comune di Gorla Maggiore sec. XIV - 1757

L’esistenza della località è attestata da un documento del 1046, in cui è citata assieme a Gorla Minore. Il paese, citato negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano, del 1346, faceva parte della pieve di Olgiate Olona ed era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Rho (Compartizione delle fagie 1346).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo Gorla Maggiore risultava ancora tra le comunità censite nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cartt. 35-36).
Accanto alla comunità di Gorla esisteva una comunità dei nobili Moneta, che pagava separatamente i tributi. Nel 1536 Gorla risultava possedimento del conte Vitaliano Visconti Borromeo, che percepiva un censo feudale di 80 lire all’anno, che la comunità pagò fino al 1599. Da quella data, i capifamiglia del paese rifiutarono il pagamento del censo, ritenendo che la comunità fosse tornata sotto la dipendenza della regia camera, per la mancanza di eredi maschi dei Visconti Borromeo. Nel 1602 la comunità, dopo una lunga vertenza, dovette sottoscrivere una convenzione, impegnandosi a pagare 780 lire imperiali. Dalla contribuzione furono esentati i membri della famiglia Moneta, perché costituivano una comunità di nobili, esente dalle contribuzioni. Però nel 1603 il popolo, radunatosi in convocato, diede mandato al console e al vice console di notificare alla regia camera il ricorso contro le pretese dei feudatari.
Nel 1650 il feudo fu concesso comunque a Carlo Giovanni Giacomo Terzaghi.
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il comune era infeudato al marchese Alessandro Terzaghi, al quale non pagava alcun onorario.
La giustizia era amministrata dal podestà feudale che risiedeva nel borgo di Gallarate e si chiamava Alessandro Bariletta. A lui la comunità pagava come onorario 7 lire annue. Il console del comune prestava giuramento sia alla banca del vicario del Seprio sia al podestà feudale.
Il comune era amministrato da tre sindaci rurali, che si chiamavano anche reggenti o deputati e rappresentavano la comunità. Tali ufficiali si eleggevano, si mutavano e si confermavano a piacere della comunità. Ad essi erano raccomandate l’amministrazione e la conservazione del povero patrimonio, sotto il controllo dei primi estimati.
Il cancelliere del comune, che risiedeva in Sulbiello, curava le pubbliche scritture, che conservava in un archivio in casa, e percepiva come salario 55 lire annue.
Il comune, di circa 660 anime, collettabili e non collettabili, non disponeva di procuratore né agente a Milano (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3073, vol. D XV, Milano, pieve di Olgiate Olona, fasc. 7).

ultima modifica: 30/05/2004

[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]