comune di Masnago sec. XIV - 1757

La località di Masnago, citata negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano e appartenente alla pieve di Varese, era tra le comunità che contribuivano alla manutenzione della strada di Bollate (Compartizione delle fagie 1346).
Nel 1538 Carlo V decise di vendere una serie di diritti, dando vita a quello che fu definito feudo della Fraccia Superiore di Varese, che comprendeva anche Masnago, e che fu acquistato da Francesco Girami.
Nel 1611 il feudo della Fraccia Superiore risultava in possesso di Lavinia Visconti e del marito Alessandro Vistarini. Da Lavinia Visconti, nel 1647, passò per donazione al conte Fabio Visconti Borromeo (Gianazza 1993).
La comunità di Masnago nel 1634 era compresa tra le terre dello stato di Milano che pagavano il censo del sale (Oppizzone 1634).
Secondo le risposte ai 45 quesiti del 1751 della II giunta del censimento, il territorio di Masnago, in cui vivevano circa 500 persone, collettabili e non collettabili, era infeudato al conte Giulio Visconti, a cui non si effettuavano pagamenti.
Le funzioni giurisdizionali erano svolte dal giudice feudale, all’epoca Carlo Bartolomeo Porta, che risiedeva per l’ufficio in Gavirate, pieve di Brebbia. Al giudice si pagavano annualmente per onorario 12 lire e 5 soldi. Il console non era solito prestare giuramento ad alcuna banca criminale.
Il comune aveva un comunetto segregato anticamente, chiamato Calcinate degli Orrigoni, il quale concorreva al pagamento dei carichi separatamente, e un altro comunetto chiamato “De Campiglij”, che era anticamente aggregato al comune di Casciago, benchè concorresse “nello spirituale” al luogo di Masnago e benchè fosse disegnato nella mappa di quest’ultimo comune.
La comunità disponeva di un consiglio generale che si teneva nella pubblica piazza, “premesso il suono della campana”. Gli ufficiali erano un sindaco, un console e due delegati civili dei maggiori estimati. Tali ufficiali venivano eletti nel consiglio, si sostituivano e si confermavano ogni tre anni. L’amministrazione e la vigilanza sopra i pubblici riparti erano affidate ai due delegati civili.
Il cancelliere non risiedeva nel territorio del comune, in cui non vi erano soggetti adatti per tale carica, ma in Varese; aveva la custodia dei libri dei riparti, non avendo la comunità archivio né altro per la conservazione delle scritture. I suoi emolumenti ammontavano a 50 lire annue (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3036, vol. D XVII, Como, pieve di Varese, [2], fasc. 20).

ultima modifica: 13/10/2003

[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]