monastero di Sant'Andrea 1037 - 1472

Monastero benedettino maschile.
La fondazione del monastero di Sant'Andrea risale, secondo la storiografia medievale riveduta e corretta in età contemporanea (Nicolini 1959, p. 2), al 1037 (Suitner Nicolini 1974, p. 37; Gardoni 2002 p. 126) e alla volontà del vescovo di Mantova Itolfo, che costituì su strutture preesistenti - con ogni probabilità quelle di un antico xenodochio (Suitner Nicolini 1974, pp. 39-41) - un monastero benedettino, simbolo della forza del potere episcopale di fronte al monastero rurale di San Benedetto Polirone, di fondazione canossiana e legato all'importante famiglia comitale (Suitner Nicolini 1974, p. 38; Gardoni 2002, p. 126). Itolfo fu anche il primo benefattore del cenobio (Nicolini 1959, p. 2; Gardoni 2002, p. 126 ), seguito dal vescovo Eliseo che nel 1057 donò all'ente religioso le decime di Castiglione Mantovano (Nicolini 1959, pp. 4-5; Gardoni 2002, p. 126). Il monastero di Sant'Andrea è legato sin quasi dalle origini alla reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo (Gardoni 2002, p. 127) raccolto secondo la tradizione da san Longino ai piedi della Croce e giunto a Mantova nel X secolo; la seconda "inventio" della reliquia sarebbe avvenuta nel 1048 presso le mura della chiesa monastica ad opera di un servo dei Canossa, ispirato in sogno da sant'Andrea (Bellini 1972, p. 292). La reliquia fu collocata nel monastero e questo fatto costituì un importante riconoscimento per il cenobio (Suitner Nicolini 1974, p. 38), che divenne da quel momento meta di pellegrinaggi e donazioni "che andavano ad incrementare il patrimonio e ad accrescere la potenza del monastero" (Gardoni 2002, p. 127). Il monastero di Sant'Andrea si caratterizza inoltre fin dall'inizio, come si è detto, come centro di potere episcopale legato alla realtà cittadina, mentre "non sembra essere stato particolarmente legato ai Canossa" (Gardoni 2002, p. 126), da parte dei quali è nota una sola donazione, risalente al 1072 ed effettuata da parte di Beatrice e della figlia Matilde (Gardoni 2002, p. 126), della corte di Fornigada con beni e pertinenze tra cui una cappella dedicata a san Giorgio (Nicolini 1959, pp. 11-13); la corte sarebbe rimasta uno dei principali possedimenti del cenobio, sulla quale gli abati avrebbe esercitato importanti diritti giurisdizionali (Gardoni 2002, p. 128). Nel corso dell'XI secolo altri beni vennero donati al monastero da parte di privati (Nicolini 1959, pp. 19-22). Il XII secolo si aprì per Sant'Andrea con la perdita dell'annesso ospedale risalente all'età matildica, affidato per volontà del legato papale Bernardo da Parma al monastero di San Benedetto Polirone con il pretesto delle pessime condizioni dell'ente assistenziale, sottoposto alla cattiva gestione dell'abate di Sant'Andrea che aveva anche alienato una parte dei beni costituenti il patrimonio (Nicolini 1959, p. 25; Bellini 1972, p. 293; Gardoni 2002, p. 127). In questo modo "il deciso schieramento di Mantova, sul finire del secolo XI, a fianco dell'imperatore ... non mancò di riverberarsi sul monastero" (Gardoni 2002, pp. 126-127). Il cenobio ricevette il riconoscimento dei suoi beni da parte di Enrico IV e quindi di Enrico V (Nicolini 1959, pp. 25, 32; Suitner Nicolini 1974, pp. 38-39) e quindi da parte di Eugenio III, con un documento (Nicolini 1959, pp. 43-45) che "pone fine ad una situazione politico-giuridica che vede il monastero oscillare tra i poteri diocesano, cittadino, canossiano, imperiale e papale" (Suitner Nicolini 1974, p. 39). Nel 1152 il papa pose il monastero di Sant'Andrea sotto la protezione apostolica e ne confermò i beni, tra cui "dodici chiese con le loro pertinenze ... in città e nel territorio di Mantova ma anche all'esterno di esso, come la chiesa di San Giovanni in Persiceto" (Gardoni 2002, p. 127), la corte di Fornicata e i beni già concessi da Itolfo ed Eliseo. Nel corso del tempo a questi beni se ne sarebbero aggiunti altri nel mantovano a Formigosa, Porto, Bagnolo, Rivalta, Marcaria, Romanore, Pietole, Sarginesco e in Veneto a Lazise (Nicolini 