per l’avena feudale”.
La giustizia era amministrata dal podestà feudale, che risiedeva a Milano, ma era rappresentato in sede locale da un suo luogotenente. Il console prestava giuramento alla banca del Seprio.
La comunità era stata distinta in tre comuni, e precisamente il comune dominante, Custode e Rasino, ma solo per dividere le spese. La divisione delle pubbliche spese era stata concordata tenendo conto della quota del sale assegnata a ciascuno. I comuni separati non appaiono ancora però nella relazione Oppizzone.
Il comune disponeva di un consiglio costituito da dieci membri, esponenti dei maggiori estimati. Il comune dominante era rappresentato da sei deputati e da un console, mentre gli altri due comuni partecipavano al consiglio con due deputati e un console. Le spese comunali venivano sostenute, a rotazione, dagli esponenti del comune dominante, che al termine di ogni anno presentavano i conti alla comunità.
Il cancelliere risiedeva in paese e conservava parte della documentazione nella propria abitazione, mentre un’altra parte era riposta in casa del primo estimato; la sua retribuzione era di 120 lire per il lavoro relativo a tutti e tre i comuni, oltre a 16 lire per il materiale scrittorio e agli eventuali straordinari.
Il comune contava, all’epoca della compilazione dei quesiti, circa 602 anime, collettabili e non collettabili (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3072, fasc. 3).

ultima modifica: 13/10/2003

[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]