1959, p. VII; Gardoni 2002, p. 128). Dal XII secolo il monastero fu al centro della vita cittadina che aveva il suo fulcro nella piazza antistante il cenobio e nelle zone adiacenti, dove si tenevano mercati e fiere, si amministrava la vita pubblica - "prima dell'edificazione dei palazzi comunali ... molti atti pubblici ed assemblee del governo comunale avvenivano nella chiesa o nel monastero"(Suitner Nicolini 1974, p. 38) - e si svolgevano i commerci. Il monastero possedeva case e botteghe in città, da cui ricavava consistenti introiti e che mantenne fino alla soppressione (Gardoni 2002, p. 128). Il principale centro religioso cittadino intrecciò legami con le principali famiglie non solo mantovane, legate ad esso mediante vincoli vassallatici (Gardoni 2002, pp. 128-129), così come almeno dal XIII secolo gli abati di Sant'Andrea paiono provenire dalle principali famiglie mantovane (Gardoni 2002, p. 130). Nel XIII secolo Sant'Andrea dovette da una parte difendersi dal potere del monastero di San Benedetto Po con l'aiuto del comune di Mantova, dall'altra proteggersi dalle ingerenze dello stesso comune che mirava ad espandere la sua giurisdizione sul cenobio e sui suoi beni, come testimoniano documenti relativi a cause e liti tra le quali quella del 1217 per le acque e gli approdi lungo in Mincio presso la città o atti relativi al riconoscimento dei beni del cenobio nel contado, "segno evidente che quei diritti erano stati in qualche modo contestati" (Gardoni 2002, p. 129). Il monastero visse a metà secolo una fase di crisi economica dovuta alle guerre tra fazioni e ai disordini che si ebbero a Mantova in quel periodo: tra gli eventi più eclatanti si ricorda l'assassinio del vescovo Guidotto da Correggio, avvenuto per mano di cittadini mantovani in Sant'Andrea nel 1235. Il monastero fu saccheggiato nel 1235 e nel 1260 e l'abate costretto all'esilio (Gardoni 2002, p. 130). Nel XIV secolo, con il passaggio della signoria di Mantova dai Bonacolsi ai Gonzaga, anche i beni dell'ente passarono a questi ultimi, già feudatari del monastero di San Benedetto Po e attivi fautori di una "politica di ingerenza ... nelle istituzioni ecclesiastiche locali" (Gardoni 2002, p. 130), ma nel complesso il monastero rimase attivo nell'amministrazione del patrimonio (Gardoni 2002, p. 130). Con il consolidarsi del potere sulla città di Mantova nel XV secolo, i Gonzaga legarono il loro prestigio al culto della reliquia del Preziosissimo Sangue e al monastero che la ospitava (Gardoni 2002, p. 131); risalgono a questo periodo opere di restauro e ricostruzione del monastero e della facciata della chiesa di Sant'Andrea.
L'interesse dei Gonzaga nei confronti del monastero ne determinò in maniera inevitabile le sorti; essi infatti, volendo "fagocitare nella loro orbita i principali istituti ecclesiastici" e puntando al "controllo dei loro ampi possedimenti fondiari", cercarono di attrarre il cenobio nella loro orbita d'influenza. L'ente venne assegnato nel 1431 in commenda a Guido Gonzaga, già rettore del Polirone; si tentò il passaggio alla congregazione di Santa Giustina di Padova, che non giunse a risultati a causa dell'opposizione monastica (Gardoni 2002, p. 131). Questo fu solo il primo passo del declino del cenobio, al centro del progetto gonzaghesco di riorganizzazione degli spazi urbani cittadini allo scopo di dare un aspetto rinascimentale alla città e accrescere il prestigio della casata (Gardoni 2002, p. 132): il tentativo di sopprimere l'ente e di abbattere le strutture monastiche per far posto a una nuova chiesa fu contrastato dall'abate Ludovico Nuvoloni, attivamente impegnato nel controllo del cenobio e della vita spirituale dell'ente (Gardoni 2002, p. 132) e nella difesa di Sant'Andrea dai Gonzaga. Alla morte di Nuvoloni, nel 1470, il monastero fu ceduto in commenda a Francesco Gonzaga (Gardoni 2002, p. 133). Il 22 luglio 1472 i signori di Mantova ottennero da Sisto IV la soppressione del monastero e la sua sostituzione con una chiesa collegiata (Gardoni 2002, p. 134).

ultima modifica: 12/06/2006

[ Diana Vecchio ]